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Presunzione distribuzione utili: prova contraria del socio

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21187/2024, ha chiarito i limiti della prova contraria che il socio di una società a ristretta base sociale deve fornire per superare la presunzione di distribuzione degli utili extra-bilancio. Secondo la Corte, non è sufficiente dimostrare l’esistenza di dissidi con gli altri soci o la propria estraneità alla gestione. Il socio deve provare concretamente che i maggiori ricavi non sono stati realizzati, che sono stati reinvestiti, oppure che sono stati sottratti da un altro soggetto. La sentenza ha quindi cassato la decisione di merito che aveva accolto il ricorso del contribuente basandosi su elementi ritenuti irrilevanti.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Presunzione distribuzione utili: la Cassazione stabilisce la prova a carico del socio

La presunzione distribuzione utili non dichiarati nelle società a ristretta base sociale è un principio consolidato nel diritto tributario italiano. Ma cosa succede se un socio sostiene di non aver mai ricevuto la sua parte? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 21187/2024) fa luce sulla natura e sulla portata della prova che il contribuente deve fornire per vincere tale presunzione, stabilendo che la semplice esistenza di conflitti interni non è sufficiente.

I fatti del caso

Il caso riguarda un avviso di accertamento IRPEF per l’anno 2005 notificato a un contribuente, socio al 50% di una società a responsabilità limitata. L’Agenzia delle Entrate, sulla base di un accertamento a carico della società, aveva attribuito al socio una quota dei maggiori utili non dichiarati, applicando appunto la presunzione di distribuzione in virtù della ristretta base sociale.

Il contribuente aveva impugnato l’atto, sostenendo di aver superato tale presunzione. Le sue argomentazioni si basavano su diversi elementi: l’assenza di un legame familiare con l’altro socio, la presenza di un forte contrasto tra i due (sfociato anche in azioni giudiziarie) e la mancata approvazione dei bilanci, a dimostrazione della sua estraneità alla gestione.

Le decisioni dei giudici di merito

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione al contribuente. In particolare, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva ritenuto che le prove fornite fossero sufficienti a vincere la presunzione. Secondo la CTR, il conflitto conclamato tra i soci e la provata estraneità del contribuente alla gestione sociale costituivano una valida prova a discarico. Di conseguenza, l’appello dell’Agenzia delle Entrate era stato respinto.

La presunzione distribuzione utili secondo la Cassazione

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, e la Suprema Corte ha ribaltato la decisione. La Corte ha colto l’occasione per enunciare un principio di diritto chiaro e rigoroso in materia. Secondo gli Ermellini, l’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600/1973 legittima la presunzione distribuzione utili extra-bilancio ai soci di società a ristretta base azionaria, con conseguente inversione dell’onere della prova a carico del contribuente.

Per superare questa presunzione, il socio non può limitarsi a:
1. Denunciare la propria estraneità alla gestione e conduzione societaria.
2. Provare l’esistenza di dissidi o conflitti con gli altri soci.

Al contrario, deve fornire una prova specifica e concreta.

La prova richiesta al socio

Il socio deve dimostrare, anche tramite presunzioni, una delle seguenti circostanze:
* Che i maggiori ricavi accertati non sono stati effettivamente realizzati dalla società.
* Che la società, pur avendoli realizzati, non li ha distribuiti ma li ha accantonati o reinvestiti.
* Che un altro soggetto (ad esempio, un amministratore di fatto) si è appropriato indebitamente di tali utili.

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto che il ragionamento della CTR fosse illegittimo per due motivi principali. In primo luogo, ha valorizzato circostanze di fatto irrilevanti, come la mancanza di un rapporto familiare e i conflitti tra i soci, che erano peraltro sorti in un’epoca successiva all’anno d’imposta contestato (2005). La presunzione, infatti, opera indipendentemente dai legami familiari, poiché la ristrettezza della compagine sociale implica di per sé una stretta conoscenza delle vicende societarie.

In secondo luogo, la CTR ha trascurato circostanze di fatto decisive. Nello specifico, è emerso che proprio nell’anno 2005 il contribuente non era affatto estraneo alla gestione, ma era socio amministratore con poteri disgiunti rispetto all’altro socio e aveva regolarmente partecipato alle assemblee, approvando il bilancio di quell’anno. La CTR, quindi, non ha effettuato quella valutazione complessiva e analitica di tutti gli elementi indiziari richiesta dalla giurisprudenza per una corretta applicazione della prova presuntiva.

Le conclusioni

La sentenza rafforza un principio fondamentale: in una società con pochi soci, l’onere di dimostrare la mancata percezione degli utili “in nero” è interamente a carico del socio stesso. Non basta affermare di essere stati esclusi dalla gestione o di essere in lite con gli altri. È necessario fornire una prova positiva e circostanziata del diverso destino di quei profitti. La Corte ha quindi cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per un nuovo esame che tenga conto del principio di diritto enunciato.

In una società a ristretta base sociale, come funziona la presunzione di distribuzione degli utili extra-bilancio?
In base a questo principio, gli utili non registrati nel bilancio societario si presumono distribuiti “pro quota” a ciascun socio. Ciò comporta un’inversione dell’onere della prova: spetta al socio dimostrare di non aver percepito tali somme, e non all’Agenzia delle Entrate provare l’effettiva distribuzione.

È sufficiente per un socio dimostrare di avere un conflitto con gli altri soci per superare questa presunzione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la semplice esistenza di dissidi con gli altri soci, così come la mera affermazione di essere estraneo alla gestione sociale, non è una prova sufficiente a superare la presunzione. Questi elementi sono considerati irrilevanti.

Quale tipo di prova deve fornire un socio per dimostrare di non aver percepito gli utili non dichiarati?
Il socio deve fornire una prova concreta e specifica, dimostrando alternativamente che: 1) i maggiori ricavi non sono mai stati realizzati dalla società; 2) i ricavi, sebbene realizzati, sono stati accantonati o reinvestiti e non distribuiti; 3) un altro soggetto si è impossessato di tali utili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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