Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6408 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6408 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12053/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE con domicilio digitale eletto all’indirizzo PEC: EMAIL
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 2524/2020 depositata il 02/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/02/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il nome della contribuente NOME NOME risultava fra quelli indicati dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano in una più ampia lista di detentori di capitali all’estero. Risultando intestataria dal 2003 di un conto corrente presso l’istituto elvetico Credit Suisse, mai esposto al fisco e senza compilare il quadro RW per l’anno di imposta 2008. La contribuente era invitata a rendere chiarimenti all’Ufficio, invito però rimasto senza seguito. Donde veniva emesso avviso di accertamento per il maggior reddito occulto e sanzione amministrativa per la scorretta compilazione della denuncia dei redditi.
I gradi di merito erano favorevoli alla parte contribuente, fondamentalmente sull’assunto trattarsi di norme non capaci di retroattività e, per l’effetto, esitando in integrale annullamento dell’attività impositiva e dell’irrogazione delle sanzioni.
Ricorre per cassazione l’Avvocatura generale dello Stato, affidandosi a tre motivi, cui replica la parte contribuente, spiegando tempestivo controricorso.
CONSIDERATO
Vengono proposti tre motivi di ricorso.
Con il primo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360 numero 3 del codice di procedura civile per violazione e falsa applicazione dell’articolo 12, comma 2ter , del decreto-legge numero 78 del 2009, nonché dell’articolo 5 del decreto-legge numero 167 del 1990.
Nella sostanza si lamenta che il collegio di secondo grado abbia trattato unitariamente il precitato articolo 12, ritenendolo generalmente non applicabile in via retroattiva, senza operare una distinzione all’interno dei vari commi, fra norme sostanziali e norme processuali.
Con il secondo motivo si prospetta ancora la censura ai sensi dell’articolo 360 numero 3 del codice di procedura civile per violazione dell’articolo 12, secondo comma, del decreto-legge numero 78 del 2009, nonché dell’articolo 115 del codice di procedura civile, nonché degli articoli 2697, 2727, 2729 e 2909 del codice civile.
Nella sostanza si critica la sentenza impugnata perché ha dedotto -dalla natura sostanziale del citato articolo 12, secondo comma, del decreto-legge numero 78 del 2009- l’impossibilità per l’Ufficio di desumere redditi occulti detenuti all’estero anche per l’anno d’imposta 2008 di cui qui è controversia, disconoscendo ogni rilevanza di indizio o di presunzione alle risultanze documentali tramesse dalla Procura della Repubblica di Milano alla compente Agenzia delle entrate.
Con il terzo motivo si prospetta ancora censura ai sensi dell’articolo 360 numero 3 del codice di rito civile per violazione e falsa applicazione dell’articolo 6 del decreto-legge numero 167 del 1990.
Nella sostanza, in disparte il valore sostanziale o processuale del citato articolo 12, secondo comma, del decreto-legge numero 78 del 2009, non è stata considerata la disposizione del 1990, pacificamente applicabile al caso di specie, ove presume fruttiferi in misura pari al tasso ufficiale medio di sconto vigente in Italia quei capitali che siano detenuti all’estero, per il periodo di loro permanenza, da cui la relativa ripresa a tassazione.
I primi due motivi possono essere trattati congiuntamente in ragione della loro particolare connessione, trattando dell’efficacia sostanziale o processuale del citato articolo 12 del decreto-legge numero 78 del 2009.
La questione è già stata affrontata più volte da questa Suprema Corte di legittimità.
La presunzione di evasione stabilita, con riguardo agli investimenti e alle attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a
regime fiscale privilegiato, dall’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, conv., con modif., dalla l. n. 102 del 2009, in vigore dal 1° luglio 2009, non ha natura procedimentale ma sostanziale – sia perché le norme in tema di presunzioni sono collocate, nel codice civile, tra quelle sostanziali, sia perché una diversa interpretazione potrebbe pregiudicare, in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., l’effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione – con la conseguenza che essa non ha efficacia retroattiva. Viceversa, hanno natura procedimentale e non sostanziale e soggiacciono perciò al principio “tempus regit actum”, le previsioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter del medesimo art. 12, che raddoppiano, rispettivamente, i termini di decadenza per la notificazione degli avvisi di accertamento basati sulla suddetta presunzione e quelli di decadenza e di prescrizione stabiliti per la notificazione degli atti di contestazione o di irrogazione delle sanzioni per l’omessa denuncia delle disponibilità finanziarie detenute all’estero, sicché esse si applicano anche per i periodi d’imposta precedenti alla loro entrata in vigore (il 1° luglio 2009), quando venga in rilievo la sottrazione alla tassazione di redditi esportati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, indipendentemente dalla applicabilità della presunzione legale di cui all’art. 12, comma 2 (così Cass. V, n. 29632/2019, ma nello stesso senso, altresì, Cass. T., n. 2990/2024).
Peraltro, laddove la presunzione non possa operare retroattivamente come presunzione qualificata, la detenzione di capitali all’estero -non dichiarati- può rilevare come presunzione semplice su cui avrebbe potuto aprirsi il contraddittorio procedimentale che la contribuente ha rifiutato, rinunciando così solo in quella sedealla contestazione della prova offerta dall’Ufficio. Ed infatti, in tema di accertamento tributario, sebbene la presunzione di evasione sancita dall’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, conv., con modif., dalla l. n. 102 del 2009, con riferimento
all’omessa dichiarazione di investimenti e attività di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, non sia suscettibile di essere applicata retroattivamente agli anni di imposta antecedenti alla sua entrata in vigore (prevista dal 1 luglio 2009), stante la natura sostanziale e non procedimentale delle presunzioni, l’Ufficio può ricorrere ai medesimi fatti oggetto della suddetta presunzione legale (redditi non dichiarati occultamente detenuti in Paesi a fiscalità privilegiata) “sub specie” di presunzione semplice. (Nella specie, il giudice di merito aveva correttamente affermato l’utilizzabilità in astratto della c.d. “lista COGNOME” come elemento indiziario idoneo a integrare presunzione semplice, sebbene ne avesse escluso il valore probatorio sulla base degli ulteriori elementi di fatto acquisiti) (cfr. Cass. V, n. 33893/2019).
Ne consegue che tale contraddittorio probatorio, svoltosi nel giudizio, avrebbe dovuto essere valutato dal giudice di merito, che invece ha ritenuto nella sua interezza come sostanziale la disposizione di cui all’articolo 12 del decreto-legge numero 78 del 2009, annullando integralmente la ripresa a tassazione e l’irrogazione della sanzione.
Infatti, ai sensi dell’articolo 12, comma 2ter , del più volte citato decreto-legge numero 78 del 2009, alla parte contribuente è stata irrogata sanzione per la mancata esposizione al fisco delle somme detenute all’estero, profilo sanzionatorio che ha chiaramente natura retroattiva, come sopra argomentato.
I primi due motivi sono quindi fondati.
Fondato è altresì il terzo motivo. Non vi è dubbio circa l’applicabilità al caso in esame delle disposizioni di cui all’articolo 6 del decreto-legge numero 167 del 1990 ove presume fruttiferi i capitali detenuti all’estero secondo un tasso di interesse uguale a quello che era vigente in Italia all’epoca dei fatti. Pertanto, ben poteva essere ripresa a tassazione, in ogni caso, la maggior somma conseguente ai frutti dei capitali detenuti all’estero dalla parte
contribuente nell’anno 2008, fruendo di un’attività di accertamento capace di retroattività. Donde, ancora una volta, risulta errata la sentenza in scrutinio che ha travolto ogni attività amministrativa ed impositiva nella fattispecie all’esame.
In definitiva, il ricorso è fondato e merita accoglimento la sentenza deve essere cassata con rinvio al giudice di merito perché si attenga ai superiori principi sopra enucleati, valutando la consistenza del carattere presuntivo delle prove offerte dall’Amministrazione finanziaria per la ripresa a tassazione del maggiore reddito da capitali detenuti all’estero.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 05/02/2025.