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Presunzione distribuzione utili: socio uscente risponde?

La Corte di Cassazione ha chiarito che la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili in una società a ristretta base sociale si applica anche al socio che cede le proprie quote quasi alla fine dell’anno d’imposta. Con l’ordinanza in esame, la Corte ha annullato la decisione di merito, ribadendo che spetta al contribuente dimostrare che tali utili non sono stati distribuiti ma reinvestiti, data la sua partecipazione alla vita sociale per quasi tutto l’anno.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

La presunzione di distribuzione utili vale anche per il socio uscente

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande interesse per le società a ristretta base sociale: la presunzione distribuzione utili extracontabili. La pronuncia chiarisce che tale presunzione opera anche nei confronti del socio che ha ceduto le proprie quote quasi alla fine dell’anno d’imposta, ponendo su di lui l’onere di dimostrare la mancata percezione di tali profitti.

I Fatti del Caso: Cessione di Quote e Accertamento Fiscale

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato a un contribuente per l’anno d’imposta 2009. L’Agenzia delle Entrate aveva rideterminato il suo reddito sulla base dei maggiori ricavi accertati nei confronti di una S.r.l., di cui il contribuente era stato socio al 50%. La particolarità del caso risiedeva nel fatto che il socio aveva ceduto la sua intera partecipazione il 30 dicembre 2009, ossia il penultimo giorno dell’esercizio sociale.

Il contribuente si opponeva all’accertamento, sostenendo di non poter essere ritenuto responsabile per utili la cui esistenza e quantificazione sarebbero state determinate solo l’anno successivo e di essere uscito dalla compagine sociale proprio a causa di dissidi interni.

Il Percorso Giudiziario e la Presunzione Distribuzione Utili

Dopo un primo grado sfavorevole, la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello del contribuente. I giudici di secondo grado avevano ritenuto che il socio avesse fornito prove sufficienti a vincere la presunzione, come le dimissioni da amministratore l’anno precedente e la richiesta di scioglimento del vincolo societario. Avevano concluso che, avendo ceduto le quote prima della chiusura dell’esercizio, non potesse conoscere il risultato della gestione.

L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione delle norme sulla presunzione di distribuzione degli utili e sull’onere della prova.

La Decisione della Cassazione e l’Onere della Prova

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Amministrazione finanziaria, ribaltando la decisione regionale. Il punto centrale della motivazione risiede nel consolidato principio secondo cui, nelle società di capitali a ristretta base sociale, si presume che gli eventuali utili extracontabili accertati siano stati distribuiti ai soci. Questo perché la struttura stessa della società, con pochi soci spesso legati da vincoli stretti, implica un reciproco controllo e una conoscenza approfondita degli affari sociali.

La Corte ha sottolineato che per superare tale presunzione, non è sufficiente addurre dissidi interni o dimostrare di aver ceduto le quote. Il contribuente ha l’onere di fornire la prova positiva che i maggiori redditi non siano stati distribuiti, ma siano stati accantonati o reinvestiti dalla società.

Utili di Bilancio vs Utili Extracontabili: una Distinzione Cruciale

Un aspetto fondamentale chiarito dalla Corte è la differenza di imputazione temporale tra utili di bilancio e utili occulti. Mentre i primi vengono imputati al socio nell’anno successivo a quello di produzione (dopo l’approvazione del bilancio), i secondi, proprio perché non ufficiali, si presumono distribuiti nello stesso periodo d’imposta in cui sono stati conseguiti. Pertanto, il fatto che il socio avesse partecipato alla vita sociale per 364 giorni su 365 nell’anno 2009 è stato ritenuto un elemento decisivo, poiché in quel periodo egli ha goduto dei diritti e avuto i doveri connessi alla sua qualità, incluso il controllo sulla gestione.

le motivazioni
La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione sul principio consolidato secondo cui la ristrettezza della compagine societaria crea un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo tra i soci. Questa situazione rende plausibile che tutti siano a conoscenza dell’esistenza di utili extra-bilancio e che partecipino alla loro distribuzione in proporzione alle rispettive quote. La Corte ha ritenuto errata la valutazione del giudice di merito, il quale non aveva dato il giusto peso a un fatto decisivo: la partecipazione del contribuente alla società per quasi l’intero anno d’imposta oggetto di accertamento. Fino al 30 dicembre, il socio non solo aveva diritto al godimento degli utili (anche quelli extracontabili), ma aveva anche l’onere, ai sensi dell’art. 2476 c.c., di esercitare il controllo sullo svolgimento degli affari sociali. La Suprema Corte ha specificato che la presunzione di distribuzione degli utili occulti opera nello stesso periodo d’imposta in cui questi vengono realizzati, a differenza degli utili di bilancio. Pertanto, la cessione delle quote il penultimo giorno dell’anno non è sufficiente a esonerare il socio dall’onere di provare la mancata distribuzione, dimostrando, ad esempio, il reinvestimento o l’accantonamento di tali somme tramite una valida delibera assembleare.

le conclusioni
In conclusione, l’ordinanza ha annullato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia di secondo grado della Puglia. Quest’ultima dovrà riesaminare il caso attenendosi ai principi enunciati, ovvero applicando correttamente la presunzione di distribuzione degli utili e valutando se il contribuente abbia fornito prove adeguate a superarla. La decisione rafforza la tutela degli interessi erariali e serve da monito per i soci di società a ristretta base: la semplice uscita dalla compagine sociale a ridosso della fine dell’esercizio non è uno scudo sufficiente contro le pretese del Fisco per gli utili in nero maturati durante la propria partecipazione.

La presunzione di distribuzione degli utili extracontabili si applica a un socio che cede le quote poco prima della fine dell’anno?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che la presunzione si applica. La partecipazione alla società per quasi l’intero anno d’imposta è un fatto decisivo, e il socio ha l’onere di provare che gli utili non gli sono stati distribuiti.

Cosa deve fare il socio di una società a ristretta base sociale per superare la presunzione di aver ricevuto utili in nero?
Il socio deve fornire la prova contraria, dimostrando che i maggiori redditi accertati alla società non sono stati distribuiti, ma sono stati accantonati o reinvestiti dalla società stessa. La semplice affermazione di conflitti interni o la cessione delle quote non è sufficiente.

Perché si fa una distinzione tra utili di bilancio e utili extracontabili ai fini della loro imputazione al socio?
Gli utili esposti in bilancio vengono imputati al socio nel periodo d’imposta successivo alla chiusura dell’esercizio. Al contrario, gli utili extracontabili (occulti) si presumono distribuiti nello stesso periodo d’imposta in cui sono stati conseguiti dalla società.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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