Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6217 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6217 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 09/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 17938/2022, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata a ROMA, in INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa, per procura speciale allegata al controricorso, dall’ Avv . NOME COGNOME presso lo studio del quale ha eletto domicilio in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 56/2022 della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 5 gennaio 2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19 febbraio 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
1. Con distinti ricorsi, NOME COGNOME impugnò innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma tre avvisi di accertamento con i quali venivano ripresi a tassazione maggiori redditi in relazione agli anni di imposta 2008, 2009 e 2010.
Il recupero scaturiva dall’accertamento, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 600/1973, di redditi provenienti da interessi attivi su un conto corrente bancario che la COGNOME risultava avere intestato presso un istituto di credito sammarinese; rispetto a tali redditi, derivanti da attività di lavoro e maturati su somme detenute all’estero, vigeva infatti la presunzione di evasione stab ilita dall’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78/2009, conv. nella l. n. 102/2009.
I ricorsi della contribuente furono respinti con le sentenze nn. 9893, 9897 e 9899/2018 della C.T.P., che la predetta appellò innanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio.
Quest’ultima, riuniti gli appelli, li accolse.
2. I giudici regionali osservarono in premessa che la COGNOME aveva dichiarato i redditi in questione mediante la compilazione del quadro RL15 -e non del diverso quadro RW, come stigmatizzato dall’Amministrazione in quanto si trattava di compensi di natura lavorativa, e che tale argomento non era stato ritenuto persuasivo dai giudici di primo grado in quanto gli importi dichiarati non corrispondevano alle somme che, dall’esame della movimentazione bancaria, risultavano essere state versate sul suo conto corrente estero.
Ritennero, tuttavia, di doversi discostare da tale posizione, assumendo che non fosse inverosimile « che tale non corrispondenza derivi unicamente dalla circostanza che i compensi percepiti dalla
contribuente in San Marino ed accreditati sul conto corrente acceso in suo nome presso la locale Cassa di Risparmio, siano stati poi dichiarati al Fisco italiano al netto dei rimborsi delle spese sostenute per raggiungere la sede della società e per i relativi soggiorni ».
La sentenza d’appello è stata impugnata dall’Agenzia delle entrate con ricorso per cassazione affidato a un unico motivo. L’intimata ha resistito con controricorso.
Considerato che:
Occorre preliminarmente rilevare che, nella procura alle liti allegata al controricorso, la sentenza impugnata è individuata con diverso numero progressivo.
Tale non corrispondenza, tuttavia, appare riconducibile ad un mero errore materiale e non incide sulla validità della procura (nonché, in via derivata, su quella del controricorso stesso), potendosi desumere dalla stessa un numero sufficiente di elementi c he riferiscono l’atto al presente giudizio di cassazione, secondo le indicazioni desumibili da Cass. Sez. U, n. 36057/2022.
Ciò premesso, e passando all’esame del ricorso, l’unico motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78/2009 e degli artt. 2727, 2729, 2729 e 2697 cod. civ.
La sentenza impugnata è criticata nella parte in cui ha ritenuto che la contribuente avesse superato la presunzione legale stabilita in favore dell’Amministrazione; sul punto, infatti, i giudici d’appello avrebbero fatto ricorso a una semplice massima di esperienza, dal carattere meramente congetturale.
Il motivo non è fondato.
3.1. L’art. 12 del d.l. n. 78/2009, come convertito, stabilisce che gli investimenti e le attività finanziarie nei cd. ‘ paradisi ‘ fiscali devono presumersi costituiti con redditi sottratti a tassazione, salva la prova contraria, che va fornita dal contribuente.
Tale norma ha, introdotto, pertanto, una presunzione relativa di evasione; ad essa, com’è noto, questa Corte ha riconosciuto natura sostanziale, con conseguente divieto della sua applicazione a fatti anteriori al 2009, anno della sua entrata in vigore (cfr., fra le numerose altre, Cass. n. 2990/2024; Cass. n. 29632/2019; Cass. n. 27845/2018; Cass. n. 2662/2018 ), rispetto ai quali l’ Ufficio è comunque abilitato a ricorrere ai medesimi fatti oggetto della suddetta presunzione sub specie di presunzione semplice. (Cass. n. 18061/2024; Cass. n. 2990/2024; Cass. n. 6570/2021; Cass. n. 33893/2019).
3.2. Secondo l’Amministrazione, in coerenza con il quadro appena tracciato, il fatto che la contribuente avesse percepito del denaro nella Repubblica di San Marino costituiva circostanza idonea a supportare la presunzione semplice di evasione per l’anno 2008 e per fondare la presunzione relativa per le due annualità successive.
A fronte di tale rilievo, la contribuente ha evidenziato di aver dichiarato il denaro ricevuto come reddito da lavoro, documentando di essere stata impiegata presso la Repubblica di San Marino come rappresentante di prodotti cosmetici e di non avere altre fonti di reddito.
Tale ultima circostanza è stata ritenuta, dai giudici d’appello , idonea a vincere le richiamate presunzioni; gli stessi giudici hanno poi superato l’ulteriore argomento erariale -che faceva leva sulla non corrispondenza fra importi dichiarati e importi risultanti sul conto corrente -con il rilievo in base al quale gli importi dichiarati non tenevano conto di quanto percepito dalla Munzi a titolo di rimborso delle spese di viaggio e soggiorno.
Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, tale argomento non ha costituito una mera congettura, bensì l’ inferenza di una circostanza di fatto fondata sul complessivo apprezzamento dei dati
probatori, e in particolare dal rilievo dell’insussistenza di ulteriori fonti di reddito per la contribuente che, pertanto, assai verosimilmente percepiva il rimborso delle spese di viaggio e soggiorno necessarie a svolgere la sua unica attività lavorativa.
Non sussiste, conseguentemente, la denunziata violazione dei criteri di riparto dell’onere probatorio nella materia qui in esame; né la ricorrente potrebbe in altro modo contestare l’apprezzamento operato dai giudici d’appello senza sollecitare una forma di sindacato estranea al giudizio di legittimità.
4. Il ricorso va dunque respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Poiché la parte soccombente è una pubblica amministrazione patrocinata dall’Avvocatura generale dello Stato, non si dà luogo alla condanna al pagamento del cd. doppio contributo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in € 2.300,00, oltre € 200,00 per esborsi, al 15% a titolo di rimborso forfetario e agli oneri accessori Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2025.