Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16041 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16041 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16247/2022 R.G. proposto da :
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587) che lo rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della CAMPANIA-SEZ.DIST. SALERNO n. 8686/2021 depositata il 15/12/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. In punto di fatto, apprendesi dalla sentenza in epigrafe quanto segue:
Con l’impugnata sentenza la CTP di Avellino rigettava il ricorso proposto dal ricorrente , avverso avviso di accertamento n. TFK010502135/2019 emesso in data 14/10/2019 per l’anno 2015 relativo a un maggior reddito accertato di€ 702.304,00.
Secondo quanto si legge nella parte introduttiva dell’appello:
“l’accertamento di cui al punto 1) risulta conseguente l’avviso di accertamento n. TFK030501325/2019 emesso dall’Agenzia delle Entrate di Avellino in data 25/07/2019, notificato in data 09/09/2019, nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE sede legale in Ardore (RC) alla INDIRIZZO C.F.: P_IVA con il quale si è accertato un maggior reddito imponibile di € 1.412.518,00 (allegato n. 2); 3. l’accertamento di cui al punto 2) notificato alla società richiama a sua volta, un ulteriore atto allegato quale P.V.C. del 11/02/2019 emesso dalla GG.FF. di Locri per l’intero maggior reddito imponibile accertato di€ 1.412.518,00, non allegato e mai notificato al ricorrente appellante”.
1.1. Dal ricorso per cassazione si apprendono i numeri degli avvisi in questione, riferendo esso che,
in data 18 ottobre 2019, l’Agenzia delle Entrate -Direzione provinciale di Avellino notificava al sig. COGNOME l’avviso di accertamento n. TFK010502135/2019, relativo all’anno di imposta 2015, con il quale l’Ufficio imputava all’odierno ricorrente, nella veste di socio e amministratore unico di RAGIONE_SOCIALE , il reddito di capitale di euro 702.304,00 , pari, ai sensi dell’art. 47, comma 1, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, al 49,72% degli utili extracontabili accertati induttivamente, a norma dell’art. 39, comma 2, lett. d -bis), d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in capo alla società medesima, per euro 1.412.518,00, con avviso di accertamento n. TFK030501325/2019, notificato sempre alla società, in data 9 settembre 2019 . Il reddito di capitale così determinato nei riguardi del sig. COGNOME concorreva alla formazione del reddito complessivo, il quale veniva rettificato ex art. 38 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in euro 729.487,00 .
Con sentenza n. 768/2020, pronunciata in data 5 novembre 2020 e pubblicata in data 23 novembre 2020, la CTP di Avellino rigettava il ricorso.
Il contribuente proponeva appello, rigettato dalla CTR della Campania, con la sentenza in epigrafe, sulla base della seguente motivazione:
Va, preliminarmente, richiamato il principio di diritto enunziato (peraltro, richiamato dallo stesso appellante) dalla Suprema Corte secondo cui “… l’avviso di accertamento motivato mediante rinvio a verbali ispettivi redatti nei confronti di soggetti diversi dal contribuente è legittimo solo se l’amministrazione dimostri l’effettiva conoscenza di tali documenti da parte del contribuente …” sentenza n. 4305/2005.
Nel caso in esame va rilevato che all’avviso di accertamento notificato all’appellante era allegato l’avviso di accertamento notificato alla società.
In tale ultimo atto era trasfuso il contenuto essenziale del processo verbale della Guardia di Finanza che si basa espressamente sul mancato rinvenimento di scritture contabili con conseguente impossibilità di eseguire i controlli rispetto ai requisiti di inerenza, certezza e precisione di cui all’articolo 109 Dpr 917/86.
Sempre nell’avviso relativo alla società, allegato all’impugnato avviso e, dunque, ben conosciuto dall’appellante erano menzionate le risultanze degli accertamenti svolti per l’anno 2015 sui conti correnti bancari della persona giuridica e dello stesso contribuente.
Sulla base di tali elementi si deve fondatamente affermare che l’appellante, proprio con l’allegazione dell’avviso relativo alla società, era stato ampiamente messo a conoscenza delle ragioni che avevano determinato la rettifica reddituale nei suoi confronti per l’anno 2015.
Avrebbe dovuto l’appellante produrre documentazione idonea a fornire giustificazione ai componenti negativi per neutralizzare il contenuto dell’avviso.
Come condivisibilmente osservato dall’Agenzia delle Entrate a tale onere il contribuente si è sottratto sia nella fase anteriore alla instaurazione del presente procedimento, sia in sede di giudizio di primo grado, sia nel presente giudizio, non potendosi certamente trarre le necessarie giustificazioni dalla sola lettura del bilancio chiuso al 31.12.2015.
Documentata la circostanza della conoscenza del contenuto essenziale del pvc, posto a base degli avvisi di accertamento, la rideterminazione del reddito scaturisce dalla non discutibile ristretta base societaria, in ossequio ai principi consolidatisi nella giurisprudenza di legittimità.
Al riguardo va dato atto del più volte ribadito orientamento espresso dalla Suprema Corte secondo cui: la stessa presunzione può essere superata qualora l’amministrazione non fornisca la c.d. “prova rafforzata” della ristretta base sociale e dell’effettiva distribuzione degli utili, e/o laddove il contribuente dimostri la sua estraneità alla gestione e conduzione societaria .
Rispetto al caso in esame indiscutibile è la ristretta base sociale, essendo stato l’appellante socio unico della srl, mentre il contribuente non ha assolutamente dimostrato la sua estraneità alla gestione in quella annualità, essendosi limitato a rilevare di essere uscito dalla società solo a partire dall’anno 2016.
Propone ricorso per cassazione il contribuente con tre motivi; resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso. Il contribuente deposita ampia memoria telematica in data 17 marzo 2025, anche in chiave di replica alle difese agenziali.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Primo motivo: ‘Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, sotto il profilo della giustificazione dei componenti negativi di reddito (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.)’.
1.1. ‘In primo luogo, il sig. COGNOME deduce il vizio motivazionale della sentenza impugnata, nella parte in cui la Ctr ha affermato: ‘Avrebbe dovuto l’appellante produrre documentazione idonea a fornire giustificazione ai componenti negativi per neutralizzare il contenuto dell’avviso ”. ‘In particolare, il vizio suddetto risiede nella mancata valutazione, ad opera della Ctr – così come della Ctp – degli estratti conto di RAGIONE_SOCIALE (doc. n. 10 del fascicoletto). Il sig. COGNOME ha depositato tali estratti conto sin dal giudizio di primo grado (doc. n. 3 del fascicolo di parte di primo grado), richiamandoli nel ricorso introduttivo’. ‘Anche nell’atto di
appello, il sig. COGNOME ha menzionato tale documentazione’. ‘Ebbene, la disamina analitica degli estratti conto di RAGIONE_SOCIALE avrebbe permesso di appurare le causali di ciascuna singola movimentazione bancaria, e, per quanto qui di precipuo interesse, di riscontrare – diversamente da quanto prefigurato dalla Ctr -i componenti negativi di reddito; su tale documentazione, però, la Ctr non si è minimamente soffermata, limitandosi a dichiarare l’insufficienza probatoria del bilancio di esercizio al 31 dicembre 2015′.
1.2. Il motivo è inammissibile.
Incorre nel divieto derivante dalla doppia conforme ex art. 348 -ter ‘ratione temporis’ vigente, senza che colgano nel segno le contrarie argomentazioni in esso esposte, dal momento che, non riprodotta per intero la motivazione della sentenza di primo grado (ma solo per stralci alle pp. 6 e 7 ric.), nessuna evidenza è offerta di una diversa ‘ratio decidendi’, sul punto della mancata giustificazione dei ‘componenti negativi’, sottesa a quella d’appello impugnata (cfr. Cass. 5947 del 2023).
Inoltre,
-per un verso non offre contezza dell’assunto a termini del quale l’avviso societario sarebbe stato emesso ai sensi dell’art. 32 DPR n. 600 del 1972, poiché anzi la CTR riferisce che in detto avviso ‘era trasfuso il contenuto essenziale del processo verbale della Guardia di Finanza che si basa espressamente sul mancato rinvenimento di scritture contabili con conseguente impossibilità di eseguire i controlli rispetto ai requisiti di inerenza, certezza e precisione di cui all’articolo 109 Dpr 917/86. Sempre nell’avviso relativo alla società, allegato all’impugnato avviso e, dunque, ben conosciuto dall’appellante erano menzionate le risultanze degli accertamenti svolti per l’anno 2015 sui conti correnti bancari della persona giuridica e dello stesso contribuente’: ragion per cui l’accertamento nei confronti della società trovava fondamento nel
mancato rinvenimento delle scritture contabili, elemento su cui sono andati successivamente innestandosi, in guisa di conferma, gli esiti degli accertamenti bancari. D’altronde conferma dell’essenzialità del mancato rinvenimento delle scritture contabili quale fondamento dell’accertamento finanche in punto di metodologia induttiva adottata dall’Ufficio è offerta dallo stesso ricorso, nella cui parte introduttiva (a p. 3) leggesi che gli ‘utili extracontabili’ imputati al contribuente erano stati ‘utili extracontabili accertati induttivamente, a norma dell’art. 39, comma 2, lett. d -bis), d.P .R. 29 settembre 1973, n. 600, in capo alla società medesima, per euro 1.412.518,00, con avviso di accertamento n. TFK030501325/2019, notificato sempre alla società, in data 9 settembre 2019’: utili quantificati attraversi gi accertamento bancari sui conti correnti della società e del contribuente;
-per altro verso, non dimostra che lo specifico ‘thema’ della contestazione delle poste negative fosse stato introdotto in primo grado e reiterato in secondo grado (poiché anzi il riassunto dei rispettivi motivi nella parte introduttiva del ricorso non ne fa menzione;
-per altro verso ancora, non rappresenta, nemmeno graficamente, alcun fatto storico di cui la CTR avrebbe omesso esame, dolendosi ‘in limine’ della mancata condivisione di argomentazioni difensive e corredata documentazione (cfr. Cass. n. 21152 del 2014).
In ulteriore precisazione di quanto appena detto, è da ricordarsi che, per giurisprudenza costante, ‘l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le
parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie’ (Cass. n. 17005 del 2024).
Ebbene, l’affermazione della CTR secondo cui ‘avrebbe dovuto l’appellante produrre documentazione idonea a fornire giustificazione ai componenti negativi per neutralizzare il contenuto dell’avviso’, senza aver adempiuto a detto onere (‘ a tale onere il contribuente si è sottratto sia nella fase anteriore alla instaurazione del presente procedimento, sia in sede di giudizio di primo grado, sia nel presente giudizio ‘), rende conto dell’aver essa esaminato sia la questione della giustificazione delle poste negative sia, per vero, la documentazione prodotta in chiave difensiva, con conseguente infondatezza, in ogni caso, del motivo, addivenendo alla conclusione che il contribuente non ha fornito alcuna giustificazione in quanto all’uopo non è sufficiente la ‘sola lettura del bilancio chiuso al 31.12.2015’.
Ancora, pur a voler prescindere da tutto quanto precede, il motivo, non solo, in violazione del canone di autosufficienza, non riproduce e ‘a fortiori’ non contestualizza la documentazione versata in atti, ma altresì, in violazione del canone di precisione, a fronte di un accertamento induttivo in capo alla società per il mancato rinvenimento delle scritture contabili, non dimostra la decisività di detta documentazione, siccome idonea a dimostrare la mancata sottrazione a tassazione di materia imponibile, con conseguente almeno parziale ‘neutralizzazione’ – come scrive la CTR – del ‘contenuto dell’avviso’.
I restanti secondo e terzo motivo di ricorso si prestano, per sostanziale comunanza di censure, ad essere illustrati ed analizzati congiuntamente.
Secondo motivo: ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.)’.
3.1. Sulla base della giurisprudenza di legittimità, ‘a fronte di un avviso di accertamento emanato a carico della società, il socio, nel giudizio sull’avviso a lui notificato, può comunque superare la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili – anche in caso di ristretta base partecipativa – dimostrando a) la propria estraneità alla gestione della compagine, o b) che quei redditi non siano stati da lui percepiti. Sul punto, peraltro, giova sin d’ora anticipare come, nella valutazione della prova contraria, in tema di mancata distribuzione degli utili extracontabili, la giurisprudenza di codesta Suprema Corte abbia riconosciuto la rilevanza degli estratti conto depositati dal contribuente ‘. ‘Proprio alla luce della giurisprudenza di codesta Suprema Corte, dunque, è possibile cogliere l’illegittimità della sentenza impugnata, nella quale la Ctr, discostandosi dalle coordinate ermeneutiche testé illustrate, dopo aver dato atto della ‘non discutibile ristretta base societaria’, ha circoscritto il perimetro della prova contraria rispetto alla presunzione di cui si è avvalso l’Ufficio, al profilo dell”estraneità alla gestione e conduzione societaria’, concludendo, in merito, che ‘il contribuente non ha assolutamente dimostrato la sua estraneità alla gestione in quella annualità, essendosi limitato a rilevare di essere uscito dalla società solo a partire dall’anno 2016′ (sentenza impugnata, p. 4); con il che, la Ctr non ha considerato l’altro versante nel quale – in accordo con la giurisprudenza di codesta Suprema Corte – si articola la prova contraria spettante al contribuente, costituito dalla mancata distribuzione degli utili extracontabili’.
Terzo motivo: ‘Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, sotto il profilo della prova della mancata distribuzione degli utili extracontabili (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.)’.
4.1. ‘L’erronea premessa ricostruttiva cui ha aderito la Ctr nella definizione dell’oggetto della prova contraria rispetto alla presunzione utilizzata dall’Ufficio (cfr. supra il secondo motivo di ricorso), si è riverberata nella mancata valutazione della documentazione esibita dal sig. COGNOME a testimonianza della mancata distribuzione degli utili extracontabili. In proposito, Ctr – così come la Ctp – ha omesso di esaminare sia gli estratti conto di RAGIONE_SOCIALE che quelli del sig. Fiore (docc. nn. 10 -11 del fascicoletto), depositati sin dal giudizio di primo grado (docc. nn. 3 -4 del fascicolo di parte di primo grado), e richiamati nel ricorso introduttivo, a confutazione della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili: ‘Dall’esame del conto corrente della società, n. 1446770 BPER, è del tutto evidente che per quanto riguarda gli accrediti sono incassi da clienti per pagamento fatture. Queste ultime, rappresentanti i ricavi conseguiti, sono state indicate in Unico 2016 redditi 2015. (…) Per quanto riguarda gli addebiti, invece, sono operazioni riguardanti il pagamento di fatture di fornitori ed oneri bancari e finanziari. Dall’esame del conto corrente cointestato, n. 41910 BPER, tra il socio ed il coniuge emergono con estrema chiarezza che gli accrediti riguardano redditi da pensione mentre gli addebiti sono risorse utilizzate per esigenze familiari (…). Quindi, dall’esame (…) (degli) estratti conto bancari attestanti le movimentazioni finanziarie, appare del tutto irragionevole ma soprattutto infondata, la presunzione di distribuzione al socio di incasso di utili extracontabili’ (doc. n. 5 del fascicoletto; doc. A del fascicolo di parte di primo grado, p. 3). Nell’atto di appello, inoltre, si legge: . In effetti, qualora la Ctr avesse valutato gli estratti conto di
RAGIONE_SOCIALE e del sig. COGNOME ciò avrebbe consentito di verificare le causali di ciascun singolo versamento e/o prelievo (nel caso di RAGIONE_SOCIALE: incassi da clienti per il pagamento di fatture, operazioni riguardanti il pagamento di fatture di fornitori, corresponsione al sig. COGNOME di compensi come amministratore unico della società, oneri bancari e finanziari; nel caso del sig. COGNOME: redditi da pensione, compensi come amministratore unico della società, risorse impiegate per esigenze familiari); dall’esame di tale documentazione, quindi, sarebbe emersa la prova contraria capace di superare, coerentemente con la giurisprudenza di codesta Suprema Corte, la presunzione adoperata dall’Ufficio, non essendo ravvisabile alcuna concreta provvista finanziaria trasferita nella sfera patrimoniale del sig. COGNOMEfatta eccezione, come visto, per l’addebito/accredito di somme di danaro a titolo di compenso come amministratore unico della società: -estratti conto di New Team RAGIONE_SOCIALE: movimenti ‘dare’ del 15 aprile 2015, 11 novembre 2015: doc. n. 10 del fascicoletto; doc. n. 3 del fascicolo di parte di primo grado; -estratti conto del sig. COGNOME: movimenti ‘avere’ del 15 aprile 2015, 11 novembre 2015: doc. n. 11 del fascicoletto; doc. n. 4 del fascicolo di parte di primo grado) ‘.
Il secondo motivo, di per sé inammissibile, è, comunque, manifestamente infondato.
5.1. Inammissibilmente, non rappresenta, neppure nel tratto grafico, alcuna violazione del criterio di riparto dell’onere della prova, che, solo labialmente attribuito alla CTR, in realtà non sussiste, donde comunque la manifesta infondatezza.
Invero, una volta richiamata dal giudice la presunzione di distribuzione di utili in forza della pacifica ristretta base sociale di New Team, costituisce onere del socio, che asserisce di non aver partecipato, ciò nonostante, al riparto di utili, specificamente
allegare il rispettivo ‘thema’ di prova ed offrirne puntuale dimostrazione.
Nella specie, nessuna violazione dell’art. 2697 cod. civ è pertanto imputabile alla CTR, che correttamente s’è limitata a fare applicazione della suddetta presunzione.
Ciò consente di trascorrere ‘funditus’ al terzo motivo.
6.1. Esso – quand’anche si avesse a ritenere che non incorra nel divieto derivante dalla doppia conforme di merito, fermo nondimeno che non sono riprodotte con completezza (da ultimo neppure in memoria) la sentenza di primo grado e le specifiche devoluzioni alla CTR, così impedendosi un effettivo confronto tra le due sentenze di merito, tanto più che il breve stralcio dell’atto d’appello riportato nel ricorso per cassazione (p. 16) non allega che la produzione della ‘seguente documentazione fiscale’ fosse correlata all’esplicita protesta di mancata distribuzione di utili, essendolo invece alla ‘dimostrazione della tenuta della contabilità’, in guisa cioè da contrastare il presupposto in sé dell’accertamento sociale – è di per sé inammissibile, come già il primo (alle cui disamina si rimanda), sia perché non rappresenta l’omesso esame di alcun fatto storico viepiù decisivo, ma semmai solo di argomentazioni difensive e correlati documenti, al di fuori del paradigma dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., sia perché scivola nella richiesta di un giudizio puramente meritale, come comprovato dalla riproduzione degli estratti conto sociale e personale, di cui sollecita un diretto apprezzamento comparato.
In aggiunta a quanto precede, rileva il difetto di decisività dell’apprezzamento di cui si tratta: in disparte che il motivo non rappresenta alcuna precisa riconciliazione delle poste attive e passive, né a monte, vertendosi di presunzione di distribuzione di utili accertati induttivamente in difetto di scritture contabili, la prova a carico del contribuente avrebbe dovuto riguardare la destinazione non personale degli utili, non rilevando che essi non
siano eventualmente transitati sul conto personale (sul piano cioè della dedotta – p. 18 ric. – ‘totale assenza di flussi finanziari ‘in uscita’ dal conto corrente di RAGIONE_SOCIALE e ‘in entrata’ in quello del sig. COGNOME): ciò senza considerare che, ad ogni buon conto, siffatta ‘totale assenza’, per come riconosciuto nel motivo stesso (p. 16 ric.) neppure è tale, soffrendo espressamente l”eccezione per l’addebito/accredito di somme di danaro a titolo di compenso come amministratore unico della società’.
7 In definitiva, il ricorso va integralmente rigettato, con le statuizioni consequenziali come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna NOME a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese di lite, liquidate in euro 8.200,00 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di RAGIONE_SOCIALE , di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, lì 27 marzo 2025.