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Presunzione onerosità finanziamento: come provarla

La Corte di Cassazione ha chiarito che la presunzione di onerosità di un finanziamento soci non può essere superata da una delibera assembleare successiva. Per dimostrare la gratuità del prestito ai fini fiscali, è necessaria una prova specifica, ovvero che dai bilanci della società risulti che il versamento sia stato effettuato a un titolo diverso dal mutuo. Nel caso specifico, l’Amministrazione Finanziaria aveva recuperato a tassazione gli interessi su un finanziamento infragruppo, e la Corte ha accolto il suo ricorso, annullando la decisione di merito che aveva ritenuto sufficiente una delibera posteriore.

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Pubblicato il 2 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Finanziamenti Soci: Come Vincere la Presunzione di Onerosità Fiscale

Nel complesso mondo dei rapporti finanziari tra soci e società, un principio cardine del diritto tributario è la presunzione onerosità finanziamento. In parole semplici, il Fisco presume che ogni prestito concesso da un socio alla propria azienda generi interessi tassabili. Ma cosa accade se il finanziamento è, in realtà, gratuito? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sulla natura e sulla qualità della prova necessaria per dimostrarlo, stabilendo paletti molto rigidi per i contribuenti.

I Fatti del Caso: Un Finanziamento Infragruppo sotto la Lente del Fisco

Una società di logistica aveva concesso un cospicuo finanziamento a una sua partecipata. Anni dopo, l’Amministrazione Finanziaria emetteva un avviso di accertamento per l’anno 2014, recuperando a tassazione gli interessi che, a suo avviso, erano maturati su quel prestito. L’ente impositore si basava sulla presunzione legale secondo cui tali finanziamenti sono, salvo prova contraria, fruttiferi.

La società contribuente si opponeva, sostenendo la natura gratuita del finanziamento. A supporto della propria tesi, produceva una delibera assembleare del giugno 2015, con la quale i soci, tenuto conto delle difficoltà economiche della partecipata, avevano deciso di rinunciare agli interessi con effetto retroattivo a partire dal 1° gennaio 2014.

L’Iter Giudiziario e la Presunzione Onerosità Finanziamento

Il percorso giudiziario è stato altalenante. In primo grado, i giudici davano ragione all’Amministrazione Finanziaria. La Commissione Tributaria Regionale, invece, ribaltava la decisione, accogliendo l’appello della società. Secondo i giudici di secondo grado, la delibera assembleare del 2015 costituiva una prova sufficiente e adeguata della gratuità del mutuo, superando così la presunzione legale.

L’Amministrazione Finanziaria, non soddisfatta, ricorreva in Cassazione, sostenendo che la prova fornita dalla contribuente non fosse idonea a vincere la presunzione di onerosità prevista dalla normativa fiscale.

Le Motivazioni della Suprema Corte: La Prova deve essere “Vincolata”

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Fisco, delineando un principio di diritto estremamente chiaro. La presunzione onerosità finanziamento, prevista sia dal Codice Civile (art. 1815) sia dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR, art. 46), non può essere superata con una prova qualsiasi.

La Corte ha specificato che la prova contraria non è “libera”, ma “vincolata”. Ciò significa che la legge stessa stabilisce quali sono le uniche modalità ammissibili per dimostrare che un versamento da socio a società non è un mutuo fruttifero. L’art. 46 del TUIR stabilisce che tale prova emerge unicamente quando “dai bilanci o dai rendiconti di tali soggetti non risulta che il versamento è stato fatto ad altro titolo”.

Di conseguenza, una delibera assembleare successiva, come quella del 2015, non ha alcun valore probatorio ai fini fiscali per l’anno 2014. Non è sufficiente decidere retroattivamente la gratuità; è necessario che la diversa natura del versamento (ad esempio, un conferimento in conto capitale) sia chiaramente iscritta nella contabilità e nei bilanci della società sin dall’origine. L’onere della prova grava sul contribuente, che deve dimostrare, tramite la documentazione contabile ufficiale, la reale natura dell’operazione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Imprese

Questa pronuncia rafforza un orientamento consolidato e offre un’importante lezione pratica per amministratori e soci. Per evitare contestazioni fiscali sulla natura dei finanziamenti infragruppo o dei prestiti dei soci, è fondamentale una corretta e tempestiva gestione contabile e societaria. La volontà di concedere un finanziamento a titolo gratuito deve essere formalizzata in modo inequivocabile fin dal principio e trovare riscontro diretto e immediato nei bilanci e nelle scritture contabili della società. Affidarsi a delibere retroattive o ad accordi informali espone l’impresa a un rischio fiscale concreto e difficilmente superabile in sede di contenzioso.

A cosa serve la presunzione di onerosità per i finanziamenti tra società e soci?
Serve a stabilire, per impostazione predefinita ai fini fiscali, che un prestito concesso da un socio alla sua società produce interessi tassabili, a meno che non venga fornita una prova contraria specifica.

Una delibera dell’assemblea dei soci è sufficiente per dimostrare che un finanziamento è gratuito?
No. Secondo la Corte di Cassazione, una delibera assembleare, specialmente se adottata in un momento successivo al periodo d’imposta in questione, non è considerata una prova idonea a superare la presunzione legale di onerosità.

Qual è l’unica prova valida per superare la presunzione onerosità finanziamento secondo la Cassazione?
L’unica prova valida è quella definita ‘vincolata’ dall’art. 46 del TUIR. Deve risultare in modo inequivocabile dai bilanci o dai rendiconti contabili della società che il versamento del socio è stato effettuato a un titolo diverso dal mutuo (ad esempio, come versamento in conto capitale).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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