Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32843 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32843 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
Società di capitali – presunzione di distribuzione degli utili ai soci – prova contraria – oggetto – estraneità alla gestione societaria – sufficienza
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4095/2016 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale a margine del ricorso, da ll’ Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana, n. 1303/30/2015, depositata in data 15 luglio 2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L ‘Agente dell e Entrate di Pistoia, in data 21 dicembre 2011, notificava, per conoscenza, a NOME COGNOME l ‘avviso di accertamento
n. T8R070402063/2011, emesso nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE (in cui la contribuente deteneva il 9% delle quote sociale). L’Ufficio , a seguito di controllo eseguito sulla dichiarazione dei redditi modello Unico 2007 (per l’anno d’imposta 2006), contestava all a società l’indicazione di un costo ( Euro 3.352.237,00 nel rigo RS29 ‘oneri diversi di gestione’) non documentato, al fine di ridurre gli utili da bilancio. La società aveva, quindi, omesso di versare le ritenute alla fonte sugli utili accertati e distribuiti ai soci.
Successivamente, in data 3 gennaio 2013, Equitalia Sud s.p.a. notificava a NOME COGNOME la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA per importi iscritti a ruolo per effetto della definitività dell’avviso di accertamento suddetto, sulla base dell’art. 35 del d.P.R. n. 602/1973 (ovvero per essere la socia coobbligata in solido pur se nei limiti della ritenuta a lei riferibile).
La contribuente impugnava la cartella innanzi alla CTP di Pistoia, deducendo : a) l’illegittimità della pretesa tributaria in quanto basata sulla cd. supersolidarietà tributaria; b) la violazione del principio del contraddittorio, atteso che la cartella di pagamento non era stata preceduta da alcun invito e/o richiesta di documenti; c) il decorso del termine di decadenza previsto dall’art. 43 d.P.R. n. 600/1973; d) l’illegittimità della cartella e del ruolo perché i codici tributo non erano riferibili alla ricorrente; e) la violazione dell’art. 7 l. 212/2000 e dell’art. 42 d.P.R. n. 600/1973, per l’ome ssa allegazione alla cartella dei documenti in essa richiamati; f) l’insussistenza del vincolo solidale; g) l’illegittimo utilizzo della presunzione di distribuzione degli utili extrabilancio tra i soci; h) la mancata dimostrazione del momento della percezione degli utili; i) la violazione dell’art. 2697 cod.civ..
La CTP rigettava il ricorso, richiamando il costante orientamento di questa Corte in materia di accertamento nei confronti di una società a ristretta base partecipativa e di presunzione di distribuzione degli utili ai soci.
Interposto gravame dalla contribuente, la Commissione tributaria regionale della Toscana rigettava l’appello evidenziando che l’accertamento a carico della società era divenuto definitivo e che la notifica dell’avviso alla contribuente aveva prodotto la conoscenza, in capo alla destinataria, della pretesa tributaria dell’Ufficio. Rilevava, poi, che la società RAGIONE_SOCIALE andava qualificata ‘a ristretta base di partecipazione’ per essere i soci legati da stretto vincolo di parentela. Infine, in ordine all ‘eccepita estraneità della contribuente alla gestione societaria, la CTR evidenziava l’irrilevanza della circostanza ai fini fiscali, potendo al più fondare una pretesa risarcitoria della COGNOME nei confronti della società fiduciaria.
Avverso la decisione della Commissione Tributaria Regionale ha proposto ricorso per cassazione la contribuente, affidato ad otto motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 15 /11/2024. La ricorrente ha depositato, in data 31 ottobre-4 novembre 2024, la seguente documentazione, secondo la numerazione data dalla parte: 11) avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415bis c.p.c. nei confronti di NOME COGNOME in relazione al reato di cui all’art. 2625, commi 1 e 2, cod. civ.; 12) provvedimento di archiviazione del GIP; 13) atto di opposizione della ricorrente alla richiesta di archiviazione avanzata dal PM.
La ricorrente ha, infine, depositato, in data 5-6 novembre 2024, memoria ex art. 380bis1 cod. proc. civ. instando, tra l’altro, per la riduzione delle sanzioni irrogate alla luce della normativa più favorevole intervenuta nel 2015.
Considerato che:
Il ricorso è ammissibile atteso che i motivi in esso formulati sono conformi al dettato normativo di cui agli artt. 360 e 366 cod. proc. civ..
Deve, poi , dichiararsi l’ammissibilità della documentazione depositata in data 31/10-4/11 2024 trattandosi di atti tutti formati
successivamente alla proposizione del ricorso per cassazione; più precisamente, il ricorso risulta notificato il 19 febbraio 2016, gli atti depositati dalla ricorrente recano, rispettivamente, le seguenti date: 7 maggio 2016 (l’avviso di conclusione delle indagini), 8 febbraio 2017 (l’opposizione alla richiesta di archiviazione; la diversa data, 6 febbraio 2014, apposta in calce all’atto è frutto di un errore materiale, se si considerano il contenuto dell’atto, riferentesi a fatti successivi a detta data, e, soprattutto, la marca da bollo in calce al documento, datata 7 febbraio 2017, e la data manoscritta del deposito presso l’Ufficio GIP, 8 febbraio 2017) e 4 luglio 2017 (il decreto di archiviazione).
Con il primo strumento di impugnazione la contribuente lamenta la «violazione e falsa applicazione del principio del contraddittorio di cui al combinato disposto dell’art. 14 del D.Lgs. n. 546/92, dell’art. 40 del D.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 5 del D.P.R. n. 917/1986 (art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c.)». Sostiene che, vertendosi in ipotesi di litisconsorzio necessario, la mancata partecipazione della ricorrente al giudizio instaurato dalla società avverso l’avviso di accertamento avrebbe comportato la violazione del suo diritto di difesa; di qui, ‘la nullità dell’intero contenzioso promosso da parte della Sig.ra COGNOME
2.1. Il motivo, articolato in modo non adeguatamente puntuale, è inammissibile.
Invero, la contribuente pretende di far valere l’asserito vizio di difetto del contraddittorio nel giudizio instaurato dalla società avverso l’avviso di accertamento, nel presente giudizio, avente ad oggetto la cartella di pagamento notificata alla ricorrente, quale socia.
Ora, se pure in tesi sussistente, il detto vizio non potrebbe aver rilievo alcuno nel presente (e diverso) giudizio.
2.2. Il motivo, in disparte ogni considerazione sulla circostanza che chi rileva la violazione del litisconsorzio è la stessa parte che lo ha violato, è comunque infondato, atteso che nel caso di società di
capitali non sussiste il litisconsorzio necessario tra ente e soci, ma solo un rapporto di pregiudizialità dell’accertamento in capo alla società (accertamento che nella specie si sarebbe concluso con una decisione passata in giudicato favorevole all’Uffic io).
Inoltre, per la giurisprudenza pacifica di questa Corte tra sostituto d’imposta, la società, e sostituito, il socio , non sussiste litisconsorzio necessario (Cass. 11/08/2000, n. 10613; Cass. 18/09/2000, nn. 12339 e 12348; Cass. 23/05/2001, n. 7020; Cass. 02/04/2003, n. 5020; Cass. 25/06/2003, n. 10082; Cass. 08/04/2009, n. 8504).
3. Con il secondo strumento la contribuente deduce la «nullità della sentenza per omessa pronuncia in ordine all’applicazione della presunzione di distribuzione di utili extracontabili, in relazione al disposto dell’art. 132 cpc (art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c.)»; in particolare, difet terebbe la motivazione circa ‘il percorso logico -giuridico seguito dal Collegio di seconde cure per ritenere che la ristrettezza della base partecipativa di una società di capitali sia di per sé sufficiente a lasciar presumere che i maggiori utili accertati in capo alla società medesima siano stati effettivamente distribuiti fra i soci della stessa’ (pag. 23 del ricorso).
Il motivo è infondato.
3.1. La mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., e riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., si configura quando questa manchi del tutto -nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere, risultante dallo svolgimento del processo, segue l’enunciazione della decisione, senza alcuna argomentazione -ovvero nel caso in cui essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di conoscerla come giustificazione del decisum (Cass. 1/3/2022, n. 6626; Cass. 25/9/2018, n. 22598). Secondo la giurisprudenza di questa Corte la motivazione è solo «apparente» e la sentenza è nulla
quando benché graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U., 7/4/2014 n. 8053).
3.2. La sentenza gravata non è affetta da alcun vizio motivazionale, atteso che la CTR ha congruamente motivato circa l’esistenza di una società a ristretta base di partecipazione (per essere i soci legati da vincoli di parentela) e, per l’effetto, circa la presunzione di distribuzione degli utili tra i soci.
Con il terzo strumento la contribuente lamenta la «nullità della sentenza per omessa pronuncia in ordine all’applicazione della presunzione di distribuzione di utili extracontabili, in relazione al disposto dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c.)»; in particolare, lamenta l’illegittimità dell’atto di recupero fondato esclusivamente sulla presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili accertati in capo ad una società a ristretta base sociale, in assenza, cioè, di ulteriori ele menti, non forniti dall’Ufficio. La CTR avrebbe omesso di pronunciarsi sulla domanda della ricorrente volta alla declaratoria di illegittimità della cartella di pagamento, derivante dall’illegittimo utilizzo della presunzione de qua .
Anche questo motivo è infondato.
N ella specie non vi è stata un’omessa pronuncia su lle domande della contribuente, atteso che l’istanza di declaratoria di illegittimità derivata della cartella di pagamento è stata rigettata dalla CTR proprio per effetto della affermata legittim ità dell’ utilizzo della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili ai soci.
Con il quarto strumento di impugnazione la contribuente deduce la «violazione e falsa applicazione delle norme che regolano la presunzione di distribuzione fra i soci di utili extracontabili accertati in capo ad una società a ristretta base partecipativa, artt.
39 e 41 bis D.P.R. n. 600/1973 e art. 2697 c.c. (art. 360, n. 3 c.p.c.)». Afferma, in particolare, che il riferimento alla ristretta base societaria non legittimerebbe la presunzione di distribuzione ai soci del maggior reddito accertato in capo alla società, richiedendosi ulteriori riscontri presuntivi, gravi precisi e concordanti.
Il motivo è infondato.
La decisione della CTR, anche in parte qua , è conforme alla granitica giurisprudenza di legittimità.
5.1. In tema di accertamento delle imposte sui redditi nel caso di società di capitali che presenti una ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione (semplice) di attribuzione ai soci partecipanti alla società degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà per il contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non siano stati oggetto di distribuzione, ma siano stati, invece, accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti, non essendo comunque a tal fine sufficiente la mera deduzione che l’esercizio sociale ufficiale si sia concluso con perdite contabili ( ex multis , Cass. 22/11/2017, n. 27778; da ultimo, Cass. 06/06/2024, n. 15895/2024). Ciò vale anche nelle ipotesi di assenza di rapporti di parentela, in quanto la ristrettezza della base sociale implica di per sé un elevato grado di compartecipazione dei soci, e dunque la conoscenza degli affari sociali e la consapevolezza dell’esistenza di utile extrabilancio, consentendo di riconoscere sussiste nti, ai fini della prova presuntiva, i requisiti richiesti dall’art. 2729 cod. civ..
Tale meccanismo probatorio non si pone in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, in quanto il fatto noto non è dato dalla sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società, bensì dalla ristrettezza dell ‘assetto societario, che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale, con la conseguenza che, una volta ritenuta operante detta presunzione, spetta poi al contribuente fornire la prova contraria (Cass. 24/01/2019, n. 1947).
La detta presunzione, in altri termini, non va corroborata da altri elementi indiziari; in particolare non occorre che l’accertamento emesso nei confronti dei soci risulti fondato anche su elementi di riscontro tesi a verificare, attraverso l’analisi delle loro movimentazioni bancarie, l’intervenuto acquisto di beni di particolare valore, non giustificabili sulla base dei redditi dichiarati (Cass. 11/08/2020, n. 16913).
6. Con il quinto motivo la contribuente lamenta la «violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e delle norme in tema di riparto dell’onere probatorio nel processo tributario (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.)». Erroneamente la CTR avrebbe ritenuto irrilevante l’estraneità della contribuente alla ge stione societaria, richiedendo di contro la prova (diabolica) di non aver beneficiato della ripartizione degli utili extracontabili. Inoltre, nella specie la contribuente deteneva le quote della società Tor Vaianica pel tramite di una società fiduciaria (FIRC), per cui si trovava nella ‘più completa assenza di partecipazione’ alla gestione societaria.
Il motivo è infondato.
Questa Corte ha da tempo delimitato i confini della prova contraria che il socio deve fornire per vincere la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili: «il socio di una società di capitali a ristretta base partecipativa, al quale siano imputati i maggiori utili sociali extrabilancio, non può dolersi dell’accertamento effettuato nei confronti della società riproponendo doglianze ad esso riferibili, ma può unicamente eccepire che i maggiori ricavi non siano stati distribuiti, ma accantonati o reinvestiti dalla società, nonché dimostrare la propria estraneità alla gestione e conduzione societaria» (Cass. 10/10/2024, n. 26473 e Cass. 15/07/2024, n. 19357; conf. Cass. 18/02/2020, n. 3980 e Cass. 09/07/2018, n. 18042).
Nella specie la CTR non ha negato che l’estraneità della ricorrente alla gestione societaria e, in particolare, all’operazione da cui scaturì l’avviso di accertamento in capo all’ente, possa rilevare
quale prova contraria alla presunzione derivante dalla ristretta base societaria, ma ha piuttosto negato che detta estraneità possa configurarsi quando il socio, come nella specie, abbia affidato la gestione delle proprie quote ad una società fiduciaria.
Ora, la motivazione va senz’altro condivisa, soprattutto se si considera che l’odierna ricorrente era socia anche della società fiduciaria alla quale aveva dato mandato di gestire il proprio portafoglio. Eventuali infedeltà, omissioni od errori nella condotta della società fiduciaria non liberano la socia dalle proprie responsabilità, mantenendo essa il controllo della gestione delle partecipazioni nella RAGIONE_SOCIALE
7. Con il sesto motivo la ricorrente deduce la «violazione e falsa applicazione dell’art. 35 del D.P.R. n. 602/1973, in combinato disposto con gli artt. 3 e 24 Cost. (art. 360, n. 3 c.p.c.)». In particolare, eccepisce la nullità della cartella di pagamento in quanto non preceduta dalla notifica dell’avviso di accertamento, dovendo escludersi che la notifica dell’atto impositivo nei confronti di uno dei condebitori possa essere estesa anche ad altri soggetti, non raggiunti da quella pretesa. Nella specie la ricorrente aveva ricevuto ‘per conoscenza’ solo l’avviso di accertamento diretto alla società; in difetto della notifica di un avviso di accertamento ulteriore ed autonomo, la cartella impugnata sarebbe nulla.
Il motivo è infondato.
7.1. Come evidenziato dalla dottrina, nella sostituzione a titolo d’imposta il sostituto è l’unico debitore verso il fisco per l’imposta dovuta sul presupposto realizzato dal sostituito; pertanto, gli avvisi di accertamento per omessa effettuazione, omesso versamento e/o omessa dichiarazione delle ritenute possono essere notificati solo alla società-sostituto, non anche ai soci-sostituiti. Qualora divengano definitivi gli accertamenti notificati alla società, i soci-sostituiti possono essere iscritti a ruolo ai sensi dell’art. 35 d.P.R. n. 602/1973 e, dunque, essere coinvolti nella fase di riscossione, onde il rischio di essere chiamati al pagamento dell’importo delle ritenute omesse
alla fonte e chieste alla società in sede di accertamento. Sul piano della tutela processuale, i soci, una volta iscritti a ruolo ai sensi del cit. art. 35, sarebbero chiamati a soddisfare una pretesa impositiva fondata su un atto -l’avviso diretto alla società che non hanno mai ricevuto, perché non potevano esserne legittimi destinatari, fatta salva la loro possibilità di intervenire nel procedimento di accertamento avviato nei confronti della società-sostituto ex art. 64, comma 2, d.P.R. n. 600/1973, ed eventualmente nel relativo processo di impugnazione avviato dalla società ex art. 14 d.lgs. n. 546/1992. Laddove i soci non si avvalgano di tale facoltà, alla luce del fondamentale principio per cui non può essere opposta la definitività di un atto impos itivo ad un soggetto che non l’abbia mai ricevuto, tanto più che nel caso di specie non poteva esserne legittimamente destinatario, nel caso di coinvolgimento nella fase della riscossione il diritto dei soci a difendersi nel merito della pretesa è ineliminabile. Pertanto, alla cartella di pagamento eventualmente intestata e notificata ai soci in seguito all’iscrizione a ruolo ex art. 35 cit. dovrà sempre essere allegato, ai sensi dell’art. 7, comma 1, l. 212/2000, l’avviso di accertamento sulle ritenute not ificato alla società, ed anche l’avviso di accertamento (presupposto) relativo ai maggiori utili extracontabili prodotti dalla società, sempreché quest’ultimo atto impositivo non sia già allegato all’accertamento sulle ritenute o ivi riprodotto nel suo ‘contenuto essenziale’.
7.2. Ciò posto in termini generali, osserva la Corte che nella specie è pacifico che l’avviso di accertamento societario, sia pure per conoscenza, era stato notificato alla socia, odierna ricorrente, che quindi lo conosceva.
Premesso che in tema di solidarietà tributaria (quindi, nei limiti delle ritenute) la sentenza che respinga il ricorso non ha effetti nei confronti degli altri condebitori, ex art. 1306, comma 1, cod. civ. (cfr. Cass 15/12/2022, n. 36713), ai sensi dell’ar t. 35 cit. (ovvero nei limiti della responsabilità solidale per le ritenute), nel caso di specie ben poteva dunque essere notificato alla socia anche soltanto
la cartella, fermo restando il diritto di questa, quale condebitore solidale, di impugnarla e contestare nel merito di aver ricevuto tale reddito di partecipazione occulto, presupposto delle stesse ritenute (come ha fatto, ma senza vincere la presunzione di distribuzione degli utili).
Con il settimo motivo la contribuente lamenta la «violazione e falsa applicazione dell’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973 (art. 360, n. 3 c.p.c.)». Precisamente, erroneamente la CTR avrebbe rigettato l’eccezione di decadenza dell’Ufficio dal potere di accerta mento, ritenendo idoneo atto interruttivo la notifica dell’avviso di accertamento diretto alla società.
Il motivo è infondato.
Trattandosi di solidarietà ex lege , infatti, la notifica al condebitore solidale interrompe la decadenza anche nei confronti degli altri condebitori (Cass. 14/06/1995, n. 6729; Cass. 25/05/2017, n. 13248; Cass. 10/08/2022, n. 24582).
La CTR si è attenuta al detto principio, costantemente affermato da questa Corte, per cui la sentenza non è afflitta dal vizio denunciato.
Con l’ottavo (ed ultimo) motivo la ricorrente deduce la «nullità della sentenza per omessa pronunzia in violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione alla dedotta carenza assoluta di motivazione della cartella di pagamento notificata alla contribuente, in violazione degli artt. 7, comma 1, L. 212/2000 e 3, comma 1, L. 241/1990 (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.» . Precisamente, lamenta l’omessa decisione sulla eccepita nullità della cartella di pagamento per mancanza di motivazione, ritualmente avanzata nei gradi di merito.
Il motivo è infondato.
9.1. È noto che nel giudizio di legittimità la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali istanze
siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività delle questioni prospettatevi. Pertanto, non essendo detto vizio rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, quale giudice del “fatto processuale”, intanto può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi (Cass. 14/10/2021, n. 28072).
Nella specie la ricorrente ha trascritto nel corpo del ricorso le pagine dell’atto di gravame in cui aveva avanzato il motivo relativo alla nullità della cartella per difetto di motivazione; la CTR omette qualsiasi decisione, sul detto motivo, pur avendo il giudice di seconde cure ricostruito lo svolgimento del processo in termini non generici.
L’omissione, però, non integra il vizio denunciato, ovvero la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., atteso che alla luce del complessivo tenore della decisione nella specie ricorre un implicito rigetto dell’eccezione de qua .
9.2. I confini tra ‘omessa pronuncia’ (denunziabile con la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.) ed il ‘rigetto implicito’ sono stati tracciati da tempo da questa Corte; si è costantemente affermato che ricorre la statuizione implicita di rigetto di una dom anda o di un’eccezione quando la pretesa non espressamente esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logico -giuridica della pronuncia, nel senso che la domanda o l’eccezione, pur se non espressamente trattate, siano superate o travolte dalla soluzione di altra questione, il cui esame presuppone, come necessario
antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza (da ultimo, Cass. 26/09/2024, n. 25710).
Nella specie, la CTR ha ritenuto non fornita dalla contribuente la prova contraria alla presunzione della distribuzione del reddito da partecipazione occulto, in tal modo implicitamente superando qualsiasi eccezione e/o questione relativa alla legittimità della cartella impugnata.
Coglie, invece, nel segno la sollecitazione, avanzata nella memoria depositata ex art. 380bis1 cod. proc. civ., di una nuova decisione sulle sanzioni irrogate, alla luce dello ius superveniens .
La revisione del sistema sanzionatorio invocata, di cui al d.lgs. n. 158 del 2015, non ha previsto una generalizzata riduzione delle sanzioni tributarie, ma ha dettato una diversa disciplina che risulta in parte favorevole per il contribuente. Lo ius superveniens risulta peraltro vigente in relazione a tutti i giudizi ancora in corso (cfr. Cass. 30/03/2021, n. 8716), ed è compito innanzitutto del giudice del merito pronunziarsi sull’applicazione al contribuente della disciplina sanzionatoria più favorevole (Cass. 04/09/2024, n. 23735).
S’impone, quindi, solo con riferimento all’aspetto relativo al trattamento sanzionatorio, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame in relazione alla censura accolta, ovvero verifichi l’eventuale applicabilità della normativa sopravvenuta (d.lgs. n. 158/2015 e succ. mod.) in materia di sanzioni, ed alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta gli otto motivi di ricorso e, decidendo su quest’ultimo, cassa la sentenza impugnata relativamente alle statuizioni sulle sanzioni e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio limitatamente alla verifica dell’eventuale
applicabilità della normativa sopravvenuta (d.lgs. n. 158/2015 e succ. mod.) in materia, provvedendo anche a regolare le spese del giudizio di legittimità tra le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15 novembre