Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25137 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25137 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/09/2025
AVVISO DI ACCERTAMENTO -IRPEF 2013.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23812/2021 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME in virtù di procura speciale a margine del ricorso,
NOME -ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana n. 133/2021, depositata il 4 febbraio 2021; udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in camera di consiglio del 9 maggio 2025 dal consigliere relatore dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
L ‘Agenzia delle Entrate Direzione provinciale di Prato notificava a Cai Lichang avviso di accertamento n. T8T01T100276/2017, con il quale recuperava a tassazione, per l’anno 2013, la somma di € 37.962,00, in forza di un accredito bancario ricevuto in data 10 gennaio 2013, e ritenuto non giustificato.
Il contribuente impugnava il suddetto avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Prato la quale, con sentenza n. 206/2017, depositata il 19 dicembre 2017, rigettava il ricorso.
Interposto gravame dal contribuente, la Commissione Tributaria Regionale della Toscana, con sentenza n. 133/2021, pronunciata l’11 settembre 2020 e depositata in segreteria il 4 febbraio 2021, rigettava l’appello, condannando l’appellante alla rifusione delle spese di lite.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME sulla base di un unico motivo (ricorso notificato il 6 settembre 2021).
Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate .
Con decreto del 14 febbraio 2025 è stata quindi fissata la discussione del ricorso dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 9 maggio 2025, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 c.p.c.
– Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso il contribuente eccepisce violazione e falsa applicazione degli artt. 32, comma 1, num. 2), d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Deduce, in particolare, che la Corte territoriale aveva fatto malgoverno dei principi in materia di ripartizione dell’onere della prova, non avendo l’Ufficio allegato alcun elemento che potesse far presupporre la riconducibilità delle operazioni bancarie in esame a redditi sottratti a tassazione.
2. Il motivo è totalmente infondato.
L’accertamento in oggetto si fonda su un accredito bancario in favore del contribuente, rispetto al quale il contribuente non ha fornito adeguate giustificazioni in merito alla sua natura non reddituale, avendo fornito soltanto generiche giustificazioni deducendo che si trattava di prestiti ricevuti da amici residenti nella Repubblica Popolare Cinese.
Sul punto, va rilevato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, «in tema di accertamento delle imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito di impresa, il d.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, fonda una presunzione relativa circa la natura di ricavi sia dei prelevamenti sia dei versamenti su conto corrente, superabile attraverso la prova, da parte del contribuente, che i versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari, anziché costituire acquisizione di utili; pertanto, in virtù della disposta inversione dell’onere della prova, grava sul contribuente l’onere di superare la suddetta presunzione (relativa) dimostrando la sussistenza di specifici costi e oneri deducibili, che dev’essere fondata su concreti elementi di prova e non già su presunzioni o affermazioni di carattere generale o sul mero richiamo all’equità» (Cass. 31 marzo 2022, n. 10351; Cass. 16 luglio 2020, n. 15161; Cass. 24 luglio 2014, n. 16896; Cass. 24 luglio 2012, n. 13035).
E’ stato, altresì, evidenziato che «il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, e il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, prevedono una presunzione legale in favore dell’Erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c., per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze» (Cass. 30 giugno 2020, n. 13112; Cass. 3 maggio 2018, n. 10480; Cass. 5 maggio 2017, n. 11102).
Al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dall’art. 32 del d.P.R. n. 600/1973, pertanto, non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sul proprio conto corrente, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività (Cass. n. 10351/2022 cit.; Cass. 11 marzo 2015, n. 4829; Cass. 18 settembre 2013, n. 21303)
Nel caso di specie, la C.T.R. ha correttamente applicato la presunzione di maggiori ricavi prevista dall’art. 32 d.P.R. n. 600/1973, per come risultante dagli accertamenti bancari espletati, nel mentre ha ritenuto, con accertamento di fatto insindacabile in questa sede, che il contribuente avesse fornito
delle indicazioni meramente generiche e comunque non provate, con riferimento alla dedotta natura di finanziamento delle somme accreditate sul conto corrente.
La sentenza impugnata ha fatto, quindi, corretta applicazione dei principi in materia di accertamenti bancari.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Ricorrono i presupposti processuali per dichiarare parte ricorrente tenuta al pagamento di un importo pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente alla rifusione, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € € 4.100,00 per compensi , oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per dichiarare parte ricorrente tenuta al pagamento di un importo pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Così deciso in Roma, il 9 maggio 2025.