Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6409 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6409 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20190/2021 R.G. proposto da : NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) , in Milano, INDIRIZZO e Roma, con domicilio digitale alla casella pec che lo rappresenta e difende,
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 1314/2021 depositata il 01/04/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/02/2025 dal Co. COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il contribuente NOME COGNOME figurava in un elenco trasmesso dalla Procura della Repubblica di Milano all’Autorità fiscale contenente i nominativi di soggetti titolari di rapporti bancari con istituti elvetici. Quale detentore di capitali all’estero, in P aesi a fiscalità privilegiata, gli veniva contestata la mancata esposizione in Italia dei relativi redditi sull’anno di imposta 2008, non avendo compilato il quadro RW del relativo modello e, per l’effetto, gli veniva irrogata sanzione amministrativa. Altresì, sulla presunzione di cui all’art. 12, secondo comma, del d.l. n. 78/2009, veniva emesso avviso di accertamento per recupero a tassazione delle somme detenute in Svizzera, Paese a fiscalità privilegiata, nell’anno 2008.
Il contribuente eccepiva la decadenza dell’Ufficio dal potere impositivo, non potendosi applicare retroattivamente all’anno 2008 la presunzione di evasione fiscale per le somme detenute in Paesi a fiscalità privilegiata (c.d. Black List ), introdotta solo con il d.l. n. 78/2009. Contestava altresì l’irrogazione delle sanzioni per la stessa ragione.
Le sue ragioni trovavano favorevole apprezzamento presso il giudice di prossimità, ma la sentenza era integralmente riformata in appello. Donde ricorre la parte contribuente, affidandosi a tre motivi, cui replica l’Avvocatura generale dello Stato con tempe stivo controricorso.
CONSIDERATO
Vengono proposti tre motivi di ricorso.
Con il primo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360 numero 3 del codice di procedura civile per violazione e falsa applicazione dell’articolo 12 del decreto-legge numero 78 del 2009, nonché dell’articolo 1 del decreto legislativo 194 del 2009, nonché
dell’articolo 3 della legge numero 212 del 2000, oltre all’art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile.
Nella sostanza si contesta la irretroattività dell’articolo 12 citato e quindi l’impossibilità di operare con presunzione qualificata, ritenendo sottratte al fisco le somme detenute in Paesi a fiscalità privilegiata.
Con il secondo motivo si prospetta ancora censura ai sensi dell’articolo 360 numero 3 del codice di procedura civile per violazione falsa applicazione degli articoli tre e 7 della legge numero 212 del 2000, nonché dell’articolo uno del decreto legislativo numero 32 del 2001, anche dell’articolo 42, commi secondo e terzo, del DPR numero 600 del 1973, nonché ancora dell’articolo 116 del codice di procedura civile.
Nella sostanza si lamenta la mancata comunicazione dell’invito a comparire e dei relativi atti endoprocedimentali, nonché il difetto assoluto di motivazione degli atti impositivi.
Con il terzo motivo si prospetta censura ai sensi dell’art. 360 n. 3 del codice di rito civile, per violazione dell’art. 2709 del codice civile.
Nello specifico, negandosi valore retroattivo al prefato articolo 12, viene negato valore di presunzione qualificata alla produzione documentale resa dalla Procura della Repubblica, la quale documentazione può al più valere come presunzione semplice, di cui viene negata la valenza nel diritto tributario.
Il primo motivo è infondato e non può essere accolto.
Correttamente la sentenza in scrutinio cita il precedente di questa Corte n. 30742/2018, cui è stata data continuità affinandolo come segue.
La presunzione di evasione stabilita, con riguardo agli investimenti e alle attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dall’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, conv., con modif., dalla l. n. 102 del 2009, in vigore dal 1° luglio 2009, non ha natura procedimentale ma sostanziale – sia
perché le norme in tema di presunzioni sono collocate, nel codice civile, tra quelle sostanziali, sia perché una diversa interpretazione potrebbe pregiudicare, in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., l’effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione – con la conseguenza che essa non ha efficacia retroattiva. Viceversa, hanno natura procedimentale e non sostanziale e soggiacciono perciò al principio “tempus regit actum”, le previsioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter del medesimo art. 12, che raddoppiano, rispettivamente, i termini di decadenza per la notificazione degli avvisi di accertamento basati sulla suddetta presunzione e quelli di decadenza e di prescrizione stabiliti per la notificazione degli atti di contestazione o di irrogazione delle sanzioni per l’omessa denuncia delle disponibilità finanziarie detenute all’estero, sicché esse si applicano anche per i periodi d’imposta precedenti alla loro entrata in vigore (il 1° luglio 2009), quando venga in rilievo la sottrazione alla tassazione di redditi esportati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, indipendentemente dalla applicabilità della presunzione legale di cui all’art. 12, comma 2 (così Cass. V, n. 29632/2019, ma nello stesso senso, altresì, Cass. T., n. 2990/2024).
Peraltro, laddove la presunzione non possa operare retroattivamente come presunzione qualificata, la detenzione di capitali all’estero -non dichiarati- può rilevare come presunzione semplice su cui avrebbe potuto aprirsi il contraddittorio procedimentale che la contribuente ha rifiutato, rinunciando così solo in quella sedealla contestazione della prova offerta dall’Ufficio. Ed infatti, in tema di accertamento tributario, sebbene la presunzione di evasione sancita dall’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, conv., con modif., dalla l. n. 102 del 2009, con riferimento all’omessa dichiarazione di investimenti e attività di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, non sia suscettibile di essere applicata retroattivamente agli anni di imposta
antecedenti alla sua entrata in vigore (prevista dal 1 luglio 2009), stante la natura sostanziale e non procedimentale delle presunzioni, l’Ufficio può ricorrere ai medesimi fatti oggetto della suddetta presunzione legale (redditi non dichiarati occultamente detenuti in Paesi a fiscalità privilegiata) “sub specie” di presunzione semplice. (Nella specie, il giudice di merito aveva correttamente affermato l’utilizzabilità in astratto della c.d. “lista COGNOME” come elemento indiziario idoneo a integrare presunzione semplice, sebbene ne avesse escluso il valore probatorio sulla base degli ulteriori elementi di fatto acquisiti) (cfr. Cass. V, n. 33893/2019).
In limine , stante l’autonomia degli anni di imposta ed il carattere valutativo -non accertativo di un fattodell’ordinanza n.14834/2021 di questa Corte, il prefato precedente richiamato da parte contribuente è coerente con quanto qui affermato, trattato, nell’affermare il carattere sostanziale dell’art. 12, secondo comma, d.l. n. 78/2009, giustamente affinato, precisando il carattere procedimentale dei successivi commi 2 bis e 2 ter dello stesso articolo.
Il primo motivo non può pertanto essere accolto, ponendosi la sentenza in scrutinio in linea con quanto affermato da questa Suprema Corte di legittimità.
Né può essere accolto il secondo motivo, laddove lamenta il mancato recapito dell’invito a comparire, nonché la carenza di motivazione degli atti impositivi.
Ed infatti, l’art. 32 del D.P.R. n. 600/1973 indica l’invito a comparire come una possibilità in capo all’Ufficio, non un dovere. Per contro, risulta non controverso in atti (pag. 6 della sentenza in scrutinio) che la parte contribuente abbia ricevuto l’avviso di accertamento e l’irrogazione delle sanzioni nel suo domicilio in Ciad, come risultante dall’AIRE. Gli atti contenevano tutti gli elementi necessari a spiegare le difese che poi sono state effettivamente approntate dalla parte contribuente, fin dal primo grado di giudizio. In questo senso, in tema di atto amministrativo finale di imposizione
tributaria, la motivazione “per relationem”, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza dell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima, per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio. (Sez. V, n. 30560 del 2017 (Rv. 646303 – 01; in termini analoghi Sez. V, n. 28060 del 2017, Rv. 646225).
Neppure il secondo motivo può essere accolto.
Né miglior sorte ha il terzo motivo, laddove nega valore presuntivo al documento trasmesso dalla Procura della Repubblica ed elaborato dall’Ufficio, ricavando i soggetti che avevano rapporti bancari in Svizzera. Se è vero, infatti, che la presunzione legal e di cui all’art. 12 più volte citato non ha valenza retroattiva, non è men vero che tale documento costituisce presunzione semplice, capace di invertire l’onere della prova, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale sopra citato trattando del primo motivo di ricorso.
In definitiva, il ricorso è infondato e dev’essere rigettato. Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corre rigetta il ricorso. Condanna la parte contribuente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in €.duemilatrecento/00, oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 05/02/2025.