Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32884 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32884 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
IRPEF ILOR ACCERTAMENTO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12487/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente –
contro
SEMENZA NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Prof. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA n. 693/2/17 depositata il 23.2.2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate emetteva l’atto di accertamento n. T9D013C03850/2012 con il quale contestava a COGNOME NOME il possesso di somme non dichiarate e illecitamente trasferite in Svizzera e, per l’anno di imposta 2006, recuperava a tassazione Irpef, imposta sostitutiva, addizionale regionale, interessi e sanzioni per la somma complessiva di euro 1.728.262,26.
La contribuente impugnava l’avviso di accertamento innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano deducendo che l’accertamento tributario prendeva le mosse dalla presunta inclusione del proprio nome nella c.d. NOME COGNOME ma che tale conclusione era illegittima perché fondata su fogli anonimi, prove equivoche e non autentiche. La contribuente rappresentava che nella fattispecie era stata applicata all’anno di imposta 2006 la disposizione di cui all’art. 12, comma 2, d.l. 78 del 2009, disposizione che stabiliva, in deroga ai principi generali, una presunzione di imponibilità perché da ritenersi sottratte al fisco delle somme trasferite all’estero in Paesi a fiscalità privilegiata, nella fattispecie in Svizzera. La ricorrente deduceva l’illegittimità della applicazione della disposizione in via retroattiva perché si sarebbe trattato di una disposizione di natura sostanziale e non processuale. L’Agenzia delle Entrate si costituiva in giudizio e contestava l’impugnazione affermando la legittimità della applicazione retroattiva della disposizione in questione perché di natura processuale. Con la sentenza 1556/9/2015 depositata il 18/02/2015 l’adita Commissione respingeva il ricorso affermando che l’art. 12, comma 2, d.l. 78 del 2009 era passibile di applicazione retroattiva perché si trattava di norma processuale.
Avverso detta pronuncia proponeva appello COGNOME COGNOME; l’Amministrazione finanziaria si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’impugnazione. La Commissione tributaria regionale della Lombardia, con la sentenza n. 693/2/2017, depositata il 23/2/2017 accoglieva il ricorso e annullava l’accertamento incentrando la sua decisione sulla natura sostanziale della disposizione di cui all’art. 12, d.l. 78 del 2009 e sulla illegittimità della sua applicazione retroattiva.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, l’Agenzia delle Entrate. Si è costituita con controricorso Semenza COGNOME. La controversia veniva
assegnata in prima battuta alla Sesta Sezione della Corte e, in vista dell’udienza, del 25/10/2018 la contribuente depositava memoria, che qualificava ai sensi dell’art. 378 cod.proc.civ., con la quale contestava la proposta del relatore circa la manifesta fondatezza del ricorso, formulata in virtù della versione all’epoca vigente dell’art. 380 -bis cod. proc. civ..
Con ordinanza interlocutoria 25/10/2018, n. 29676 la Sesta sezione della Corte, ritenendo essersi manifestato un contrasto nella giurisprudenza della Sezione, rinviava il procedimento alla Quinta Sezione della Corte.
Fissata l’udienza per la trattazione in camera di consiglio del 15/11/2024 l’Agenzia delle Entrate ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c. insistendo per l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 15/11/2024.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 11 disp. prel. c.c.; art. 3 legge 27/7/2000, n. 212; artt. 2727 e 2729 c.c.; art. 116 c.p.c.; art. 12, commi 2 e 2-bis, d.l. 1/7/2009, n. 78 conv. dalla l. 3/08/2009, n. 102, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.. In sostanza l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata per avere ritenuto assorbente e decisiva la pretesa natura sostanziale della disposizione di cui all’art. 12, commi 2 e 2 -bis, d.l. 1/7/2009, n. 78 e afferma che si tratti di disposizione di natura processuale e passibile di applicazione retroattiva.
Il motivo è fondato. La sentenza impugnata motiva come di seguito: «merita invece accoglimento l’eccezione dirimente e assorbente della contribuente riguardante l’inapplicabilità retroattiva dell’art. 12 d.l. 78/2009. La norma infatti ha stabilito il raddoppio dei termini decadenziali per gli accertamenti correlati alle
violazioni fiscali riguardanti disponibilità finanziarie detenute all’estero, introducendo la tassabilità delle attività finanziarie detenute in Paesi a fiscalità privilegiata, nel nostro caso, in Svizzera, ritenute presuntivamente costituite mediante redditi sottratti a tassazione: la norma in oggetto ha carattere sostanziale, atteso che, prima di questa norma, tali somme non erano tassabili come redditi sottratti a tassazione in Italia. Tale natura sostanziale e non meramente processuale impedisce l’applicazione retroattiva della norma in discussione a fattispecie anteriori all’epoca di entrata in vigore della novella legislativa, ovvero in epoca antecedente all’anno 2009».
2.1. Orbene, la motivazione della sentenza, considera dirimente e assorbente ai fini della decisione la natura sostanziale dell’art. 12 del d.l. 78/2009, ma omette di distinguere tra le, diverse, disposizioni dettate dall’articolo in questione. Il comma 2, effettivamente di natura sostanziale e privo di efficacia retroattiva, prevede una presunzione legale di costituzione mediante somme sottratte al fisco delle provviste detenute nei Paesi a fiscalità privilegiata. Il comma 2-bis è, al contrario, una disposizione di natura processuale che prevede il raddoppio dei termini per l’accertamento quanto al rilievo fiscale della disponibilità delle provviste indicate dal comma 2. In proposito questa Corte ha chiarito, con orientamento ormai costante, che «la presunzione di evasione stabilita, con riguardo agli investimenti e alle attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dall’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, conv., con modif., dalla l. n. 102 del 2009, in vigore dal 1° luglio 2009, non ha natura procedimentale ma sostanziale – sia perché le norme in tema di presunzioni sono collocate, nel codice civile, tra quelle sostanziali, sia perché una diversa interpretazione potrebbe pregiudicare, in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., l’effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla
conservazione di un certo tipo di documentazione -con la conseguenza che essa non ha efficacia retroattiva. Viceversa, hanno natura procedimentale e non sostanziale e soggiacciono perciò al principio tempus regit actum , le previsioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter del medesimo art. 12, che raddoppiano, rispettivamente, i termini di decadenza per la notificazione degli avvisi di accertamento basati sulla suddetta presunzione e quelli di decadenza e di prescrizione stabiliti per la notificazione degli atti di contestazione o di irrogazione delle sanzioni per l’omessa denuncia delle disponibilità finanziarie detenute all’estero, sicché esse si applicano anche per i periodi d’imposta precedenti alla loro entrata in vigore (il 1° luglio 2009), quando venga in rilievo la sottrazione alla tassazione di redditi esportati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, indipendentemente dalla applicabilità della presunzione legale di cui all’art. 12, comma 2» (Cass. 14/11/2019, n. 29632; conformi, ex plurimis , Cass. 28/11/2018, n. 30742; Cass. 06/02/2020, n. 2804; Cass. 26/06/2020, n. 12745).
2.2. Occorre, peraltro, rilevare che la giurisprudenza della Corte ha affermato in materia, che: «in tema di accertamento tributario, la presunzione legale di evasione, prevista dall’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, conv. con modif. dalla l. n. 102 del 2009, non è applicabile retroattivamente agli anni di imposta antecedenti alla sua entrata in vigore, ma non preclude all’Ufficio di provare l’esistenza di redditi non dichiarati dal contribuente, detenuti occultamente in paesi a fiscalità privilegiata, ricorrendo a presunzioni semplici gravi, precise e concordanti, senza fare ricorso a detta presunzione legale» (Cass. 18/07/2024, n. 18061).
2.3. La decisione della Commissione tributaria regionale non si è attenuta a questi principi ed è viziata; il ricorso deve essere accolto con cassazione della sentenza e conseguente rinvio.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia cui è demandata anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, del 15 novembre