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Presunzione legale accertamenti bancari: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9420/2024, ha rigettato il ricorso di un commercialista contro un accertamento fiscale basato su movimentazioni bancarie. La Corte ha ribadito che la presunzione legale sui versamenti bancari pone a carico del contribuente un rigoroso onere della prova, che deve essere fornita in modo analitico e specifico per ogni singola operazione, al fine di dimostrarne la non imponibilità. La decisione conferma la validità della presunzione anche per i professionisti, distinguendola da quella sui prelevamenti, dichiarata incostituzionale per questa categoria.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamenti Bancari e Presunzione Legale: la Cassazione sull’Onere della Prova

La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 9420 del 9 aprile 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto tributario: la presunzione legale negli accertamenti bancari. La decisione ribadisce la solidità di questo strumento a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria e chiarisce, ancora una volta, il rigoroso onere della prova che grava sul contribuente per superarla. Il caso in esame ha coinvolto un commercialista, destinatario di un avviso di accertamento per maggiori imposte (IRPEF, IRAP e IVA) relative a versamenti e prelevamenti sui propri conti correnti ritenuti non giustificati.

I Fatti di Causa

L’Agenzia delle Entrate aveva notificato a un commercialista un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2005. Le contestazioni si basavano su due pilastri principali:

1. Movimentazioni bancarie non giustificate: L’Ufficio aveva rilevato versamenti per circa 790.000 euro e prelevamenti per circa 502.000 euro, presumendo che costituissero rispettivamente ricavi e costi non dichiarati.
2. Interposizione fittizia: A seguito di un controllo su una società terza, l’Amministrazione aveva attribuito al professionista una plusvalenza di 475.000 euro, derivante da un’operazione di compravendita immobiliare in cui si riteneva che la società avesse agito solo come schermo per i reali beneficiari dell’operazione, tra cui il commercialista stesso.

Il contribuente aveva impugnato l’atto, ottenendo un parziale accoglimento in primo grado (CTP), con una riduzione delle somme accertate. La decisione era stata poi confermata in appello dalla Commissione Tributaria Regionale (CTR).

L’onere della Prova nella Presunzione Legale Accertamenti Bancari

Insoddisfatto della sentenza di secondo grado, il professionista ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su diversi motivi. Il fulcro della sua difesa verteva sulla presunta violazione delle norme che regolano la presunzione legale negli accertamenti bancari (art. 32 del d.P.R. 600/1973). Sosteneva di aver fornito prove sufficienti a giustificare le operazioni, ma che i giudici di merito avessero invertito l’onere della prova, disconoscendo le sue dimostrazioni.

Inoltre, invocava la mancata applicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 228/2014, che ha dichiarato illegittima la presunzione legale per i prelevamenti effettuati sui conti correnti dei professionisti, ritenendo che tale principio dovesse estendersi anche ai versamenti.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile e infondato, rigettandolo integralmente. Le motivazioni della decisione sono di grande interesse e consolidano un orientamento giurisprudenziale ormai granitico.

Innanzitutto, la Corte ha ribadito che la presunzione secondo cui i versamenti su conto corrente costituiscono ricavi imponibili è una presunzione legale relativa. Ciò significa che l’onere della prova per superarla ricade interamente sul contribuente. Tale prova non può essere generica, ma deve essere analitica e rigorosa. Il contribuente deve dimostrare, per ogni singola operazione contestata, la sua specifica riferibilità a redditi già tassati o a cause non imponibili. Nel caso di specie, secondo la Corte, il professionista non era riuscito a fornire tale prova puntuale.

In secondo luogo, i giudici hanno chiarito la portata della sentenza della Corte Costituzionale n. 228/2014. Hanno specificato che tale pronuncia ha effetto solo sui prelevamenti dei professionisti, non sui versamenti. La presunzione che i versamenti non giustificati siano ricavi rimane pienamente valida. Peraltro, nel caso specifico, i giudici di merito avevano già annullato i rilievi basati sui prelevamenti, rendendo il motivo di ricorso su questo punto irrilevante.

Infine, la Cassazione ha ritenuto inammissibili gli altri motivi di ricorso, in quanto volti a ottenere una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, o perché privi dei requisiti di specificità e autosufficienza richiesti dalla legge.

Le Conclusioni

L’ordinanza n. 9420/2024 conferma la forza della presunzione legale negli accertamenti bancari come strumento di contrasto all’evasione fiscale. La decisione serve da monito per tutti i contribuenti, in particolare per i professionisti: di fronte a una contestazione basata sulle movimentazioni bancarie, non sono sufficienti giustificazioni generiche o sommarie. È indispensabile conservare e produrre una documentazione dettagliata e puntuale in grado di tracciare l’origine e la natura di ogni singola operazione, dimostrando in modo inequivocabile che i fondi non costituiscono reddito imponibile. In assenza di una prova così rigorosa, la presunzione legale prevale, con tutte le conseguenze fiscali del caso.

Chi deve provare l’origine dei versamenti su un conto corrente in un accertamento fiscale?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova grava interamente sul contribuente. Egli deve dimostrare, attraverso una prova analitica e specifica per ogni singola operazione, che i versamenti non costituiscono reddito imponibile ma derivano da fonti già tassate o esenti.

La presunzione di maggior reddito si applica anche ai prelevamenti dal conto di un professionista?
No. A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 228 del 2014, la presunzione che i prelevamenti non giustificati costituiscano compensi non si applica più ai lavoratori autonomi e ai professionisti, ma resta valida per gli imprenditori. La presunzione sui versamenti, invece, si applica a tutti i contribuenti, inclusi i professionisti.

Cosa deve fare un contribuente per superare la presunzione legale sui versamenti bancari?
Il contribuente deve fornire una prova rigorosa e puntuale, non generica. Deve dimostrare l’estraneità di ciascuna operazione a fatti imponibili, specificando la riferibilità di ogni versamento a una causa non tassabile e fornendo la documentazione a supporto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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