Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18479 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 18479 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/07/2024
Redditi all’estero
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 6349/2016 R.G. proposto da:
NOME COGNOME , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO unitamente all’AVV_NOTAIO, domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO presso quest’ultimo, il tutto come da procura in margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della
Toscana, n. 1463/13/2015, depositata l’otto settembre 2015 .
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21
maggio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Dato atto che il AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME ha chiesto l’accoglimento del primo motivo ed il rigetto degli altri motivi del ricorso.
Il difensore del contribuente NOME COGNOME ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
L’Avvocatura dello Stato ha chiesto il rigetto del ricorso. FATTI DI CAUSA
1.L’RAGIONE_SOCIALE delle Entrate emetteva avviso di accertamento inerente all’anno di imposta 2005 per IRPEF, contestando l’omessa indicazione di redditi per € 422.288,68, di cui € 8.845,77 per interessi, in relazione a titoli di credito incassati in momenti diversi dal contribuente presso la Cassa di Risparmio di San Marino senza provvedere alla compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi, e pertanto considerando tali somme -in quanto detenute in paese (allora) a fiscalità privilegiata – quali redditi non dichiarati ai sensi dell’art. 12, comma 2, d.l. n. 78/2009.
Il contribuente proponeva ricorso e la CTP lo accoglieva ritenendo la disposizione invocata dall’RAGIONE_SOCIALE non avente carattere retroattivo e valutando altresì l’assoluzione del contribuente in sede penale a seguito della sentenza n. 1871 del 2012 del Tribunale di Arezzo, inerente ai medesimi fatti.
L’RAGIONE_SOCIALE interponeva appello e la CTR riformava la prima sentenza, osservando che la disciplina contenuta nell’art. 12 d.l. n. 78/2009 era da intendersi logicamente retroattiva sia per il carattere permanente dell’illecito che per incidere su categorie di reddito soggette a imposte sui redditi derivanti da illecito, con ritenuto carattere interpretativo. Per altro verso la sentenza impugnata riteneva la totale autonomia dell’accertamento devoluto al giudice tributario rispetto a quello oggetto del giudizio penale.
Avverso tale decisione propone il contribuente ricorso in cassazione fondato su quattro motivi, cui resiste l’RAGIONE_SOCIALE a mezzo di controricorso.
La parte ricorrente ha successivamente depositato memorie e la Procura generale ha depositato requisitoria scritta.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. In via pregiudiziale va affrontata l’eccezione di giudicato esterno avanzata dalla parte ricorrente, la quale allega la sentenza della CTR n. 1095/2021, intervenuta fra le stesse parti, relativa all’anno
d’imposta 2006, che ha respinto l’appello dell’RAGIONE_SOCIALE sul presupposto dell’irretroattività della normativa di cui all’art. 12 d.l. n. 78/2009.
L’eccezione è però infondata, in quanto la pronuncia invocata attiene a un diverso anno d’imposta, e dunque a diversi fatti.
Va infatti ricordato che
La sentenza del giudice tributario con la quale si accertano il contenuto e l’entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d’imposta fa stato, nei giudizi relativi ad imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi, ove pendenti tra le stesse parti, solo per quanto attiene a quegli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta, assumano carattere tendenzialmente permanente, mentre non può avere alcuna efficacia vincolante quando l’accertamento relativo ai diversi anni si fondi su presupposti di fatto relativi a tributi differenti ed a diverse annualità.
(Cass. 07/12/2021, n. 38950).
2.Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 12, comma 2, e 2-bis, d.l. n. 78/2009; 3, l. 212/2000 e 11, preleggi, avendo erroneamente affermato la CTR la natura retroattiva dell’art. 12 appena citato, senza considerare la natura sostanziale in quanto introduttiva di una nuova fattispecie di reddito.
Col secondo motivo si deduce omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione laddove la sentenza impugnata fa riferimento alla sentenza penale di assoluzione, senza considerare quali delle risultanze del giudizio penale avessero riflessi sulla fondatezza della pretesa tributaria.
In relazione al primo motivo, va osservato che la giurisprudenza di questa Corte è ormai ferma nel ritenere la natura sostanziale della norma che configura la presunzione legale in argomento.
Invero le disposizioni di cui all’art. 12, co. 2, del d.l. n. 78 del 2009 sono state a lungo oggetto di dibattito tra chi ne ha sostenuto la natura sostanziale e chi, invece, quella procedimentale.
La giurisprudenza di questa Corte ha però chiarito – con orientamento qui condiviso – che «la presunzione di evasione stabilita, con riguardo agli investimenti e alle attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dall’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, conv., con modif., dalla l. n. 102 del 2009, in vigore dal 1° luglio 2009, non ha natura procedimentale ma sostanziale – sia perché le norme in tema di presunzioni sono collocate, nel codice civile, tra quelle sostanziali, sia perché una diversa interpretazione potrebbe pregiudicare, in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., l’effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione -con la conseguenza che essa non ha efficacia retroattiva. Viceversa, hanno natura procedimentale e non sostanziale e soggiacciono perciò al principio “tempus regit actum”, le previsioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter del medesimo art. 12, che raddoppiano, rispettivamente, i termini di decadenza per la notificazione degli avvisi di accertamento basati sulla suddetta presunzione e quelli di decadenza e di prescrizione stabiliti per la notificazione degli atti di contestazione o di irrogazione delle sanzioni per l’omessa denuncia delle disponibilità finanziarie detenute all’estero (così Cass. 14/11/2019, n. 29632; id. 29/11/2019, n. 31243).
Nella specie la decisione ha direttamente ed espressamente fondato la propria ratio sulla presenza di una presunzione legale e l’assenza di prova contraria, per cui sul punto essa dev’essere cassata con rinvio, senza che possa individuarsi, come asserito dalla difesa dell’RAGIONE_SOCIALE, il suo fondamento anche su una presunzione semplice, come pure può farsi – ricorrendone i presupposti – anche basandosi su un unico elemento purché grave
e preciso, mentre il requisito della concordanza assume rilievo solamente in presenza di più elementi presuntivi ( ex plurimis ( Cass 14/11/2019, nn. 29632-29633; 26/09/2018, n. 23153; 12/02/2018, n. 3276; 22/12/2017, n. 30803, da ultimo, cfr. 27/05/2021, n. 14834). In effetti nella specie manca nella pronuncia impugnata ogni valutazione sulla precisione e gravità degli elementi, sostituita puramente e semplicemente dall’individuazione della presunzione legale appunto.
Il secondo motivo è strutturato in maniera incerta e perplessa, addebitando nella rubrica un’insufficiente od omessa motivazione, per poi giungere alla conclusione dell’omesso esame di un fatto decisivo costituito dalla mancata effettuazione da parte dell’RAGIONE_SOCIALE di una più penetrante indagine, sicché lo stesso non supera il vaglio di ammissibilità di questa Corte.
Col terzo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 42, d.p.r. n. 600/1973, in relazione agli artt. 38, 41 bis e 42, d.p.r. n. 600/1973 e 7, l. n. 212/2000, per non aver la CTR ritenuto la rilevanza della doglianza inerente alla violazione di tali norme ed in particolare dell’art. 7, l. n. 212/2000, non essendo stato ritenuto necessario dalla stessa l’indicazione della precisa disposizione normativa presupposto dell’accertamento.
5.1. Il motivo è infondato dal momento che l ‘obbligo di motivazione è assolto quando l’atto contiene l’enunciazione del criterio astratto utilizzato e in base al quale è stato rilevato il maggior valore e questo indipendentemente dalla enunciazione specifica della norma di riferimento.
Col quarto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 42 d.p.r. n. 600/1973 e 12, comma 7, l. 212/2000, per non aver ritenuto la relativa doglianza fondata in riferimento all’emissione dell’avviso di accertamento prima del decorso del termine previsto dall’indicata norma, con la motivazione che si era nell’imminenza dello spirare dei termini dell’azione accertatrice.
6.1 Questa Corte ha abbondantemente chiarito la precettività del termine dilatorio indicato (da ultimo Cass. 20/07/2023, n. 21517), ed altresì la possibilità per l’amministrazione di derogare a tale termine per specifiche ragioni d’urgenza da indicarsi nell’atto o specificarsi anche successivamente, purché gli stessi non siano affetti da genericità.
Nella specie già l’atto di accertamento indicava come motivo l’imminente scadenza dell’azione accertatrice (anno d’imposta 2005, p.v.c. notificato il 27/10/2010 e avviso di accertamento notificato il 5/11/2010, nel vigore del termine quadriennale pro tempore vigente; per l’inapplicabilità del raddoppio dei termini di accertamento, si veda quanto già sopra riportato), in un contesto in cui i redditi risultavano occultati in un paese a fiscalità privilegiata e in rapporto alle cui difficoltà di accertamento, seppur con norma applicabile per il futuro, il legislatore aveva previsto il raddoppio dei termini medesimi. La natura urgente del resto era già stata esaminata dal giudice del merito con giudizio di fatto non censurabile in questa sede di legittimità.
18. Il ricorso dev’essere dunque accolto con riferimento al solo primo motivo e, inammissibile il secondo e rigettati il terzo ed il quarto, la decisione impugnata dev’essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana che, in diversa composizione, provvederà altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo e, dichiarato inammissibile il secondo e rigettati il terzo ed il quarto, la decisione impugnata dev’essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana che, in diversa composizione, adeguandosi ai principi affermati, provvederà altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 21 maggio 2024