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Presunzione utili soci: prova contraria e onere

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una socia al 50% di una S.r.l. a cui erano stati attribuiti utili non dichiarati. La Corte ha confermato la validità della presunzione utili soci, chiarendo che per superarla non è sufficiente dimostrare il proprio disinteresse alla gestione attiva della società. Il contribuente ha l’onere di provare specificamente la mancata distribuzione degli utili o il loro reimpiego nell’attività aziendale, prova che nel caso di specie non è stata fornita.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Presunzione Utili Soci: La Prova Contraria Va Oltre la Semplice Non Gestione

Nelle società a ristretta base azionaria, come le S.r.l. a conduzione familiare, vige un principio fondamentale in ambito fiscale: la presunzione utili soci. Secondo questa regola, gli utili non dichiarati dalla società si presumono distribuiti ai soci in proporzione alle loro quote. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce la forza di questa presunzione, chiarendo quali prove deve fornire il socio per poterla superare. Vediamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Accertamento Fiscale e la Difesa della Socia

Il caso riguarda una contribuente, socia al 50% di una S.r.l., che aveva ricevuto un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2011. L’Agenzia delle Entrate le contestava la mancata dichiarazione di utili che, secondo l’accertamento, la società aveva prodotto ma non dichiarato e che si presumevano distribuiti alla socia stessa.

La difesa della contribuente si basava su due punti principali:
1. La responsabilità era da attribuire alla negligenza del professionista incaricato della contabilità.
2. La socia era di fatto estranea alla gestione della società, tanto da essere dipendente di un’altra azienda, come attestato da un verbale di assemblea.

Nonostante queste argomentazioni, sia la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) che quella Regionale (CTR) avevano respinto il suo ricorso, confermando la legittimità dell’atto impositivo.

La Decisione della Cassazione e la presunzione utili soci

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha rigettato il ricorso della contribuente, ritenendolo infondato. La decisione si basa su argomentazioni solide che rafforzano il principio della presunzione utili soci e definiscono in modo netto i confini dell’onere della prova a carico del socio.

L’Insufficienza della Prova Offerta

La Corte ha specificato che, per vincere la presunzione, non basta allegare una generica estraneità alla gestione attiva della società. Il verbale di assemblea prodotto dalla socia, che ne attestava il ‘disinteresse alla gestione attiva’, è stato giudicato inidoneo. Questo tipo di prova, secondo i giudici, non dimostra un’effettiva estraneità alla vita sociale, né l’impossibilità di accedere alle informazioni e di esercitare un controllo. In una società con solo due soci al 50%, è difficile sostenere una totale mancanza di influenza e conoscenza.

L’Onere della Prova a Carico del Contribuente

Il punto cruciale della decisione riguarda l’onere della prova. La Cassazione ha chiarito che il socio che intende contestare la presunzione utili soci non può limitarsi a negare il proprio coinvolgimento. Deve, invece, fornire una prova positiva e contraria, dimostrando che gli utili accertati:
– Non sono stati distribuiti.
– Sono stati reinvestiti nell’azienda o accantonati in specifiche riserve.

In assenza di tale prova specifica, la presunzione legale rimane pienamente operativa e l’accertamento fiscale è legittimo.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte Suprema sono radicate nella natura stessa delle società a ristretta base partecipativa. In tali contesti, il legame tra i soci è così stretto da rendere plausibile che ogni decisione economica, inclusa la gestione di eventuali fondi ‘neri’, sia condivisa o comunque nota a tutti. Per questo motivo, la legge presume che gli utili extracontabili vengano divisi tra i soci. Superare questa presunzione richiede una dimostrazione forte e inequivocabile che vada al cuore della questione: la destinazione finale degli utili. La semplice affermazione di ‘non essersi interessato’ alla gestione non è sufficiente a provare che non si sia beneficiato dei profitti.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Soci

Questa ordinanza rappresenta un monito importante per tutti i soci di S.r.l. e altre società a compagine ristretta. Essere socio, anche se non si ricopre una carica di amministratore, comporta responsabilità e un onere di vigilanza. Per tutelarsi da accertamenti fiscali basati sulla presunzione utili soci, è fondamentale non solo mantenere una condotta trasparente, ma anche essere in grado di documentare in modo inoppugnabile la destinazione degli utili societari. La prova contraria deve essere concreta e non basarsi su semplici dichiarazioni di disinteresse, che la giurisprudenza considera insufficienti a superare la presunzione dell’Amministrazione Finanziaria.

Che cos’è la ‘presunzione utili soci’ in una società a ristretta base azionaria?
È una presunzione legale secondo cui gli utili non dichiarati da una società con pochi soci si considerano automaticamente distribuiti ai soci stessi in proporzione alle loro quote di partecipazione, salvo prova contraria.

È sufficiente per un socio dimostrare di non essere coinvolto nella gestione per evitare la tassazione degli utili presunti?
No. Secondo la Corte di Cassazione, dimostrare un semplice disinteresse alla gestione attiva non è sufficiente. Questa prova non esclude che il socio avesse comunque controllo e informazione sulla vita sociale e, soprattutto, che abbia percepito gli utili.

Quale prova deve fornire un socio per superare questa presunzione?
Il socio deve fornire la prova positiva che gli utili accertati non sono stati distribuiti oppure che sono stati reimpiegati nell’attività della società. L’onere di questa prova specifica ricade interamente sul contribuente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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