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Presunzione evasione fiscale: no alla retroattività

Un contribuente, il cui nominativo era emerso in una lista di titolari di conti correnti esteri, ha ricevuto un avviso di accertamento per l’anno 2007. L’Amministrazione Finanziaria ha applicato la presunzione evasione fiscale introdotta da una legge del 2009, sostenendo che le attività finanziarie non dichiarate fossero state costituite con redditi sottratti a tassazione. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2990/2024, ha accolto il ricorso del contribuente, stabilendo che tale presunzione ha natura sostanziale e non meramente processuale. Di conseguenza, non può essere applicata retroattivamente a periodi d’imposta antecedenti alla sua entrata in vigore. La causa è stata rinviata per un nuovo esame.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Presunzione Evasione Fiscale per Capitali Esteri: la Cassazione Nega la Retroattività

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2990 del 1° febbraio 2024, ha affrontato un tema di grande rilevanza nel contenzioso tributario: l’applicabilità della presunzione evasione fiscale legata alla detenzione di capitali in paradisi fiscali. La decisione chiarisce un punto fondamentale: questa presunzione, introdotta nel 2009, non può essere applicata retroattivamente a periodi d’imposta precedenti, poiché ha natura sostanziale e non meramente procedimentale. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso: dalla Lista di Sospetti Evasori all’Accertamento Fiscale

Il caso trae origine da una verifica fiscale nei confronti di un contribuente il cui nome era apparso in una nota lista di persone con presunti investimenti e attività finanziarie presso la filiale di Ginevra di una banca britannica. Sulla base di queste informazioni, l’Amministrazione Finanziaria ha notificato al contribuente un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2007.

L’Ufficio contestava la violazione delle norme sul monitoraggio fiscale e, in base alla presunzione legale introdotta dall’art. 12, comma 2, del D.L. n. 78/2009, considerava le attività detenute all’estero come costituite da redditi sottratti a tassazione. Su tali redditi, quantificati in circa 19.000 euro, veniva applicata un’imposta sostitutiva. Il contribuente ha impugnato l’atto, ottenendo l’annullamento in primo grado, ma la Commissione Tributaria Regionale ha successivamente riformato la decisione, ritenendo legittima l’applicazione della presunzione.

La controversia sulla presunzione evasione fiscale e lo ‘Scudo Fiscale’

Il ricorso in Cassazione si fondava su due argomenti principali. In primo luogo, il contribuente sosteneva che l’adesione allo “scudo fiscale ter”, con cui aveva regolarizzato la sua posizione per le somme detenute all’estero alla data del 31 dicembre 2008, dovesse precludere qualsiasi accertamento per gli anni precedenti.

In secondo luogo, e questo è il punto cruciale della controversia, si lamentava la violazione del principio di irretroattività della legge tributaria. La Commissione Tributaria Regionale aveva infatti ritenuto applicabile la presunzione evasione fiscale del 2009 all’annualità 2007, considerandola una norma di carattere procedimentale soggetta al principio tempus regit actum.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha analizzato distintamente i due motivi di ricorso, giungendo a conclusioni opposte ma decisive per l’esito della controversia.

Lo ‘Scudo Fiscale’ non è una Franchigia Illimitata

Sul primo punto, la Corte ha respinto la tesi del contribuente. I giudici hanno ribadito un orientamento consolidato secondo cui l’effetto preclusivo dello “scudo fiscale” non è automatico né illimitato. Per beneficiare della protezione da ulteriori accertamenti, non è sufficiente aver regolarizzato delle somme; è necessario che il contribuente dimostri una correlazione oggettiva tra i redditi accertati e le somme o i beni oggetto di rimpatrio. In altre parole, l’onere di provare che le somme contestate sono le stesse di quelle “scudate” grava sul contribuente. Nel caso di specie, tale prova non era stata fornita.

La Natura Sostanziale della Presunzione di Evasione Fiscale

Il secondo motivo di ricorso è stato invece accolto. La Corte ha affermato in modo netto che la presunzione di evasione sancita dall’art. 12 del D.L. 78/2009 ha natura sostanziale, e non meramente procedimentale. Questo perché incide direttamente sulla determinazione del presupposto impositivo, modificando la regolamentazione dell’onere della prova in modo più gravoso per il contribuente.

Poiché le norme in materia di presunzioni sono collocate nel Codice Civile tra quelle di diritto sostanziale e in virtù del principio di irretroattività della legge tributaria (sancito dallo Statuto del Contribuente), la Corte ha concluso che tale presunzione non può essere applicata a periodi d’imposta anteriori alla sua entrata in vigore, avvenuta il 1° luglio 2009. Applicarla retroattivamente violerebbe il diritto di difesa del contribuente, che al tempo (2007) non poteva prevedere la necessità di conservare una specifica documentazione per superare una presunzione non ancora esistente.

Le Conclusioni: Principio di Irretroattività e Limiti dell’Accertamento

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata, affermando due principi di diritto fondamentali:
1. La presunzione evasione fiscale per capitali detenuti in paradisi fiscali ha natura sostanziale e non può avere efficacia retroattiva.
2. Nei casi in cui tale presunzione legale non sia applicabile ratione temporis, l’Amministrazione Finanziaria può comunque ricorrere a presunzioni semplici per fondare l’accertamento, basandosi sugli stessi fatti (es. detenzione di redditi non dichiarati in Paesi a fiscalità privilegiata).

La causa è stata quindi rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, che dovrà riesaminare il caso senza applicare la presunzione legale del 2009, ma valutando se gli elementi raccolti dall’Ufficio possano costituire presunzioni semplici, gravi, precise e concordanti, idonee a sostenere la pretesa fiscale.

La presunzione legale di evasione per capitali esteri introdotta nel 2009 si applica agli anni d’imposta precedenti?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la presunzione ha natura sostanziale e, in base al principio di irretroattività della legge, non può essere applicata a periodi d’imposta antecedenti alla sua entrata in vigore (1° luglio 2009).

Aver aderito allo ‘scudo fiscale’ impedisce sempre un accertamento per gli anni precedenti?
No, non lo impedisce automaticamente. L’effetto protettivo dello scudo non opera come una franchigia illimitata. È onere del contribuente dimostrare la correlazione oggettiva tra il maggior reddito accertato e le somme specifiche che sono state regolarizzate con lo scudo.

Se la presunzione legale non è applicabile, l’Amministrazione Finanziaria può ancora contestare i redditi esteri?
Sì. Anche se l’Ufficio non può avvalersi della presunzione legale (che inverte l’onere della prova), può comunque basare il proprio accertamento su presunzioni semplici. In tal caso, dovrà dimostrare la presenza di indizi gravi, precisi e concordanti che facciano ritenere l’esistenza di redditi non dichiarati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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