Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16114 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16114 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME , rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, dall’AVV_NOTAIO del Foro di Taranto, che ha indicato recapito Pec, avendo la ricorrente dichiarato di eleggere domicilio presso lo studio del difensore, alla INDIRIZZO in Taranto;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’RAGIONE_SOCIALE, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 2640, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sezione staccata di Taranto, il 1°.10.2015, e pubblicata il 9.12.2015;
ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OGGETTO: Irpef 2008 – RAGIONE_SOCIALE con ristretta base partecipativa -Socio -Presunzione di distribuzione del maggior reddito – Oneri probatori.
la Corte osserva:
Fatti di causa
L’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE accertava il maggior reddito conseguito nell’anno 2008 dalla RAGIONE_SOCIALE, disconoscendo la deducibilità di invocati costi perché relativi ad operazioni commerciali ritenute inesistenti, e notificava in relazione al tributo dell’Irpef, al socio di maggioranza COGNOME NOME titolare del 99% RAGIONE_SOCIALE quote sociali, l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, riferito al reddito di partecipazione presuntivamente conseguito nella misura di Euro 127.979,00 (sent. CTR, p. II).
La contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Taranto, opponendo di non aver percepito alcun maggior reddito. Amministratore unico della società era suo marito ora chiamato a rispondere, anche in sede penale, della partecipazione ad operazioni commerciali inesistenti, di cui lei non era affatto a conoscenza. La CTP reputava non fondate le difese proposte dalla COGNOME e rigettava il suo ricorso.
Avverso la decisione sfavorevole conseguita dai primi giudici, spiegava appello NOME COGNOME, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sezione staccata di Taranto, rinnovando le proprie censure. La CTR rigettava l’impugnativa confermando la decisione di primo grado.
Ha proposto ricorso per cassazione, avverso la decisione sfavorevole adottata dalla CTR, la contribuente, affidandosi a quattro strumenti d’impugnazione. L’Amministrazione finanziaria resiste mediante controricorso.
Ragioni della decisione
Con il suo primo motivo di ricorso la contribuente propone ‘eccezione di incostituzionalità dell’art. 39, primo comma, lett. d), del Dpr n. 600 del 1973, per contrasto con gli artt. 3, 24, 27, 111 Costituzione, 115 cpc, 185 cp, nonché il principio di
ragionevolezza’ (ric., p. 11), nella parte in cui consente l’applicazione del metodo di accertamento presuntivo e dispone l’inversione dell’onere della prova, ponendolo a carico del contribuente, anche nel caso in cui i maggiori utili conseguiti dalla società risultano provento del reato commesso dall’amministratore o da altri soci.
Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc civ., la ricorrente censura che la CTR ha omesso di esaminare il fatto decisivo consistente nella corrispondenza degli utili extrabilancio accertati con i proventi del reato commesso da altri.
Con il suo terzo motivo di ricorso, proposto ancora ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la contribuente critica la motivazione della decisione adottata dal giudice del gravame, per aver ritenuto che la tesi difensiva risultasse fondata esclusivamente sulla propria mancata partecipazione alla vita sociale, mentre erano stati offerti plurimi ed ulteriori elementi per provare ‘che non vi era stato alcun incasso extracontabile’ (ric., p. 16).
Mediante il quarto mezzo di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., e degli artt. 2697 e 2729 cod. civ., per avere il giudice dell’appello erroneamente ritenuto che, a fronte RAGIONE_SOCIALE presunzioni semplici allegate dall’Ente impositore, non fosse consentito alla contribuente contrastarle allegando a discolpa presunzioni altrettanto semplici, di cui ne sono state fornite plurime.
Con il suo primo motivo di ricorso la contribuente contesta l’illegittimità costituzionale dell’art. 39, primo comma, lett. d), del Dpr n. 600 del 1973, nella parte in cui prevede l’applicazione del metodo di accertamento presuntivo e l’inversione dell’onere della prova, ponendolo a carico del contribuente, anche nel caso in cui i
maggiori utili conseguiti dalla società risultano provento del reato commesso dall’amministratore o da altri soci.
5.1. Invero questa Corte regolatrice ha già avuto occasione di chiarire che ‘è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione diretto unicamente a prospettare una questione di legittimità costituzionale di una norma non potendo essere configurato a riguardo un vizio del provvedimento impugnato idoneo a determinarne l’annullamento da parte della Corte. È infatti riservata al potere decisorio del giudice la facoltà di sollevare o meno la questione dinanzi alla Corte costituzionale ben potendo la stessa essere sempre proposta, o riproposta, dall’interessato, oltre che prospettata d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, purché essa risulti rilevante, oltre che non manifestamente infondata, in connessione con la decisione di questioni sostanziali o processuali ritualmente dedotte nel processo’, Cass. sez. I, 9.7.2020, n. 14666 (conf., Cass. sez. V, 20.04.2023, n. 8033).
Nel caso di specie, peraltro, l’incostituzionalità della presunzione dipenderebbe dal fatto che l’amministratore della società autore dell’illecito può, in sede penale, limitarsi a contrastare le accuse che gli sono mosse, mentre appare iniquo che la ricorrente, estranea ai fatti contestati in sede penale, si veda invece sottoposta all’inversione dell’onere della prova. La ricorrente trascura però la profonda differenza del giudizio tributario rispetto a quello penale, diversità di disciplina che, in generale, appare senz’altro costituzionalmente compatibile e ragionevole, come ripetutamente affermato anche dalla Corte costituzionale.
Il primo motivo di ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.
Mediante il secondo ed il terzo mezzo d’impugnazione la ricorrente contesta il vizio di motivazione della decisione adottata dal giudice dell’appello per aver omesso di esaminare la corrispondenza degli utili extrabilancio accertati con i proventi del
reato commesso da altri, ed aver ritenuto che la difesa della contribuente fosse fondata esclusivamente sulla propria mancata partecipazione alla vita sociale, mentre erano stati offerti plurimi ed ulteriori elementi per provare ‘che non vi era stato alcun incasso extracontabile’ (ric., p. 16).
I due motivi di ricorso presentano ragioni di connessione, e possono essere trattati congiuntamente per ragioni di sintesi e chiarezza espositiva.
6.1. Gli strumenti d’impugnazione si rivelano anch’essi inammissibili, perché la contestazione del vizio di motivazione, in presenza di decisioni conformi nei gradi di merito del giudizio, non è consentita dall’ordinamento processuale vigente. Si è infatti recentemente ribadito che ‘nell’ipotesi di ‘doppia conforme’, prevista dall’art. 348-ter, comma 5, c.p.c., il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n. 5) dell’art. 360 c.p.c. è inammissibile se non indica le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse’, Cass. sez. III, 28.2.2023, n. 5947 e, nel caso di specie, la ricorrente non ha spiegato in che cosa differiscano tra loro le decisioni assunte nei gradi di merito del giudizio, che pronunciano in senso conforme.
6.1.1. Non solo. La contribuente invoca una pluralità di allegazioni che avrebbe fornito per contrastare la prova presuntiva offerta dall’Amministrazione finanziaria, ma non ha cura di segnalare in quali sedi processuali abbia proposto le proprie critiche e come le abbia diligentemente coltivate, riportando anche le formule utilizzate, in modo da consentire a questa Corte di legittimità di assolvere al proprio compito di verificare tempestività e congruità RAGIONE_SOCIALE censure proposte dalla parti, ancor prima di provvedere a valutarne la fondatezza e la decisività.
Anche il secondo ed il terzo motivo di ricorso devono pertanto essere dichiarati inammissibili.
Mediante il quarto mezzo di impugnazione la ricorrente lamenta la violazione di legge in cui ritiene essere incorso il giudice dell’appello per aver erroneamente ritenuto che, a fronte RAGIONE_SOCIALE presunzioni semplici allegate dall’Ente impositore, non le fosse consentito contrastarle allegando a discolpa presunzioni semplici, RAGIONE_SOCIALE quali ne aveva peraltro fornito plurime.
7.1. Invero la contribuente fraintende la decisione assunta dal giudice del gravame. La CTR non afferma che a fronte della presunzione di distribuzione al socio del maggior reddito di partecipazione, il contribuente non possa difendersi allegando presunzioni (anch’esse) semplici. Ritiene però che, a fronte della prova presuntiva offerta dall’Amministrazione finanziaria, gravasse sulla contribuente l’onere di dimostrare ‘che i maggiori ricavi siano stati accantonati o reinvestiti nell’azienda. Non avendolo fatto avvalora la tesi dell’ufficio fondata sulla costatazione che gli utili extra-bilancio non risultano confluiti in nessuna voce di bilancio come accantonamento o investimento’ (sent. CTR, p. IV).
7.2. Questa Corte di legittimità ha invero avuto modo di chiarire che ‘l’accertamento del maggior reddito nei confronti di società di capitali a ristretta base partecipativa legittima … la presunzione di distribuzione degli utili tra i soci, in quanto la stessa ha origine nella partecipazione e pertanto prescinde dalle modalità di accertamento, ferma restando la possibilità per i soci di fornire prova contraria rispetto alla pretesa dell’Amministrazione finanziaria dimostrando che i maggiori ricavi dell’ente sono stati accantonati o reinvestiti’, Cass. sez. V, 20.12.2013, n. 32959.
Non si pone quindi un problema di possibilità, o meno, di contrastare le presunzioni semplici offerte dall’Amministrazione finanziaria mediante la dimostrazione della ricorrenza di altre presunzioni semplici. La valutazione espressa dalla CTR afferma
invece che la ricorrente non ha provato (in alcun modo) che i maggiori ricavi conseguiti dalla società siano stati accantonati o reinvestiti. Invero in sede di ricorso per cassazione la ricorrente non ha neppure allegato che i maggiori ricavi conseguiti dalla società siano stati accantonati o reinvestiti.
La contribuente sostiene, piuttosto, di aver assicurato elementi presuntivi utili per dimostrare di non aver preso parte in alcun modo alla gestione della società, di cui era all’oscuro, ma non ha cura di chiarire la sede processuale in cui ha proposto le proprie critiche e come le abbia diligentemente coltivate, e neppure indica le formule utilizzate, in modo da consentire a questa Corte di legittimità di assolvere al proprio compito di verifica della tempestività e congruità RAGIONE_SOCIALE censure proposte dalle parti, prima ancora di procedere a valutarne la fondatezza e la decisività.
Il quarto strumento di impugnazione deve essere pertanto rigettato.
In definitiva il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere respinto.
Le spese processuali seguono l’ordinario criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo, in considerazione della natura RAGIONE_SOCIALE questioni affrontate e del valore della controversia.
8.1. Deve anche darsi atto che ricorrono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, del c.d. doppio contributo.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
rigetta il ricorso proposto da COGNOME NOME , che condanna al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali in favore della costituita controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 5.600,00 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, il 24.5.2024.