Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4958 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4958 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21015/2016 R.G. proposto da :
COGNOME con l’Avvocato NOME COGNOME -ricorrente- contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’ Avvocatura Generale dello Stato
-resistente- avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 756/2016 depositata il 12/02/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre, con tre motivi, avverso la sentenza della CTR del Lazio indicata in epigrafe, che, rigettando l’appello, ha confermato la sentenza della CTP di Roma, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento relativo all’IRPEF per l’anno di imposta 2009.
La ripresa fiscale nei confronti del ricorrente si basa sull’avviso emesso nei confronti della RAGIONE_SOCIALE
2.1. Nella specie, l ‘Agenzia delle entrate di Roma, non avendo la predetta società presentato la dichiarazione dei redditi, né consegnato la documentazione successivamente richiesta dall’Ufficio , aveva proceduto alla ricostruzione induttiva del reddito sulla base dei dati contabili comunque risultanti dal bilancio. Di conseguenza, invocando la presunzione di distribuzione, pro quota, ai soci di società a ristretta base partecipativa del maggior reddito determinato, l’Ufficio ha accertato nei confronti di NOME COGNOME socio unico, il corrispondente maggior reddito, con recupero di maggiore Irpef per euro 49.663,00, oltre interessi e sanzioni.
L’Agenzia delle entrate ha depositato atto di costituzione per l’eventuale partecipazione alla discussione in pubblica udienza; ha quindi, in data 6 febbraio 2025, depositato memoria difensiva ex art. 380-bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, si rileva l’ammissibilità della memoria difensiva depositata nell’interesse dell’Amministrazione finanziaria resistente, che pur non ha provveduto a notificare e depositare il controricorso. Ha infatti affermato questa Corte che «in tema di rito camerale di legittimità ex art. 380-bis.1 c.p.c., relativamente ai ricorsi già depositati alla data del 30 ottobre 2016 e per i quali venga successivamente fissata adunanza camerale, la parte intimata che non abbia provveduto a notificare e a depositare il controricorso nei termini di cui all’art. 370 c.p.c. ma che, in base alla pregressa normativa, avrebbe ancora la possibilità di partecipare alla discussione orale, per sopperire al venir meno di siffatta facoltà può presentare memoria, munita di procura speciale, nei medesimi termini entro i quali può farlo il controricorrente, trovando in tali casi applicazione l’art. 1 del Protocollo di intesa sulla trattazione dei ricorsi presso le Sezioni civili della Corte di cassazione, intervenuto in data 15 dicembre 2016 tra il Consiglio Nazionale Forense,
l’Avvocatura generale dello Stato e la Corte di cassazione (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 6592 del 10/03/2021; Cass. n. 5508 del 2020). 2. Con il primo motivo di ricorso il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., la nullità della sentenza per omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c., deducendo la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, per avere omesso i giudici di appello di pronunciarsi su ll’ eccezione, sollevata dal ricorrente, di illegittimità dell’avviso di accertamento impugnato per non aver l’Ufficio proceduto all’instaurazione del contraddittorio preventivo obbligatorio.
2.1. La fondatezza della censura, rilevandosi che nulla ha argomentato la CTR in merito alla dedotta eccezione, non giova al ricorrente, dovendo questa Corte pronunciarsi sulle questioni il cui esame è stato omesso dal Giudice di appello, alla luce del principio consolidato (v., tra le altre di recente, Cass. 16/06/2023 n. 17416) per cui «Nel giudizio di legittimità, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c., una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può evitare la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito sempre che si tratti di questione di diritto che non richiede ulteriori accertamenti di fatto».
2.3. Nel caso di specie, la censura sollevata è infondata, non ravvisandosi l’obbligo per l’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale.
2.4. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che «in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto, purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non
abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito». Dunque «non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini Irpeg ed Irap, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini cd. a tavolino» (Cass. S.U. n. 24823/2015).
2.5. Nel caso di specie non vi era pertanto alcun obbligo di instaurazione del contraddittorio preventivo prima dell’emissione dell’avviso di accertamento, in quanto risulta circostanza pacifica che la verifica, avente ad oggetto le imposte dirette, non si è svolta presso i locali del contribuente.
Il motivo deve pertanto essere rigettato.
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 83 e 109 Tuir.
Lamenta il contribuente che la CTR abbia ritenuto legittima la determinazione del reddito societario effettuata dall’Agenzia delle entrate, ancorché col metodo induttivo, tenendo in considerazione i soli ricavi, ed omettendo il riconoscimento dei costi – regolarmente contabilizzati in bilancio – sostenuti per l’attività svolta.
3.1. Il motivo è infondato.
3.2. Nel caso di omessa dichiarazione da parte del contribuente, l’Amministrazione finanziaria, i cui poteri trovano fondamento nell’art. 41 del d.P.R. n. 600 del 1973 (c.d. accertamento d’ufficio), può ricorrere a presunzioni c.d. supersemplici, anche prive, cioè, dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, che comportano l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente.
3.3. Questa Corte (Cass. n. 2581 del 04/02/2021; di recente v. Cass. n. 31981 dell’ 11/12/2024 ) ha precisato che l’Amministrazione
finanziaria deve, comunque, determinare, sia pure induttivamente, i costi relativi ai maggiori ricavi accertati, senza che possano operare le limitazioni previste dall’art. 75 (ora 109) del d.P.R. n. 917 del 1986 in tema di accertamento dei costi, disciplinando tale norma la diversa ipotesi in cui una dichiarazione dei redditi, ancorché infedele, sia comunque sussistente.
L’Amministrazione finanziaria deve, quindi, ricostruire il reddito del contribuente tenendo conto anche delle componenti negative emerse dagli accertamenti compiuti ovvero, in difetto, determinarle induttivamente, al fine di evitare che, in contrasto con il principio della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., venga sottoposto a tassazione il profitto lordo, anziché quello netto.
3.4. Nel caso di specie, come evidenziato dallo stesso ricorrente, l’Amministrazione ha operato nel rispetto degli affermati principi, sottraendo dai componenti positivi – pari ad euro 388.429,00 – i costi per l’acquisto di materie prime indicati in bilancio, i costi del personale ed una percentuale di costi relativi ad altri servizi (ricorso, p. 3).
Con il terzo strumento di impugnazione il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2729 c.c.
Deduce, in particolare, il contribuente, che la CTR abbia errato nel valutare i ricavi comunque contabilizzati in bilancio alla stregua di utili extracontabili e occulti al fine di giu stificare l’applicazione della presunzione di distribuzione ai soci.
4.1. Il motivo è infondato.
4.2. Nel caso di specie, avendo la società omesso di presentare le dichiarazioni fiscali, il reddito accertato induttivamente ai sensi dell’art. 41 del d.P.R. n. 600 del 1973 è stato correttamente ritenuto soggetto alla presunzione di distribuzione.
4.3. La statuizione della CTR si conforma ai principi enunciati da questa Corte, secondo cui l’accertamento del maggior reddito nei
confronti di società di capitali a ristretta base partecipativa rende legittima la presunzione di distribuzione degli utili tra i soci, in quanto la stessa ha origine nella partecipazione e, pertanto, prescinde dalle modalità di accertamento, ferma restando la possibilità per i soci di fornire prova contraria, anche solo attraverso la dimostrazione della propria estraneità alla gestione e conduzione societaria (che consente di superare la presunzione fondata sulla massima di comune esperienza, per la quale dalla ristrettezza della base sociale deriva un elevato grado di compartecipazione dei soci alla gestione della società e di reciproco controllo tra i soci medesimi), senza necessità di dimostrare sempre, eventualmente anche ricorrendo alla prova presuntiva, che i maggiori ricavi non sono stati effettivamente realizzati dalla società e che quest’ultima non li ha distribuiti, ma accantonati o reinvestiti, ovvero che degli stessi se ne è appropriato altro soggetto (da ultimo Cass., Sez. T., sentenza n. 26473 del 10 ottobre 2024).
4.4. L’operatività del meccanismo presuntivo sopra richiamato non riguarda esclusivamente i ‘ricavi extracontabili’ (ossia, ricavi non contabilizzati in bilancio, poiché ‘ in nero ‘), ma piuttosto gli ‘utili extracontabili’: in essi rientrano pertanto anche gli utili maggiori rispetto a quelli dichiarati.
4.5. Non può, d’altro canto , come vorrebbe il ricorrente, ritenersi correttamente contabilizzato un utile che non transiti regolarmente prima nelle scritture contabili, quindi nel bilancio e, in ultimo -necessariamente -anche nella dichiarazione reddituale e IVA, la cui omessa presentazione, nel caso di specie ne comporta la integrale sottrazione alla legittima imposizione.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 4.100,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, com ma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 19/02/2025.