Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32131 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32131 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
NOME COGNOME – art. 12, comma 2, d.l. 78/2009 – presunzione legale di cui al comma 2 applicazione retroattiva – esclusione – art. 12, d.l. 78/2009, commi 2 bis e 2 ter applicazione retroattiva.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8220/2016 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale allegata al ricorso, dagli Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-resistente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana, n. 1543/25/2015, depositata in data 23 settembre 2015. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 ottobre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
A seguito di un controllo della documentazione bancaria ottenuta dall’A utorità finanziaria francese, l’Agenzia delle Entrate acclarava la detenzione, da parte di NOME COGNOME, di ingenti importi, relativi ad un deposito presso la banca svizzera HSBC, per l’anno 2007, in quanto il nominativo del COGNOME risultava inserito nella cd. NOME COGNOME. L’Ufficio notificava, quindi, l’avviso di accertamento n. T8T01T300623/2012, con cui rideterminava, ai fini IRPEF, IVA ed IRAP, i redditi del contribuente sottratti a tassazione.
Il contribuente impugnava l’avviso innanzi alla CTP di Prato, contestando, in via preliminare, l’erronea (in quanto retroattiva) applicazione della presunzione di cui all’art. 12 d.l. 78/2009. Eccepiva, poi, l’inutilizzabilità della documentazione, ovvero delle risultanze della lista COGNOME, l’illegittimità dell’avviso di accertamento per mancata allegazione del PVC della Guardia di Finanza, e per la mancata indicazione delle ragioni in base alle quali si erano determinate le variazioni incrementative.
La CTP rigettava il ricorso.
Il contribuente interponeva gravame riproponendo le censure già spiegate in primo grado.
La CTR respingeva il gravame ribadendo la retroattività dell’art. 12, comma 2, d.l. 78/2009, norma avente natura ‘procedimentale’ e, pertanto, applicabile anche a fattispecie sorte prima della sua entrata in vigore; confermava la piena utilizzabilità della lista COGNOME l’attendibilità della documentazione acquisita e la legittimità dell’avviso di accertamento.
Per la cassazione della citata sentenza il contribuente ha proposto ricorso affidato a tre motivi. L’Ufficio resiste con controricorso.
Il ricorso è stato, quindi, fissato per l ‘adunanza camerale del 16/10/2024.
Il contribuente ha depositato, in data 27-30 settembre 2024, memoria.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso NOME COGNOME lamenta la «violazione e/o falsa applicazione de ll’ art. 2, comma 2 e 2 bis del DL 78/2009 e conseguente l’illegittimità degli avvisi di accertamento per violazione dell’art. 43, DPR 600/1973, e art. 3, St. Contr. L. 212/2000 per avere l’Ufficio notificato gli atti impugnati oltre i termini di decadenza previsti per l’accertamento ».
La doglianza si sviluppa lungo due direttrici.
Da un lato, il contribuente, sul presupposto della natura sostanziale del comma 2 dell’art. 12 del d.l. 78/2009, sostiene che la presunzione legale ivi prevista non possa valere per gli accertamenti relativi agli anni antecedenti all’entrata in vigore dell a stessa (2009).
Dall’altro, deduce che anche la proroga ed il raddoppio dei termini per l’accertamento previsti dai commi 2 bis e 2 ter dell’articolo 12 cit., riferendosi esclusivamente agli accertamenti basati sulla presunzione sancita dal secondo comma, non possano trovare applicazione per i periodi di imposta anteriori all’entrata in vigore della legge (2009).
Con il secondo motivo il contribuente lamenta la «violazione e/o falsa applicazione dell’art. all’art. 42 DPR 600/1973, artt. 7 e 10 L. 212/2000, art. 3 L. 241/1990, falsa applicazione dell’art. 37 DPR 600/1973 del’art.6 art, 2697 c.c., D.L. 167/1990 pe r omessa motivazione, per non avere l’Ufficio indicato le ragioni in base alle quali è pervenuto a determinare in € 174.948,03 le variazioni incrementative avvenute a favore del contribuente e per non aver prodotto alcuna documentazione cui potersi attribuire valore di prova». Sostiene, in particolare, l’inutilizzabilità della cd. Lista COGNOME, dopo aver riportate le prime decisioni (non condivise dal ricorrente) di questa Corte del 2015 (nn. 8605 e 8606); ad ogni modo, ritiene che la documentazione risultante dalla Lista non possa
ex se fondare legittimamente l’accertamento, essendo necessaria la sussistenza di ulteriori elementi di prova, nella specie non forniti dall’Ufficio.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono infondati.
3.1. Invero, l’art. 12 del d.l. 1 luglio 2009, n. 78 (contrasto ai paradisi fiscali), convertito in legge 3 agosto 2009, n. 102, prevede al comma 1 che ‘le norme del presente articolo danno attuazione alle intese raggiunte tra gli Stati aderenti alla Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico in materia di emersione di attività economiche e finanziarie detenute in Paesi aventi regimi fiscali privilegiati, allo scopo di migliorare l’attuale insoddisfacente livello di trasparenza fiscale e di scambio di informazioni, nonché di incrementare la cooperazione amministrativa tra Stati’.
Al comma 2 si dispone che ‘in deroga ad ogni vigente disposizione di legge, gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato…, in violazione degli obblighi di dichiarazione dei cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 4 del decreto -legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, ai soli fini fiscali si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione. In tale caso, le sanzioni pre viste dall’articolo 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, sono raddoppiate’.
Ora, la questione della natura (sostanziale o procedurale) della norma in commento ha trovato diverse soluzioni nella giurisprudenza di merito tributaria. La soluzione ha ricadute pratiche di non poco momento, atteso che solo se si opina per la natura procedurale della norma, quest’ultima può ritenersi applicabile in via retroattiva, ovvero anche per le annualità (dal 2008 a ritroso) antecedenti alla sua entrata in vigore.
Questa Corte, sin dall’ordinanza del 02/02/2018 n. 2662, ha affermato la natura sostanziale della norma: la pretesa natura
procedimentale della norma di cui all’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78/2009 che pone, in favore del fisco, una più favorevole presunzione legale relativa rispetto al quadro normativo previgente, oltre a porsi in contrasto con il tradizionale criterio della sedes materiae , che vede abitualmente le norme in tema di presunzioni collocate nel codice civile e dunque di diritto sostanziale e non già nel codice di rito, porrebbe il contribuente, che sulla base del quadro normativo previgente non avrebbe, ad esempio, avuto interesse alla conservazione di un certo tipo di documentazione, in condizione di sfavore, pregiudicandone l’effettivo espletamento del diritto di difesa, in contrasto con i principi di cui agli artt. 3 e 24 Cost..
Pertanto, per questa Corte la norma in commento ha natura sostanziale, sicché non può trovare applicazione a fattispecie verificatesi prima del 1° luglio 2009, come quella in oggetto, almeno per gli anni dal 2005 al 2008 (Cass. 21/12/2018, n. 33233; Cass. 30/01/2019, n. 2562; Cass. 28/02/2019, n. 5885; Cass. 14/11/2019, nn. 29632 e 29633; Cass. 28/11/2019, n. 31085; Cass. 25/02/2020, n. 4984; Cass. 18/09/2020, n. 19446; Cass. 22/03/2021, n. 7957; Cass. 23/06/2021, n. 17928; Cass. 05/03/2024, n. 5964).
Si è, precisamente, affermato che «in tema di accertamento tributario, la presunzione di evasione stabilita, con riguardo agli investimenti e alle attività di natura finanziaria detenuti negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dall’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 102 del 2009, non ha natura procedimentale, bensì sostanziale – sia perché le norme in tema di presunzioni sono collocate, nel codice civile, tra quelle sostanziali, sia perché una diversa interpretazione potrebbe pregiudicare, in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., l’effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione -con la conseguenza che non può ad essa riconoscersi efficacia retroattiva» (Cass. 01/02/2024, n. 2990).
Pertanto, la norma non può trovare applicazione con riferimento agli atti impugnati che si riferiscono agli anni 2005, 2006, 2007 e 2008.
3.2. Si è tuttavia ribadito, in diverse pronunce sopra richiamate (da ultimo, Cass. n. 5964/2024), quanto già specificamente affermato in tema di lista COGNOME dalle citate ordinanze gemelle nn. 8605 e 8606 del 2015, che l’amministrazione finanziaria può fondare la propria pretesa anche su un unico indizio, se grave e preciso, ovvero dotato di elevata valenza probabilistica.
In particolare si è affermato che «in tema di accertamento tributario, sebbene la presunzione di evasione sancita dall’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, conv., con modif., dalla l. n. 102 del 2009, con riferimento all’omessa dichiarazione di investimenti e attività di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, non sia suscettibile di essere applicata retroattivamente agli anni di imposta antecedenti alla sua entrata in vigore (prevista dal 1 luglio 2009), stante la natura sostanziale e non procedimentale delle presunzioni, l’Ufficio può ricorrere ai medesimi fatti oggetto della suddetta presunzione legale (redditi non dichiarati occultamente detenuti in Paesi a fiscalità privilegiata) “sub specie” di presunzione semplice» (Cass. 19/12/2019, n. 33893).
Pertanto, premesso che, come già chiarito in precedenza (Cass. 13/05/2015, n. 9760) e confermato di recente (Cass. 22/03/2021, n. 7957), la c.d. scheda clienti non può essere valutata alla stregua di foglio anonimo, l’onere di giustificare l’incoerenza tra l’ammontare delle disponibilità in paese estero a fiscalità privilegiata secondo il Fisco facenti capo al contribuente sulla base delle risultanze della lista COGNOME e l’entità delle somme oggetto di scudo fiscale, onde godere dell’effetto preclusivo di cui all’art. 14, comma 1, lett. a) del d.l. n. 350/2001, conv. con mod. dalla legge n. 409/2001, incombe al contribuente, stante la valenza presuntiva degli elementi desumibili dalla lista COGNOME.
3.3. Infine, con riferimento alla applicabilità della proroga e del raddoppio dei termini per l’accertamento, sanciti dai commi 2bis e 2ter della citata norma, questa Corte ha affermato che le dette previsioni hanno natura procedimentale e non sostanziale, e soggiacciono perciò al principio tempus regit actum , sicché esse si applicano anche per i periodi di imposta precedenti alla loro entrata in vigore (1° luglio 2009), quando venga in rilievo la sottrazione alla tassazione di redditi esportati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, indipendentemente dall’applicabilità della presunzione legale di cui all’art. 12, comma 2 (Cass. 05/03/2024, n. 5964).
Con particolare riferimento all’art. 12, comma 2bis, del d.l. 78/2009, che prevede il raddoppio dei termini ‘per l’accertamento basato sulle presunzioni di cui al comma 2’, secondo l’indirizzo citato, la disposizione deve essere interpretata nel senso che il raddoppio dei termini opera sia nel caso in cui l’ufficio, avvalendosi della presunzione legale stabilita dalla citata norma, accerti che la disponibilità finanziaria detenuta nei ‘paradisi fiscali’, e non dichiarata, è provento di redditi sottratti a tassazione, sia nel caso, equivalente, in cui l’Ufficio, senza ricorrere alla presunzione in oggetto in quanto non applicabile retroattivamente, contesti comunque la medesima fattispecie di sottrazione alla tassazione di redditi esportati in paesi a fiscalità privilegiata, avvalendosi, secondo le regole probatorie ordinarie, di presunzioni semplici, qualificate dalla gravità, precisione e concordanza.
Tale equiparazione è giustificata dalla ratio della disciplina palesata dall’art. 12, comma 1, d.l. n. 167/2009, secondo cui le norme in oggetto sono dirette a dare attuazione ad una intesa tra gli Stati aderenti all’OCSE in materia di emersione di attività economiche e finanziarie detenute in paesi a regime fiscale privilegiato, fornendo agli uffici finanziari strumenti più efficaci (quali il raddoppio dei termini per l’accertamento) per contrastare, con o senza l’ausilio della presunzione legale di cui all’art. 12, comma 2, il
fenomeno dell’allocazione nei ‘paradisi fiscali’ delle disponibilità finanziarie formate con redditi sottratti alla tassazione nazionale.
Anche con riguardo all’art. 12, comma 2ter, sul raddoppio dei termini di decadenza e di prescrizione stabiliti dall’art. 20 d.lgs. n. 472/1997 per la notifica degli atti di irrogazione delle sanzioni previste in caso di omessa denuncia delle disponibilità finanziarie detenute all’estero, il maggior lasso temporale concesso al fisco per l’applicazione delle sanzioni non contrasta con il principio generale di irretroattività della norma sanzionatoria stabilito dall’art. 3, comma 1, d.lgs. n. 472/1997, posto c he l’applicazione a ritroso della sanzione, per tutto l’arco temporale consentito dal raddoppio dei termini, sconta comunque il limite della previa esistenza della norma sanzionatoria, come avviene nel caso in esame in cui la sanzione comminata dall’art. 5 del d.l. n. 167/1990 è di gran lunga antecedente alle annualità pregresse passibili di accertamento in forza del raddoppio dei termini, valevole per gli atti di contestazione e di irrogazione di sanzioni notificati dopo l’entrata in vigore della norma in oggetto (1 luglio 2009).
Con il terzo motivo il contribuente deduce la «violazione e/o falsa applicazione degli artt. 5 e 6 D. Lgs. n. 472/1997 e conseguente illegittimità dell’avviso di accertamento impugnato per stante l’inapplicabilità delle sanzioni per mancanza dell’elemento soggettivo». In particolare, l’elemento soggettivo andrebbe escluso proprio perché all’atto della compilazione della dichiarazione dei redditi non esisteva la norma di cui all’art. 12 d.l. 78/2009 che pone la presunzione legale di evasione.
Il motivo è fondato nei termini appresso indicati.
La Corte rileva che l’elemento soggettivo della colpa grave sussista nella specie, avendo il contribuente omesso di dichiarare, nel quadro RW, le somme detenute presso la HSBC di Ginevra per l’anno 2007, in violazione dell’art. 4 del d.l. 167/1990.
Pertanto, non sussiste alcuna violazione del combinato disposto degli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 472/1997.
Deve, piuttosto, ritenersi che non possano trovare applicazione le sanzioni previste dall’art. 12, comma 2 -ter del d.l. 78/2009, in quanto raddoppiate rispetto al passato.
L’art. 3 del d.lgs. n. 472/1997 prevede che ‘se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo’.
Viene, dunque, applicato il principio del favor rei , come accade nel diritto penale.
Pertanto, si sarebbe dovuta applicare la sanzione più favorevole, e non quella raddoppiata di cui al decreto legge n. 78/2009.
In definitiva, il ricorso va accolto limitatamente al profilo riguardante le sanzioni, la cui rideterminazione, alla luce dei principi sopra affermati, va rimessa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana in sede di rinvio. Il giudice del rinvio dovrà valutare anche l’eventuale incidenza del nuovo sistema sanzionatorio introdotto con il d.lgs. n. 158/2015, atteso che secondo la giurisprudenza di questa Corte «la sopravvenuta revisione del sistema sanzionatorio tributario, introdotta dal d.lgs. n. 158 del 2015 e vigente dal 1° gennaio 2016 a norma dell’art. 32 del medesimo d.lgs., è applicabile retroattivamente in forza del principio del “favor rei”, a condizione che il processo sia ancora in corso e che perciò non sia ancora definitiva la parte sanzionatoria del provvedimento impugnato» (Cass. 30/03/2021, n. 8716). Nella specie, non essendo ancora definitiva la parte sanzionatoria dell’avviso di accertamento, la riforma del 2015 è astrattamente applicabile alla fattispecie.
In base alle considerazioni svolte la sentenza di appello va cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, perché proceda a nuovo
esame in relazione alla censura accolta ed alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettati i primi due, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio, provvedendo anche a regolare le spese del giudizio di legittimità tra le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 ottobre 2024.