LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Presunzione utili: Cassazione su costi e ricavi

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate in un caso di presunzione utili. L’Agenzia aveva disconosciuto i costi di una società controllata per prestazioni rese dalla controllante, accertando di conseguenza un maggior reddito come utile distribuito. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, i quali avevano ritenuto illegittima la rettifica poiché la società controllante aveva già contabilizzato e tassato tali importi come ricavi, facendo venire meno il fondamento della presunzione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 24 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Presunzione Utili: La Cassazione Sconfessa l’Agenzia delle Entrate su Costi e Ricavi tra Società Collegate

L’ordinanza in commento affronta un tema cruciale nei rapporti fiscali tra società appartenenti allo stesso gruppo: la presunzione utili. Quando un costo viene disconosciuto a una società controllata, l’Amministrazione Finanziaria può automaticamente considerare tale importo come un utile distribuito alla società controllante e, di conseguenza, ai suoi soci? La Corte di Cassazione, con una decisione netta, stabilisce un importante principio a tutela del contribuente, sottolineando come la realtà contabile e l’effettiva tassazione già avvenuta non possano essere ignorate.

I Fatti del Caso: Costi Indeducibili e Accertamenti a Cascata

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato a una società a responsabilità limitata, operante nel settore delle costruzioni. L’Agenzia delle Entrate contestava l’indebita deduzione di costi per quasi 300.000 euro, relativi a prestazioni fornite dalla sua società controllante, una s.a.s. Secondo il Fisco, tali costi non erano supportati da documentazione idonea a dimostrarne l’effettività, l’utilità e l’inerenza.

In conseguenza di questa prima rettifica, l’Agenzia emetteva un secondo avviso di accertamento, questa volta nei confronti della società controllante. L’Ufficio, applicando la presunzione di distribuzione di utili, accertava un maggior reddito d’impresa in capo alla controllante, ritenendo che i maggiori utili della controllata (derivanti dai costi disconosciuti) le fossero stati distribuiti. A cascata, venivano emessi ulteriori atti impositivi anche nei confronti dei singoli soci della s.a.s.

La Decisione della Commissione Tributaria Regionale

Se in primo grado i giudici avevano dato ragione all’Agenzia, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) ribaltava completamente il verdetto. I giudici d’appello accoglievano le ragioni dei contribuenti basandosi su un’osservazione fondamentale: la somma che per la controllata rappresentava un costo indeducibile era stata regolarmente contabilizzata come ricavo dalla società controllante. Tale ricavo aveva contribuito a formare il reddito imponibile della controllante e, successivamente, era stato distribuito ai soci come dividendo, venendo quindi già sottoposto a tassazione.

La CTR evidenziava come si trattasse di un disconoscimento di un costo effettivamente sostenuto dalla controllata, a cui corrispondeva un’entrata reale per la controllante. Ignorare questa simmetria, secondo i giudici di merito, equivaleva a seguire un “ragionamento fittizio” che veniva meno di fronte all’avvenuta tassazione del ricavo.

Le Motivazioni della Cassazione sulla presunzione utili

L’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso in Cassazione, ma la Suprema Corte lo ha rigettato, ritenendolo in parte inammissibile e in parte infondato. Le motivazioni dei giudici di legittimità sono chiare e seguono un percorso logico stringente.

L’Eccezione di Giudicato Esterno

In via preliminare, i contribuenti avevano tentato di far valere il giudicato esterno formatosi su altre sentenze a loro favorevoli. La Corte, tuttavia, ha respinto questa eccezione. Ha ribadito che, per provare la definitività di una sentenza nel processo tributario, non è sufficiente produrre la sentenza stessa, ma è necessaria un’attestazione specifica del segretario della commissione tributaria che certifichi la mancata impugnazione nei termini di legge. In assenza di tale prova, l’eccezione non può essere accolta.

L’Inammissibilità del Motivo di Ricorso dell’Agenzia

Il cuore della decisione risiede nell’analisi dei motivi del ricorso dell’Agenzia. La Corte ha giudicato il primo motivo inammissibile perché configurava una mera “petizione di principio”. L’Agenzia si era limitata ad affermare l’erroneità della decisione della CTR nel dare rilevanza alla contabilizzazione dei ricavi da parte della controllante, senza però articolare una critica specifica e concreta alla motivazione della sentenza. In pratica, ha semplicemente riproposto la propria tesi senza spiegare perché il ragionamento del giudice d’appello fosse giuridicamente sbagliato. La Cassazione ricorda che un motivo di ricorso deve indicare in modo esplicito le ragioni dell’errore del giudice, non limitarsi a sostenere una tesi contrapposta.

L’Estinzione del Ricorso Connesso

Il secondo profilo del ricorso dell’Agenzia era anch’esso debole. L’Ufficio si limitava a segnalare che la sentenza relativa alla controllata (richiamata per relationem dalla CTR) era stata a sua volta impugnata in Cassazione. Tuttavia, la Suprema Corte ha rilevato un fatto decisivo: quel ricorso era stato nel frattempo definito con un decreto di estinzione per intervenuta definizione agevolata. Di conseguenza, è venuto meno il presupposto stesso su cui si basava la doglianza dell’Agenzia, rendendo il motivo infondato.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: la presunzione utili non è un meccanismo automatico e cieco. Se un costo disconosciuto a una società corrisponde a un ricavo che è stato regolarmente e simmetricamente contabilizzato e tassato in capo alla società collegata che lo ha percepito, l’onere dell’Amministrazione Finanziaria di dimostrare la fondatezza della propria pretesa si aggrava. Non si può ignorare la realtà economica e fiscale dell’operazione nel suo complesso. La decisione riafferma inoltre un principio processuale fondamentale: i ricorsi in Cassazione devono essere specifici e puntuali, e non possono limitarsi a una generica contestazione della decisione impugnata, pena l’inammissibilità.

Quando si applica la presunzione di distribuzione di utili se un costo viene disconosciuto a una società controllata?
La presunzione si indebolisce notevolmente se la società controllante, che ha ricevuto il pagamento, ha già contabilizzato l’importo come ricavo e lo ha sottoposto a tassazione. In questo caso, secondo la Corte, insistere sulla presunzione equivale a seguire un “ragionamento fittizio”, poiché l’entrata è già stata fiscalmente rilevata.

È sufficiente che l’Agenzia delle Entrate affermi genericamente che la decisione di un giudice è errata per vincere in Cassazione?
No. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’Agenzia perché si limitava a una “petizione di principio”, ovvero a riaffermare la propria tesi senza specificare le ragioni giuridiche per cui la motivazione della sentenza impugnata sarebbe errata. Un ricorso deve contenere una critica esplicita e specifica.

Come si prova il passaggio in giudicato di una sentenza tributaria?
Per provare che una sentenza è diventata definitiva (passata in giudicato), la parte interessata deve produrre in giudizio una copia della sentenza munita di una certificazione della segreteria della Commissione Tributaria, la quale attesti che non sono state proposte impugnazioni nei termini previsti dalla legge. La sola produzione della sentenza non è sufficiente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati