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Presunzione distribuzione utili: socio e società fallita

La Corte di Cassazione esamina due ricorsi collegati contro avvisi di accertamento. Il primo, di una socia unica, si basa sulla presunzione di distribuzione utili di una società a ristretta base; il secondo, del fallimento della stessa società, contesta il metodo di accertamento induttivo. La Corte dichiara estinto il giudizio della socia per adesione a definizione agevolata e rigetta il ricorso del fallimento, confermando che l’onere di provare l’inattendibilità della percentuale di ricarico usata dall’Agenzia delle Entrate spetta al contribuente.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Presunzione distribuzione utili: la Cassazione decide su socio e società fallita

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, affronta il tema della presunzione distribuzione utili in una società di capitali a ristretta base sociale, esaminando due ricorsi distinti ma connessi: quello della socia unica e quello del curatore fallimentare della società. La pronuncia chiarisce importanti principi sull’onere della prova in caso di accertamento induttivo e sugli effetti della definizione agevolata sul processo tributario.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da due avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate per l’anno d’imposta 2011. Il primo avviso era diretto a una società a responsabilità limitata unipersonale, nel frattempo fallita, e contestava maggiori ricavi determinati in via induttiva a causa di gravi irregolarità contabili. L’amministrazione finanziaria aveva ricostruito i ricavi applicando la percentuale di ricarico media desunta dal bilancio dell’anno precedente.

Il secondo avviso di accertamento era stato notificato alla socia unica e liquidatrice della società. In base alla presunzione distribuzione utili applicabile alle società a ristretta base sociale, l’Agenzia le aveva imputato un maggior reddito da partecipazione corrispondente ai ricavi accertati in capo alla società.

Contro tali atti, sia il curatore fallimentare della società che la socia avevano proposto ricorso. La Commissione Tributaria Regionale aveva riunito i giudizi e respinto entrambi gli appelli, accogliendo però un appello incidentale dell’Agenzia e rideterminando il reddito della socia.

Avverso tale decisione, la socia e il curatore hanno proposto distinti ricorsi per cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha deciso i due ricorsi in modo differente, data la diversità delle posizioni processuali.

1. Ricorso della Socia: Il giudizio è stato dichiarato estinto. Nelle more del processo, la contribuente aveva aderito alla definizione agevolata dei carichi fiscali (cd. ‘rottamazione’), pagando le rate previste. Tale adesione, perfezionatasi con il versamento, ha l’effetto di chiudere la lite pendente, senza una pronuncia nel merito.

2. Ricorso del Fallimento: Il ricorso, qualificato come incidentale, è stato rigettato. La Corte ha ritenuto inammissibili le censure del curatore, che si limitavano a contestare l’entità della ripresa fiscale e, in particolare, l’applicazione della percentuale di ricarico dell’anno precedente, senza mettere in discussione i presupposti dell’accertamento induttivo.

Le Motivazioni della Corte sulla presunzione distribuzione utili

Le motivazioni fornite dalla Cassazione sono cruciali per comprendere la logica dietro le due decisioni. Per quanto riguarda il ricorso del fallimento, la Corte ha ribadito un principio consolidato in materia di accertamento induttivo. Una volta che l’Amministrazione Finanziaria dimostra la presenza di gravi irregolarità contabili che giustificano l’accertamento ‘puro’, l’onere della prova si sposta sul contribuente. Quest’ultimo non può limitarsi a una generica contestazione del metodo utilizzato dall’ufficio, ma deve fornire elementi concreti per dimostrare l’infondatezza della pretesa fiscale.

Nel caso specifico, contestare la percentuale di ricarico del 2010 applicata al 2011 non era sufficiente. Secondo la Corte, le percentuali di ricarico di anni precedenti costituiscono validi elementi indiziari. Spettava alla società fallita, in virtù del principio di vicinanza della prova, dimostrare che mutamenti nel mercato o nell’attività aziendale giustificassero una marginalità diversa e inferiore. La semplice affermazione di una ‘crisi aziendale’ non è stata ritenuta una prova sufficiente se non si traduce nella concreta cessazione di ogni attività.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre spunti di riflessione pratici. In primo luogo, rafforza la validità della presunzione distribuzione utili ai soci in società a ristretta base, un meccanismo che consente al Fisco di recuperare imposte non solo dalla società ma anche personalmente dai suoi membri. In secondo luogo, sottolinea la difficoltà per il contribuente di superare un accertamento induttivo: è necessario fornire prove specifiche e documentate, non bastando critiche generiche al metodo presuntivo dell’Agenzia. Infine, la vicenda della socia dimostra come gli strumenti di definizione agevolata possano rappresentare una valida strategia per chiudere contenziosi fiscali pendenti, sebbene comportino la rinuncia a una decisione nel merito.

In una società a ristretta base sociale, i maggiori ricavi accertati si presumono distribuiti ai soci?
Sì, la sentenza conferma la legittimità della presunzione secondo cui i maggiori ricavi o utili extracontabili accertati in capo a una società di capitali a ristretta base sociale si considerano distribuiti ai soci, i quali vengono di conseguenza tassati per il loro reddito da partecipazione.

Come può un contribuente contestare efficacemente un accertamento induttivo?
Non è sufficiente criticare genericamente il metodo usato dall’Agenzia delle Entrate, come la percentuale di ricarico applicata. Il contribuente ha l’onere di dimostrare, con dati ed elementi concreti, l’infondatezza della ricostruzione dei ricavi, provando ad esempio cambiamenti nel mercato o nella propria attività che giustifichino risultati economici diversi.

Qual è l’effetto dell’adesione a una definizione agevolata (rottamazione) su un processo tributario in corso?
L’adesione a una definizione agevolata, una volta perfezionata con il pagamento della prima o unica rata, determina l’estinzione del giudizio pendente. La Corte, preso atto del perfezionamento della procedura, dichiara il processo estinto senza decidere sul merito della controversia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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