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Presunzione utili soci: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 30598/2024, ha ribadito un principio fondamentale in materia fiscale: per le società di capitali a ristretta base proprietaria, gli utili extracontabili accertati si presumono distribuiti ai soci. Questa presunzione utili soci sposta l’onere della prova sul contribuente, il quale non può limitarsi a dimostrare l’assenza di versamenti sui propri conti correnti. Deve, invece, provare che tali utili sono stati reinvestiti, accantonati dalla società o percepiti da terzi. La Corte ha cassato la decisione del giudice di merito che aveva erroneamente annullato l’avviso di accertamento.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Presunzione utili soci: La Cassazione chiarisce l’onere della prova

L’ordinanza n. 30598/2024 della Corte di Cassazione torna a consolidare un principio cruciale per i soci di società a responsabilità limitata: la presunzione utili soci. Quando l’Agenzia delle Entrate accerta l’esistenza di profitti non dichiarati (i cosiddetti ‘utili in nero’) in capo a una S.r.l. a base ristretta, tali profitti si presumono automaticamente distribuiti ai soci, i quali saranno chiamati a pagarvi le imposte. Sarà compito del socio dimostrare il contrario, e non è una prova semplice.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti del socio di una S.r.l. La società, caratterizzata da una ‘ristretta base proprietaria’ (due soli soci, di cui uno era una S.r.l. interamente posseduta dall’altro), aveva omesso di presentare le dichiarazioni fiscali per l’anno 2007. L’Amministrazione Finanziaria, sulla base di controlli, aveva quindi determinato induttivamente un maggior reddito d’impresa in capo alla società. Tale accertamento era divenuto definitivo.

Successivamente, il Fisco ha emesso un secondo avviso di accertamento, questa volta indirizzato direttamente al socio persona fisica. L’atto si basava sulla presunzione che i maggiori utili accertati alla società fossero stati distribuiti al socio, recuperando a tassazione IRPEF il relativo reddito da partecipazione.

Il Percorso Giudiziario e la presunzione utili soci

Il contribuente ha impugnato l’atto, ma il suo ricorso è stato inizialmente respinto. In appello, tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Lombardia ha ribaltato la decisione, annullando l’accertamento. Secondo la CTR, la presunzione utili soci è una presunzione ‘semplice’ e non ‘legale’. Di conseguenza, l’onere della prova resterebbe a carico dell’Ufficio, che dovrebbe fornire ulteriori riscontri oltre alla sola ristretta base sociale. La CTR ha inoltre dato valore alla documentazione prodotta dal socio, ritenendola idonea a dimostrare l’assenza di passaggi di denaro dalla società ai suoi conti correnti personali. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza della CTR. I giudici di legittimità hanno ribadito con forza il loro consolidato orientamento in materia.

### La natura della presunzione

La Corte chiarisce che, in caso di società di capitali a ristretta base sociale, l’accertamento di maggiori ricavi non contabilizzati costituisce un valido fondamento per una presunzione semplice, dotata dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. Il fatto noto (ristretta compagine sociale e utili occulti) permette di inferire il fatto ignoto (la distribuzione di tali utili ai soci).

Questo si basa sulla logica e sulla comune esperienza: in un piccolo gruppo di soci, vi è una maggiore conoscibilità degli affari sociali, un controllo reciproco e una ‘complicità’ che rende altamente probabile che i profitti in nero vengano divisi tra loro.

### L’inversione dell’onere della prova

Contrariamente a quanto affermato dalla CTR, questa presunzione determina uno spostamento dell’onere della prova. Non è l’Agenzia a dover provare l’effettiva percezione del denaro da parte del socio, ma è il socio a dover fornire la prova contraria. L’Ufficio non è tenuto a svolgere indagini bancarie sui conti del socio per corroborare l’accertamento.

### La prova contraria a carico del socio

La parte più rilevante della decisione riguarda la natura della prova che il socio deve fornire per superare la presunzione. La Corte ha stabilito che non è sufficiente dimostrare che gli utili non sono transitati sui propri conti correnti. Questo elemento è considerato irrilevante, poiché la distribuzione di dividendi ‘in nero’ avviene spesso con modalità non tracciabili, come la consegna di contanti.

La prova contraria valida consiste nel dimostrare una diversa destinazione degli utili, ad esempio:

* Che sono stati accantonati o reinvestiti nella società.
* Che sono stati incamerati da un altro soggetto (ad esempio, un amministratore infedele).

Nel caso di specie, il contribuente non aveva fornito questo tipo di prova, limitandosi a una dimostrazione ritenuta inefficace dalla Corte.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento rafforza un importante strumento a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria per contrastare l’evasione fiscale. Per i soci di S.r.l. e altre società a compagine ristretta, le implicazioni sono chiare: un accertamento definitivo a carico della società per utili non dichiarati può avere conseguenze fiscali dirette e pesanti sul piano personale. La presunzione utili soci è un meccanismo difficile da superare. La difesa del socio non può basarsi sulla mera negazione della percezione, ma deve essere supportata da prove concrete e documentate che dimostrino in modo inequivocabile una diversa fine dei profitti non contabilizzati.

In una società a ristretta base proprietaria, gli utili non dichiarati si considerano automaticamente distribuiti ai soci?
Sì, secondo un consolidato orientamento della Cassazione, gli utili extracontabili accertati in capo a una società a ristretta base proprietaria si presumono distribuiti ‘pro quota’ ai soci. Si tratta di una presunzione semplice che sposta l’onere della prova sul contribuente.

Cosa deve fare un socio per dimostrare di non aver percepito utili ‘in nero’?
Il socio deve fornire la prova che i maggiori ricavi accertati non sono stati oggetto di distribuzione, ma sono stati invece accantonati dalla società, da essa reinvestiti, oppure che sono stati incamerati da un altro soggetto.

È sufficiente dimostrare che non ci sono stati bonifici dalla società al proprio conto corrente per evitare la tassazione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la prova dell’assenza di movimentazioni sui conti correnti personali del socio è irrilevante. Questo perché la distribuzione di utili in nero può avvenire con modalità di pagamento non tracciabili, come il contante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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