Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7491 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7491 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27767/2015 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 2181/2015 depositata il 13/04/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre con due motivi avverso la sentenza in epigrafe, con cui la CTR del Lazio ha confermato la sentenza di primo grado, in contenzioso avente ad oggetto l’avviso di accertamento per l’anno 2003, con il quale l’Agenzia delle entrate ha recuperato a tassazione, pro quota, gli utili extra contabili imputati alla partecipata società RAGIONE_SOCIALE
Resiste l’Amministrazione con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, n. 4 cod. proc. civ., l’«Illegittimità della sentenza -omessa motivazione su un punto decisivo della controversia», lamentando che i giudici di appello non abbiano tenuto in debita considerazione la circostanza che, contestate alla società anomalie contabili rispetto alle quali non era stata fornita giustificazione ed operate le conseguenti riprese a tassazione nei confronti del socio, titolare della quota dell’80%, nessun atto di accertamento risultasse essere stato emesso nei confronti della società.
Con il secondo motivo di ricorso il contribuente lamenta, in relazione all’art. 360, comma 1. n. 3 cod. proc. civ., l’«Illegittimità dell’impugnata sentenza violazione e falsa applicazione degli artt. 2967, 2727 e 2729, nonché 41 bis DPR 600/1973».
I motivi, da esaminare congiuntamente, stante la stretta connessione, sono fondati, nei termini che seguono.
È ius receptum che l’accertamento del maggior reddito nei confronti di società di capitali a ristretta base partecipativa legittima la presunzione di distribuzione degli utili tra i soci, in quanto la stessa ha origine nella partecipazione e pertanto prescinde dalle modalità di accertamento, ferma restando la possibilità per i soci di fornire prova contraria rispetto alla pretesa dell’Amministrazione finanziaria dimostrando che i maggiori ricavi dell’ente sono stati accantonati o reinvestiti (ex plurimis, Cass. 20/12/2018, n. 32959, Cass. 07/12/2017, n. 29412)…… comunque accertato, il maggior reddito di una società a ristretta base partecipativa si presume distribuito pro quota ai soci in forma di utili extracontabili, poiché la ristrettezza dell’assetto societario implica normalmente reciproco controllo e marcata solidarietà tra i
soci (così Cass. 24/01/2019, n. 1947, Cass. 29/07/2016, n. 15824, Cass. 28/11/2014, n. 25271).» (cfr. Cass., V, n. 24732/2022).
4.1. Nel caso di specie, peraltro, è pacifico, per quanto risulta dagli atti difensivi delle parti, che non vi sia stato alcun accertamento e/o giudizio nei confronti della società, e dunque la presunzione semplice di distribuzione degli utili extracontabili tra i soci, che si fonda sul fatto noto del maggior imponibile societario, non trova appiglio in un avviso d’accertamento presupposto, tanto meno irrevocabile perché non opposto o passato in giudicato.
4.2. È pur vero che non necessariamente ogni accertamento nei confronti del socio debba essere preceduto da avviso d’accertamento emesso, valido ed efficace, nei confronti della società (arg. ad es. da Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 10723 del 22/04/2021 e precedenti ivi citati), a pena di invalidità, tuttavia nella fattispecie in esame, prima di ipotizzare una presunzione a carico del socio, la CTR avrebbe dovuto accertare se l’Agenzia delle entrate avesse comunque adempiuto all’onere della prova del fatto noto del maggior imponibile societario.
4.3. A tale riguardo la sentenza appellata è contraddittoria e confusa sul punto e, laddove afferma l’assoluta autonomia dei due giudizi, nei confronti della società e nei confronti dei soci, è contraria ai criteri affermati dalla giurisprudenza di legittimità e, non coglie nel segno: la questione che si pone non attiene infatti ai rapporti tra i due giudizi, ma di prova all’interno di questo unico giudizio.
4.4. Inoltre, i giudici di appello sembrano porre a carico del socio l’onere della prova contraria rispetto all’imponibile sociale, con evidente inversione dell’onere della prova, dovendosi invece procedere innanzitutto all’accertamento in fatto in ordine alla prova del fatto noto del maggior imponibile societario, e solo in caso di positivo accertamento, alla verifica della esistenza e idoneità della prova contraria offerta dal socio.
In conclusione, in ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nel rispetto dei principi sopra illustrati, nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 23/02/2024.