Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6947 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6947 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/03/2025
Oggetto: Presunzione legale di evasione ex art. 12, comma 2, d.l. n. 78 del 2009 Irretroattività – Utilizzabilità per precedenti anni di imposta Sussistenza.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11974/2020 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro-tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato , presso i cui uffici è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente – contro
COGNOME NOME
– intimata – avverso la sentenza della C.T.R. della Sicilia, n. 6221/2019, depositata il 30.10.2019 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6.3.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con ricorso proposto alla Commissione tributaria provinciale di Palermo, COGNOME NOME NOME impugnava l ‘ avviso di accertamento, con cui l’Agenzia delle entrate le aveva contestato l’omesso versamento di imposte relative a redditi esportati all’estero e detenuti presso la HSBC Private Bank di Ginevra.
Con separato ricorso alla medesima C.t.p., la contribuente impugnava l’atto di contestazione, con cui l’Agenzia delle entrate le aveva irrogato la sanzione pecuniaria per la mancata compilazione del quadro RW della dichiarazione per l’anno d’imposta 2006 con riferimento ai redditi depositati presso la banca svizzera.
La pretesa erariale scaturiva dal processo verbale di constatazione della Guardia di finanza, redatto all’esito dell’attività ispettiva derivante dalla sottrazione degli archivi informatici delle schede clienti (cd. fiches ) della HSBC Private Bank di Ginevra (cd. Lista COGNOME), contenenti i depositi ed i movimenti di denaro.
In primo grado, la C.t.p., con separate pronunce, rigettava le due impugnazioni, ritenendo che la contribuente, avendo omesso di indicare il capitale depositato presso la banca svizzera nel quadro RW della dichiarazione, così come previsto dall’art. 44 del Tuir, si era resa responsabile della violazione dell’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009 . Di conseguenza, era legittimo l’avviso di accertamento e la conseguente sanzione irrogata.
Avverso tali decisioni, proponeva appello la contribuente, avanzando le medesime contestazioni già sollevate in primo grado e, in particolare, l’assenza di motivazione degli atti impugnati, gravando sull’Amministrazione la prova del maggior reddito e non essendo di per sé idonea la sola fiche a dare prova dell’esistenza del conto estero.
Riuniti gli appelli, la C.t.r. accoglieva il primo e rigettava il secondo. In particolare, quanto al primo, osservava che la presunzione legale di sottrazione a tassazione delle attività finanziarie detenute in Paesi a fiscalità privilegiata e non dichiarate,
di cui all’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009 , conv. dalla l. nn. 102 del 2009, sulla quale si basava l’avviso di accertamento impugnato, non trovava applicazione al caso in esame, concernente l’anno di imposta 2006, trattandosi di norma di natura sostanziale e, pertanto, non retroattiva. Per contro, osservava che non sussisteva alcuna consequenzialità necessaria tra l’annullamento dell’avviso di accertamento e l’annullamento delle sanzioni, avendo queste ultime titolo autonomo, derivante dall’elusione dell’obbligo dichiarativo, posto da norma già in vigore, quale l’art. 4, comma 1, del d.l. n. 167 del 1990.
Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate , sulla base di due motivi. Rimaneva intimata la contribuente.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di doglianza, l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992; 132, comma 2, n. 4 ) e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 12 del d.l. n. 78 del 2009; 2697 c.c.; 54 e 55 del d.P.R. n. 633 del 1972; art. 41-bis e 42 del d.P.R. n. 600 del 1973; 5, comma 1, del d.lgs. n. 472 del 1997; 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. , avendo errato la C.t.r. nell’annullare l’avviso di accertamento impugnato sul solo profilo della natura sostanziale e, quindi, non retroattiva dell’art. 12 del d.l. n. 78 del 2009, senza che tale eccezione fosse mai stata sollevata e senza valutare in ogni caso il materiale probatorio in atti, costituente comunque idoneo e grave indizio di evasione.
Con il secondo motivo di doglianza, l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009; 1 e 3 della l. n. 212 del 2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., nonché dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., avendo errato la C.t.r. a ritenere
di natura sostanziale, e non procedurale, la presunzione legale introdotta con l’art. 12 citato .
Giova preliminarmente osservare, ai fini della delimitazione del thema decidendum , che nella presente sede si discute esclusivamente dell’impugnazione dell’avviso di accertamento, considerato che la pronuncia di rigetto dell’impugnazione avverso l’atto di irrogazione delle sanzioni non è stata fatto oggetto di ricorso incidentale da parte della contribuente, rimasta intimata.
Per ragioni di ordine logico, appare opportuno iniziare l’esame dal secondo motivo di doglianza, che risulta infondato.
Il comma 2 dell’art. 12 del d.l. n. 78 del 2009, così come modificato dalla legge di conversione n. 102 del 2009, stabilisce che, in deroga ad ogni vigente disposizione di legge, gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 23 novembre 2001, n. 273, senza tener conto delle limitazioni ivi previste, in violazione degli obblighi di dichiarazione di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 4 del d.l. 28 giugno 1990, n. 167, conv. dalla l. 4 agosto 1990, n. 227, ai soli fini fiscali si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione. In tal caso, le sanzioni previste dall’art. 1 del d.lgs. n. 471 del 1997 sono raddoppiate.
L’amministrazione ricorrente, con il secondo motivo, denuncia l’illegittimità della decisione impugnata, per avere attribuito natura sostanziale alla norma in questione, istitutiva di una presunzione legale relativa di evasione con riferimento al fatto di chi detenga investimenti ed attività di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato quali individuati dalla succitate fonti secondarie, laddove siano stati violati gli obblighi di dichiarazione di cui alle norme suindicate.
3.1. A tal riguardo, questa Corte ha già affermato, in particolare con Cass. n. 33893/2019 (Rv. 65638001), che la presunzione legale relativa di evasione introdotta -con riferimento all’omessa dichiarazione di investimenti e attività di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato – dall’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009 non ha efficacia retroattiva, non potendo attribuirsi ad essa natura procedimentale, non incidendo meramente sul metodo di accertamento e non essendo riferibile esclusivamente al riparto dell’onere della prova. Ed infatti, le norme in tema di presunzioni sono collocate nel codice civile e, quindi, tra le norme sostanziali. Inoltre, va ricordato che il principio di distribuzione dell’onere probatorio consiste in una regola di giudizio, che comporta una decisione di merito. Del resto, come già affermato da questa Corte, una differente interpretazione potrebbe, in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., pregiudicare l’effettività del diritto di difesa del contribuente in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione.
3.2. Nel suindicato precedente del 2019, inoltre, si fa riferimento anche ad un ulteriore aspetto afferente all’interpretazione dell’ incipit del citato comma 2 dell’art. 2 del d.l. n. 78 del 2009, così come convertito dalla l. n. 78 del 2009, che espressamente dispone ‘ in deroga ad ogni vigente disposizione di legge ‘ . A tal riguardo, si osserva che la disposizione in esame ha la precipua finalità di avvantaggiare la posizione del Fisco sul piano dell’accertamento, dando per certo, salva la prova contraria, che gli investimenti e le attività finanziarie non dichiarati nei menzionati Paesi o territori a regime fiscale privilegiato siano stati costituiti mediante redditi sottratti a tassazione. Sicché, l’inciso sopra indicato va inteso nel senso che la deroga espressa ivi contenuta sia da porre in relazione agli ordinari strumenti accertativi, con valenza di natura sostanziale.
3.3. Di conseguenza, la C.t.r. non ha errato nell’attribuire natura sostanziale all’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, con
conseguente inapplicabilità, ratione temporis , agli accertamenti riguardanti gli anni 2005, 2006 e 2007, antecedenti alla sua entrata in vigore.
Per contro, risulta fondato il primo motivo di doglianza, con cui l’Agenzia delle entrate lamenta l’erroneità della sentenza impugnata, per non aver effettuato alcuna verifica in concreto del valore probatorio della c.d. “lista COGNOME“.
A tal riguardo, il precedente sopra già richiamato (Cass. n. 33893/2019, Rv. 65638001) ha affermato che, in tema di accertamento tributario, sebbene la presunzione di evasione sancita dall’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, conv., con modif., dalla l. n. 102 del 2009, con riferimento all’omessa dichiarazione di investimenti e attività di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, non sia suscettibile di essere applicata retroattivamente agli anni di imposta antecedenti alla sua entrata in vigore (prevista dal 1 luglio 2009), stante la natura sostanziale e non procedimentale delle presunzioni, l’Ufficio può ricorrere ai medesimi fatti oggetto della suddetta presunzione legale (redditi non dichiarati occultamente detenuti in Paesi a fiscalità privilegiata) sub specie di presunzione semplice. Il principio è stato applicato in un caso in cui il giudice di merito aveva correttamente affermato l’utilizzabilità in astratto della c.d. “lista COGNOME” come elemento indiziario idoneo a integrare presunzione semplice, sebbene ne avesse escluso il valore probatorio sulla base degli ulteriori elementi di fatto acquisiti. Analogamente, sempre in un caso inerente alla cd. lista COGNOME, Cass. n. 29632/2019 (Rv. 65591601) specifica che la irretroattività della presunzione legale di evasione, prevista dal citato art. 12, non preclude all’Ufficio di provare l’esistenza di redditi non dichiarati dal contribuente, detenuti occultamente in paesi a fiscalità privilegiata, anche sulla base di presunzioni semplici gravi, precise e concordanti, senza fare ricorso alla presunzione legale predetta.
4.1. A tal fine, occorre considerare che, secondo la giurisprudenza di legittimità, civile e tributaria, in tema di presunzioni semplici, gli elementi assunti a fonte di prova non debbono essere necessariamente più d’uno, ben potendo il giudice fondare il proprio convincimento su uno solo di essi, purché grave e preciso, dovendo il requisito della “concordanza” ritenersi menzionato dalla legge solo in previsione di un eventuale, ma non necessario, concorso di più elementi presuntivi (Cass. n. 23153/2018, Rv. 65093102). Si è anche affermato che, con riferimento alla materia tributaria, il convincimento del giudice in ordine alla sussistenza di redditi maggiori di quelli dichiarati può fondarsi anche su una sola presunzione semplice, purché grave e precisa (Cass. n. 30803/2017, Rv. 64668101; con specifico riferimento alla “lista COGNOME“, Cass. n. 3276/2018, Rv. 64711401, secondo cui l’Amministrazione finanziaria può fondare la propria pretesa anche su un unico indizio, se grave e preciso, cioè dotato di elevata valenza probabilistica).
4.2. Ne consegue che ha errato la C.t.r. nell’annullare l’avviso di accertamento sulla base della sola considerazione della irretroattività della presunzione legale di evasione, senza verificare, al contempo, se i medesimi fatti addotti dall’Amministrazione potessero essere valorizzati quale presunzione semplice di evasione, tenuto conto che, in materia tributaria, essa può basarsi anche su un unico indizio, se grave e preciso.
In conclusione, dunque, in accoglimento del primo motivo di ricorso, rigettato il secondo, la sentenza impugnata va cassata ed il giudizio va rinviato innanzi al giudice a quo , affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nel senso sopra indicato, nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
La Corte, in accoglimento del primo motivo di ricorso, rigettato il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio innanzi alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame, nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione