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Presunzione distribuzione utili: prova del socio

L’Agenzia delle Entrate accerta maggiori utili a una società a ristretta base partecipativa e, in base alla presunzione di distribuzione utili, notifica una cartella di pagamento a una socia per le ritenute omesse. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 32843/2024, rigetta il ricorso della contribuente, confermando che spetta al socio fornire la prova contraria, dimostrando non la propria estraneità alla gestione, ma che gli utili sono stati reinvestiti o accantonati. La Corte, tuttavia, cassa la sentenza con rinvio per la sola rideterminazione delle sanzioni alla luce dello ‘ius superveniens’ più favorevole.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Presunzione di Distribuzione Utili: Come il Socio Può Fornire la Prova Contraria

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, torna a pronunciarsi su un tema cruciale per i soci di società di capitali: la presunzione distribuzione utili in contesti a ristretta base partecipativa. Questa pronuncia chiarisce, ancora una volta, i confini della prova contraria che il socio deve fornire per superare la presunzione del Fisco ed evitare l’imposizione fiscale. Analizziamo i dettagli di un caso che offre importanti spunti pratici per soci e amministratori.

I Fatti del Caso

Una società immobiliare a responsabilità limitata, caratterizzata da una compagine sociale ristretta, è stata oggetto di un accertamento fiscale. L’Agenzia delle Entrate ha contestato la deduzione di un ingente costo per ‘oneri diversi di gestione’ in quanto non documentato, rideterminando un maggior reddito imponibile per la società. Di conseguenza, l’Amministrazione Finanziaria ha presunto che tali utili extra-bilancio fossero stati distribuiti ai soci. A una delle socie, detentrice di una quota del 9% tramite una società fiduciaria, è stata notificata una cartella di pagamento per le ritenute alla fonte che la società avrebbe dovuto versare su quegli utili distribuiti.
La contribuente ha impugnato la cartella, sollevando diverse eccezioni, sia di natura procedurale che di merito, sostenendo in particolare l’illegittimità dell’utilizzo della presunzione di distribuzione degli utili e la sua totale estraneità alla gestione societaria.

La Presunzione Distribuzione Utili nelle Società Ristrette

Il cuore della controversia risiede nel meccanismo presuntivo applicato dal Fisco. In presenza di una società di capitali a ‘ristretta base partecipativa’ (cioè con pochi soci, spesso legati da vincoli familiari o fiduciari), la giurisprudenza consolidata ritiene legittima la presunzione (semplice) che i maggiori utili accertati in capo alla società siano stati distribuiti ai soci. Il fondamento logico di questa presunzione risiede nel forte legame tra i soci, che consente un controllo reciproco e capillare sulla gestione, rendendo improbabile che eventuali ‘fondi neri’ rimangano occulti alla compagine sociale.
Questa presunzione, tuttavia, non è assoluta: il contribuente ha la facoltà di fornire la prova contraria. Ed è proprio sulla natura di questa prova che si concentrano le motivazioni della Corte.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato quasi tutti i motivi di ricorso della contribuente, confermando la legittimità dell’operato dell’Amministrazione Finanziaria. I giudici hanno respinto le eccezioni procedurali, come la presunta violazione del diritto di difesa e la necessità di un litisconsorzio necessario tra società e soci, ribadendo che tra i due soggetti esiste solo un rapporto di pregiudizialità. Hanno inoltre ritenuto infondate le censure sulla decadenza, poiché la notifica dell’accertamento alla società interrompe i termini anche per i soci coobbligati.
L’unico aspetto del ricorso che ha trovato accoglimento è stato quello relativo alle sanzioni, in virtù del principio del favor rei, che impone l’applicazione della normativa sanzionatoria sopravvenuta se più favorevole al contribuente.

Le Motivazioni

La parte più rilevante della decisione riguarda le motivazioni con cui la Corte ha respinto le argomentazioni di merito sulla presunzione distribuzione utili. I giudici hanno chiarito che, per superare tale presunzione, il socio non può limitarsi a dimostrare la propria estraneità alla gestione o alla conduzione della società. Questa circostanza è ritenuta irrilevante ai fini fiscali.
La prova contraria idonea a vincere la presunzione deve avere un oggetto specifico e concreto: il socio deve dimostrare che i maggiori ricavi accertati:
1. Sono stati accantonati dalla società;
2. Sono stati reinvestiti nell’attività sociale.
In sostanza, il contribuente deve provare una diversa destinazione dei fondi, che ne escluda la distribuzione personale. La Corte ha inoltre specificato che l’aver affidato la gestione delle proprie quote a una società fiduciaria non solo non esonera il socio dalle sue responsabilità, ma, anzi, non ne scalfisce il controllo sulla gestione delle partecipazioni, confermando la validità del ragionamento presuntivo.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale granitico e invia un messaggio chiaro ai soci di società a ristretta base. L’estraneità formale o di fatto dalla gestione operativa non è uno scudo sufficiente contro le pretese del Fisco in caso di accertamento di utili extra-bilancio. Per evitare l’imposizione, è fondamentale che il socio sia in grado di fornire prove documentali e concrete che attestino il mancato incasso personale degli utili, dimostrandone il reimpiego all’interno dell’azienda. Questa sentenza sottolinea l’importanza di una gestione trasparente e di una corretta documentazione contabile, che possa tracciare in modo inequivocabile il flusso finanziario dei ricavi societari, anche di quelli eventualmente non dichiarati.

Quando si applica la presunzione di distribuzione degli utili ai soci?
Si applica nel caso di società di capitali con una ristretta base partecipativa (pochi soci, spesso legati da vincoli familiari o fiduciari) quando vengono accertati maggiori utili non dichiarati in capo alla società. Si presume che tali utili siano stati distribuiti ai soci in proporzione alle loro quote.

Cosa deve fare un socio per dimostrare di non aver ricevuto utili non dichiarati?
Il socio non deve dimostrare la propria estraneità alla gestione societaria, ma deve fornire la prova contraria che i maggiori utili accertati non sono stati distribuiti, ma sono stati invece accantonati o reinvestiti dalla società stessa.

L’aver affidato le proprie quote a una società fiduciaria esonera il socio da responsabilità?
No. Secondo la Corte, aver affidato la gestione delle quote a una società fiduciaria non esonera il socio dalla responsabilità e non è sufficiente a dimostrare l’estraneità, in quanto il socio mantiene il controllo sulla gestione delle proprie partecipazioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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