Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17221 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17221 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4666/2021 R.G. proposto da
COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. COGNOME (domicilio digitale:
EMAIL)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELL’EMILIA -ROMAGNA n. 831/2020 depositata il 6 luglio 2020
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 7 maggio 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate di Reggio nell’Emilia emetteva nei confronti di NOME COGNOME un avviso di accertamento relativo all’anno 2006 con il quale riprendeva a
tassazione, ai fini dell’IRPEF, presunti redditi derivanti da investimenti detenuti dalla prefata contribuente presso la sede di Ginevra dell’istituto di credito britannico RAGIONE_SOCIALE ( ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ) e non indicati nell’apposito quadro RW della dichiarazione annuale.
L’atto impositivo faceva sèguito all’attività di verifica svolta dalla Tenenza di Correggio della Guardia di Finanza sulla base degli elementi informativi riportati in una «scheda cliente» ( «fiche» ) asseritamente acquisita dall’Amministrazione fiscale francese.
La RAGIONE_SOCIALE contestava la pretesa erariale proponendo ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Reggio nell’Emilia, la quale accoglieva il suo ricorso, annullando l’avviso di accertamento impugnato.
La decisione veniva, però, successivamente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia -Romagna, che con sentenza n. 831/2020 del 6 luglio 2020, in accoglimento dell’appello della parte pubblica, respingeva l’originario ricorso della contribuente.
A fondamento della pronuncia adottata il collegio regionale osservava che: l’Amministrazione Finanziaria poteva giovarsi della presunzione legale relativa fissata dall’art. 12, comma 2, del D.L. n. 78 del 2009, convertito in L. n. 102 del 2009, il quale «equipara, salvo prova contraria, i capitali investiti all’estero in violazione della normativa vigente a redditi sottratti a tassazione» ; – « la predetta norma… ha natura sostanziale» e «l’effetto procedimentale prodotto dalla medesima… è quello del ribaltamento dell’onere probatorio nei confronti del contribuente» ; – nel caso di specie, l’onere della prova contraria non poteva ritenersi assolto dalla Pratissoli, non avendo ella «fornito alcuna attendibile spiegazione del possesso del denaro all’estero» .
Avverso tale sentenza la Pratissoli ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso vengono lamentate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 12 del D.L. n. 78 del 2009, convertito in L. n. 102 del 2009, dell’art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 20 del D. Lgs. n. 472 del 1997 e degli artt. 4 e 6 del D.L. n. 167 del 1990, convertito in L. n. 227 del 1990.
1.1 Si censura l’impugnata sentenza per avere dapprima rettamente affermato che la disposizione introdotta dal comma 2 dell’art. 12 del citato D.L. n. 78 del 2009 ha natura sostanziale, ma sùbito dopo contraddittoriamente riconosciuto la sua portata retroattiva, sull’erroneo assunto che l’inversione dell’onere probatorio da essa stabilita a carico del contribuente costituirebbe dalla norma.
1.2 Viene, inoltre, sostenuto che anche le previsioni di cui ai commi 2bis e 2ter dello stesso articolo andrebbero considerate prive di efficacia retroattiva, essendo la loro applicazione collegata all’operatività della presunzione legale posta dal precedente comma 2.
1.3 Il motivo è solo in parte fondato e va, pertanto, accolto nei limiti di sèguito illustrati.
1.4 Le questioni che esso veicola sono state più volte affrontate negli ultimi anni da questo Supremo Collegio, il quale «in subiecta materia» ha enunciato i seguenti princìpi di diritto, ormai consolidati: «La presunzione di evasione stabilita, con riguardo agli investimenti e alle attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dall’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, conv., con modif., dalla L. n. 102 del 2009, in vigore dal 1° luglio 2009, non ha natura procedimentale ma sostanziale -sia perché le norme in tema di presunzioni sono
collocate, nel codice civile, tra quelle sostanziali, sia perché una diversa interpretazione potrebbe pregiudicare, in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., l’effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione-, con la conseguenza che essa non ha efficacia retroattiva. Viceversa, hanno natura procedimentale e non sostanziale, e soggiacciono perciò al principio ‘tempus regit actum’, le previsioni di cui ai commi 2 -bis e 2-ter del medesimo art. 12, che raddoppiano, rispettivamente, i termini di decadenza per la notificazione degli avvisi di accertamento basati sulla suddetta presunzione e quelli di decadenza e di prescrizione stabiliti per la notificazione degli atti di contestazione o di irrogazione delle sanzioni per l’omessa denuncia delle disponibilità finanziarie detenute all’estero, sicché esse si applicano anche per i periodi d’imposta precedenti alla loro entrata in vigore (il 1° luglio 2009), quando venga in rilievo la sottrazione alla tassazione di redditi esportati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, indipendentemente dalla applicabilità della presunzione legale di cui all’art. 12, comma 2» (cfr. Cass. n. 2662/2018, Cass. n. 29632/2019, Cass. n. 7957/2021, Cass. n. 8653/2022, Cass. n. 33965/2023, Cass. n. 5964/2024).
1.5 È stato, inoltre, posto in risalto che, sebbene la disposizione di cui al menzionato art. 12, comma 2, del D.L. n. 78 del 2009 sia insuscettibile di applicazione retroattiva agli anni d’imposta antecedenti alla data della sua entrata in vigore, «l’Ufficio può ricorrere ai medesimi fatti oggetto della suddetta presunzione legale (redditi occultamente detenuti in Paesi a fiscalità privilegiata e non dichiarati) ‘sub specie’ di presunzione semplice» (cfr. Cass. n. 33893/2019, Cass. n. 6154/2021, Cass. n. 6570/2021, Cass. n. 33965/2023, Cass. n. 4641/2024).
1.6 Si è ulteriormente precisato che la norma recata dal successivo comma 2bis deve essere letta nel senso che il raddoppio dei
termini ivi previsto opera sia nel caso in cui l’accertamento si fondi sulla presunzione legale posta dal comma 2, sia in quello in cui l’Ufficio, senza ricorrere a tale presunzione, siccome non applicabile retroattivamente, contesti la sottrazione a tassazione di redditi esportati in Paesi o territori a fiscalità privilegiata facendo uso, secondo le regole probatorie ordinarie, di presunzioni semplici qualificate ex art. 2729, comma 1, c.c. dalla gravità, precisione e concordanza.
1.7 Giustifica tale equiparazione la «ratio» della disciplina, palesata dal comma 1 del menzionato art. 12 del D.L. n. 78, il quale chiarisce che le norme contenute in detto articolo sono dirette a dare attuazione a un’intesa fra gli Stati aderenti all’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) in materia di emersione di attività economiche e finanziarie detenute in Paesi aventi regimi fiscali privilegiati, fornendo agli uffici finanziari strumenti più efficaci (fra i quali il raddoppio dei termini per l’accertamento) per contrastare, con o senza l’ausilio della presunzione legale di cui al comma 2, il fenomeno dell’allocazione nei cd. ‘paradisi fiscali’ delle disponibilità formate con redditi sottratti alla tassazione nazionale (cfr. Cass. n. 29632/2019, Cass. n. 35840/2022, Cass. n. 5964/2024).
1.8 Per quanto, poi, specificamente attiene alle sanzioni amministrative pecuniarie di natura tributaria contemplate per l’ipotesi di violazione dell’obbligo di dichiarazione annuale di cui all’art. 4, comma 1, del D.L. n. 167 del 1990, convertito in L. n. 227 del 1990, è stato sottolineato che il termine di decadenza dal potere di irrogazione deve essere individuato, all’interno della previsione racchiusa nell’art. 20 del D. Lgs. n. 472 del 1997, non in quello che fa riferimento al tempo di commissione della violazione, bensì in quello maggiore fissato per l’accertamento del tributo, tenuto conto del raddoppio dei termini introdotto dai commi 2bis e 2ter dell’art. 12 del D.L. n. 78 del 2009, aventi efficacia retroattiva
(cfr. Cass. n. 30742/2018, Cass. n. 8653/2022, Cass. n. 35840/2022).
1.9 Si è, altresì, puntualizzato che la descritta soluzione ermeneutica non contrasta con l’art. 3, comma 1, del D. Lgs. n. 472 del 1997, atteso che l’applicazione ‘a ritroso’ della sanzione, per tutto l’arco temporale consentito dal raddoppio dei termini, sconta comunque il limite della previa esistenza della norma sanzionatoria (art. 5 del D.L. n. 167 del 1990), la quale è di gran lunga antecedente alle annualità pregresse passibili di accertamento in forza dell’art. 12, comma 2 -bis , del D.L. n. 78 (cfr. Cass. n. 29632/2019, Cass. n. 12745/2020, Cass. n. 35840/2022).
1.10 Ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, va osservato che nel caso in esame la CTR è effettivamente incorsa nella denunciata falsa applicazione dell’art. 12, comma 2, del citato decreto-legge.
1.11 Essa, infatti, dopo aver correttamente premesso che la cennata previsione «ha natura sostanziale, introducendo una presunzione relativa volta a indurre il contribuente a denunziare il denaro posseduto all’estero» , ha di poi affermato che «l’effetto procedimentale prodotto dalla medesima attraverso la presunzione è quello del ribaltamento dell’onere probatorio nei confronti del contribuente che, per primo, non vi ha ottemperato, visto che non ha fornito alcuna attendibile spiegazione del possesso del denaro all’estero» .
1.12 Sennonchè, una volta predicata la natura sostanziale della norma in commento, i giudici di seconde cure avrebbero dovuto trarne la conseguenza che la presunzione da essa istituita è applicabile soltanto per il tempo successivo alla data della sua entrata in vigore (1° luglio 2009), in virtù del principio di irretroattività della legge sancito dall’art. 11, comma 1, disp. prel. c.c..
1.13 D’altro canto, se è pur vero che, come innanzi si è avuto
modo di chiarire, «l’Ufficio può ricorrere ai medesimi fatti oggetto della suddetta presunzione legale (redditi occultamente detenuti in Paesi a fiscalità privilegiata e non dichiarati) ‘sub specie’ di presunzione semplice» , è nondimeno vero che nella presente fattispecie il collegio d’appello si è limitato ad applicare la norma di cui all’art. 12, comma 2, del D.L. n. 78 del 2009, facendone conseguire l’automatica inversione dell’onere probatorio in capo alla contribuente.
Alla stregua delle considerazioni fin qui svolte, accertata, nei limiti precisati, la sussistenza del dedotto «error in iudicando» , va disposta, ai sensi degli artt. 383, comma 1, e 384, comma 2, prima parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia uniformandosi ai princìpi di diritto sopra espressi.
2.1 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità, a norma degli artt. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. cit..
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, nei termini di cui in motivazione, cassa entro tali limiti l’impugnata sentenza e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione