Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28303 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28303 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13861/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, ex lege domiciliata in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE DELLO RAGIONE_SOCIALE (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO BASILICATA n. 349/2023 depositata il 20/12/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/10/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Sig. NOME COGNOME partecipava della RAGIONE_SOCIALE a ristretta base, operante in agro potentino-materano, di cui deteneva il 60%, il restante 40% interamente in mano di unico altro socio.
Sull’anno di imposta 2014 la società era accertata per maggior reddito di €.125.049,00, con provvedimento impositivo divenuto inoppugnabile.
Sulla presunzione di ripartizione fra i soci del maggior reddito occulto, veniva emanato conseguente avviso di accertamento in capo al socio NOME COGNOME, in proporzione alla quota di capitale sociale a lui intestata.
L’atto era avversato avanti il giudice di prossimità sull’assunto che il contribuente aveva ceduto le proprie quote il 28 febbraio 2015, in momento antecedente l’approvazione del bilancio 2014, quando i maggiori utili potevano essere stati reinvestiti; non aveva mai gestito l’attività sociale; era mero socio finanziatore; aveva rapporti conflittuali con l’altro socio.
I gradi di merito erano favorevoli al contribuente, sull’assunto principalmente che avesse ceduto le proprie quote prima dell’approvazione del bilancio relativo all’esercizio in cui i maggiori redditi sarebbero stati generati.
Avverso questa sentenza ricorre per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE, con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, affidandosi ad unico motivo di impugnazione, cui replica la parte contribuente con tempestivo controricorso, ulteriormente illustrato con memoria depositata in prossimità dell’adunanza.
CONSIDERATO
Viene proposto unico motivo di ricorso.
1.1. Con l’unico motivo si prospetta censura ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 del codice di procedura civile, per violazione degli
articoli 38, terzo comma, e 41 bis del d.P.R. n. 600/1973 e per falsa applicazione degli articoli 2433 e 2478 bis del codice civile.
Nella sostanza, si lamenta la sentenza sia errata perché ha negato l’operatività della presunzione di distribuzione extracontabile degli utili per la sola ragione che il socio aveva ceduto la quota sociale prima dell’approvazione del bilancio relativo agli utili de quibus, con ciò trascurando che la presunzione in esame riguarda utili: a) che la società ha omesso di contabilizzare e di dichiarare all’Erario; b) di cui si presume non la distribuzione formale all’esito del bilancio, ma l’appropriazione dirett a ed extracontabile da parte dei soci.
Devono essere preliminarmente esaminate le eccezioni di inammissibilità del ricorso opposte dalle difese di parte contribuente. Esse si sostanziano nella dichiarata per accertata assenza di complicità fra i soci, elemento necessario per operare la distribuzione di utili extracontabili, nonché nell’assoluta estraneità del contribuente COGNOME alle vicende societarie e tantomeno alla sua conduzione. Tali accertamenti sarebbero avvenuti in sede di primo grado e non impugnati in secondo.
2.1. Le eccezioni non possono essere accolte. Per effetto devolutivo dell’appello , che ha contestato anche i profili di estraneità del ricorrente (cfr. stralci dell’appello erariale, riportati a pag. 8 e ss. del ricorso), la ratio decidendi della sentenza in scrutinio è data dalla mancata distribuzione degli utili 2014 prima dell’approvazione del bilancio, avvenuta in una data del 2015 successiva all’uscita del contribuente dalla compagine sociale.
Ciò, secondo il Patrono erariale, contrasta con la struttura di presunzione di distribuzione del maggior utile accertato, che si regge sui due presupposti di comune esperienza: 1) gli stretti rapporti fra un numero ristretto di soci, con conoscenza reciproca dei fatti societari; 2) la ripartizione del maggior utile, fuori dalle regole di contabilità formali e sulla base di reciproco consenso e fiducia nella
distribuzione della ricchezza occulta. Su questa base, sarebbe irrilevante l’uscita dal libro soci del contribuente nel febbraio 2015.
L’affinamento giurisprudenziale degli ultimi tempi in tema di presunzione di distribuzione di maggior reddito richiede una breve ricostruzione dello sviluppo dell’istituto.
3.1. Da tempo si è affermato che l’accertamento del maggior reddito nei confronti di società di capitali a ristretta base partecipativa legittima, anche nell’ipotesi di accertamento con adesione, la presunzione di distribuzione degli utili tra i soci, in quanto la stessa ha origine nella partecipazione e pertanto prescinde dalle modalità di accertamento, ferma restando la possibilità per i soci di fornire prova contraria rispetto alla pretesa dell’Amministrazione finanziaria dimostrando che i maggiori ricavi dell’ente sono stati accantonati o reinvestiti (cfr. Cass. V, n. 32959/2018; n. 24534/2017).
Con riguardo alla mancata delibera di approvazione del bilancio, è stato acquisto da tempo che in tema di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, nel caso di società a ristretta base familiare, è legittima la presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili, che, attesa la mancanza di una deliberazione ufficiale di approvazione del bilancio trattandosi di utili occulti, deve ritenersi avvenuta nello stesso periodo d’imposta in cui gli stessi sono stati conseguiti (cfr. Cass. V., n. 25468/2015).
Altresì, proprio con riguardo al caso che ci occupa, ove l’odierna parte contribuente è rimasto socio per tutto l’esercizio 2014, è già stato di recente affermato che in tema di redditi prodotti da società di capitali a ristretta base partecipativa, qualora nel corso di un esercizio sia mutata la compagine sociale, con il subentro di un socio nella posizione giuridica di un altro, gli utili extra bilancio vanno imputati esclusivamente a colui che rivesta la qualità di socio al momento della chiusura dell’esercizio sociale, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili, e non già al socio uscente
ed a quello subentrante in relazione alla durata della rispettiva partecipazione alla società nel corso dell’esercizio, poiché la maturazione del reddito non è continua ed uniforme nel tempo ed è impossibile una sua quantificazione frazionata (cfr. Cass. V, n. 21295/2022).
Peraltro, si è già avuto modo di chiarire che nel sistema processuale non esiste il divieto RAGIONE_SOCIALE presunzioni di secondo grado, in quanto lo stesso non è riconducibile né agli artt. 2729 e 2697 c.c. né a qualsiasi altra norma e ben potendo il fatto noto, accertato in via presuntiva, costituire la premessa di un’ulteriore presunzione idonea – in quanto a sua volta adeguata – a fondare l’accertamento del fatto ignoto (Cass., 01/08/2019, n. 20748). Infatti, la sussistenza nell’ordinamento del cosiddetto «divieto di presunzioni di secondo grado o a catena», è stata esclusa in quanto: « a) il principio praesumptum de praesumpto non admittitur (o «divieto di doppie presunzioni» o «divieto di presunzioni di secondo grado o a catena»), spesso tralaticiamente menzionato in varie sentenze, è inesistente, perché non è riconducibile né agli evocati artt. 2729 e 2697 cod. civ. né a qualsiasi altra norma dell’ordinamento: come è stato più volte e da tempo sottolineato da autorevole dottrina, il fatto noto accertato in base ad una o più presunzioni (anche non legali), purché “gravi, precise e concordanti”, ai sensi dell’art. 2729 cod. civ., può legittimamente costituire la premessa di una ulteriore inferenza presuntiva idonea -in quanto, a sua volta adeguata -a fondare l’accertamento del fatto ignoto (Cass. n. 18915, n. 17166, n. 17165, n. 17164, n. 1289, n. 983 del 2015);» (Cass., 16/06/2017, n. 15003, in motivazione, al § 3).’ (Cfr. Cass. V, 16/12/2019, n. 33042).
Tale indirizzo è stato confermato anche di recente, ove si è stabilito che in tema di società a ristretta base azionaria, per applicare la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili fra i soci, di cui all’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973,
non è necessario che tra i soci sussista un legame di parentela, né è ostativo che la società rivesta la natura di società per azioni, essendo sufficiente la ristrettezza della base sociale, che di norma implica in sé un elevato grado di compartecipazione dei soci, la conoscenza degli affari sociali e la consapevolezza dell’esistenza di utile extrabilancio (cfr. Cass. T., n. 7815/2025).
3.2. Due importanti arresti hanno delimitato i termini della questione.
Da un lato si è determinato che in tema di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, la validità dell’avviso in ordine a ricavi non contabilizzati, emesso a carico di società di capitali a ristretta base partecipativa, costituisce presupposto indefettibile per legittimare la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, con la conseguenza che l’annullamento dello stesso con sentenza passata in giudicato per vizi attinenti al merito della pretesa tributaria, avendo carattere pregiudicante, determina l’illegittimità dell’avviso di accertamento, notificato al singolo socio, che ipotizzi la percezione di maggiori utili societari, mentre non ha carattere pregiudicante l’annullamento per vizi del procedimento, che dà luogo ad un giudicato formale, e non sostanziale, difettando una pronuncia che revochi in dubbio l’accertamento sulla pretesa erariale (cfr. Cass. V, n. 752/2021; Cass. T., n. 2743/2025).
Dall’altro si è stabilito che in tema di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, la previsione di cui all’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973, legittima la presunzione di attribuzione pro quota ai soci degli utili extra bilancio prodotti da società di capitali a ristretta base azionaria, con la conseguente inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale non può limitarsi a denunciare la propria estraneità alla gestione e conduzione societaria, ma deve dimostrare -eventualmente anche ricorrendo alla prova presuntiva -che i maggiori ricavi non sono stati
effettivamente realizzati dalla società e che quest’ultima non li ha distribuiti, ma accantonati o reinvestiti, ovvero che degli stessi se ne è appropriato altro soggetto (cfr. Cass. T., n. 21158/2024).
In altri termini, la prova liberatoria richiesta al contribuente attiene alla dimostrazione di estraneità alla gestione o di diversa ripartizione degli utili occulti.
3.3. Su questo filone si è innestata l’importante pronuncia Cass. T., n. 26473/2024, ove si è affinato questo concetto, attinente alla prova liberatoria. In tema di imposte sui redditi, la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili, fondata sulla ristretta base partecipativa della società di capitali sottoposta ad accertamento, è superata dalla dimostrazione, a carico del socio, anche solo della sua estraneità assoluta alla gestione ed alla vita societaria, che non appare in contrasto con la ragione dell’operatività della presunzione, basata su una massima di comune esperienza per la quale dalla ristrettezza della base sociale deriva un elevato grado di compartecipazione dei soci alla gestione della società e di reciproco controllo tra gli stessi; ne consegue che, assolto detto onere probatorio da parte del socio, la suddetta massima di esperienza perde il suo rilievo probatorio e non consente più di ritenere legittima la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili in favore di tutti i soci (cfr. Cass. T., n. 26473/2024).
Guardando unicamente all’uscita di società del socio attinto dalla citata presunzione, la sentenza in scrutinio non si è attenuta ai sopra indicati principi, non ha indagato l’effettiva estraneità del socio alla gestione sociale, nel periodo precedente alla sua fuoriuscita, né ha raccolto ed evidenziato elementi probatori atti a corroborare l’assenza di un suo contributo volontario all’andamento societario.
Per queste ragioni la sentenza dev’essere cassata con rinvio al giudice di merito perché svolga gli accertamenti in fatto, in conformità ai sopra richiamati principi.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Basilicata, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 23/10/2025.
Il Presidente NOME COGNOME