Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26215 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 26215 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/10/2024
AVVISO ACCERTAMENTO IRPEF -IRES 2007
SENTENZA
sui ricorsi riuniti iscritti ai nn. 775/2016 e 7416/2017 R.G. proposti da:
A) Ricorso n. 775/2016 R.G.:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende ,
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituita in giudizio,
-intimata – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 5020/48/2015, depositata il 27 maggio 2015;
B) Ricorso n. 7416/2017 R.G.:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro-tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, come da procura speciale in calce al ricorso,
-ricorrente -contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 7993/08/2016, depositata il 20 settembre 2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21 maggio 2024 dal AVV_NOTAIO; viste le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO. procAVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento di entrambi i ricorsi;
FATTI DI CAUSA
In data 1° ottobre 2012 , l’RAGIONE_SOCIALE notificava alla società RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, con cui recuperava ritenute di acconto, per un valore complessivo di € 73.720,00, non versate sugli utili presuntivamente distribuiti nel 2007 a due soci della società a ristretta base azionaria, e ciò a seguito dell’accertamento, in capo alla società, di maggiori ricavi per complessivi € 1.965.867,00.
1.1. Avverso tale avviso di accertamento, la società proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, la quale, con sentenza n. 5587/46/2014, lo accoglieva.
In particolare, secondo il giudice di prime cure, in tanto si poteva applicare la presunzione di distribuzione degli utili, in quanto l’accertamento del maggior reddito societario fosse divenuto definitivo. Nel caso di specie, invece, era ancora pendente il giudizio sull’avviso di accertamento sui maggiori ricavi. Inoltre, AVV_NOTAIOeneva la C.T.RAGIONE_SOCIALE, alla distribuzione di utili a soci titolari di partecipazioni non qualificate non si poteva applicare il sistema presuntivo di distribuzione e, comunque, l’omessa no tifica dell’avviso di accertamento ai soci aveva impedito l’esercizio da parte di quest’ultimi del proprio diritto di difesa volto a dimostrare l’assenza del rapporto di complicità richiesto dalla presunzione di distribuzione.
1.2. Interposto gravame dall’Ufficio, la Commissione Tributaria Regionale della Campania, con sentenza n. 5020/48/2015, pronunciata il 26 marzo 2015 e depositata in segreteria il 27 maggio 2015, rigettava l’appello, condannando parte appellante al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di giudizio.
In particolare, il giudice di seconde cure fondava l’illegittimità dell’avviso di accertamento impugnato proprio sul nesso di logica dipendenza tra l’accertamento del maggior reddito in capo alla società e l’accertamento della ritenuta d’acconto. L’Ufficio aveva infatti provveduto ad accertare in capo alla società l’omesso versamento di ritenute d’acconto sulla base de ll’esistenza di un maggior reddito , in relazione al quale sapeva essere pendente il relativo giudizio. Secondo il giudice di secondo grado, pertanto, l’Amministrazione finanziaria aveva
applicato erroneamente il sistema di presunzioni, dovendo quantomeno essere certo, in via definitiva, il presupposto dell’esistenza di un maggior reddito in capo alla società. Infine, secondo la C.T.R., l’omessa notifica dell’avviso di accertamento ai soci aveva impedito agli stessi di fornire prova contraria sulla distribuzione degli utili, distribuzione che è giustificazione del successivo accertamento rispetto all’omesso versamento di ritenute di acconto da parte della società.
1.3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE, sulla base di due motivi (ricorso n. 775/2016 R.G., notificato il 31 dicembre 2015).
RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE risulta intimata.
A seguito di processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza di Ottaviano, l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE notificava nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, con il quale accertava, per l’anno di imposta 2007, un ammontare di componenti postivi di reddito pari a € 2.422.435,00 e componenti negativi per € 456.568,00, con conseguente determinazione di un maggiore reddito di impresa per complessivi € 1.965.867,00, maggiore IRES, IVA e IRAP per totali € 1.145.938,00 e sanzioni per € 593.824,00, oltre interessi e accessori.
2.1. Avverso tale avviso di accertamento, la società proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, la quale, con sentenza n. 6346/30/2015, depositata il 16 marzo 2015, dichiarava il ricorso inammissibile.
In particolare, con ordinanza del 17 gennaio 2014, la C.T.P. aveva disposto il deposito, entro 30 giorni, del mandato
difensivo non allegato al ricorso, deposito tuttavia avvenuto solo in data 20 novembre 2014, quindi oltre il termine, con conseguente inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 182, comma 2, cod. AVV_NOTAIO civ. che prevede la perentorietà del termine fissato per il rilascio della procura difensiva mancante.
2.2. Interposto gravame dalla società, la Commissione Tributaria Regionale della Campania, con sentenza n. 7993/08/2016, pronunciata il 14 settembre 2016 e depositata in segreteria il 20 settembre 2016, rigettava l’appello, con condanna della parte soccombente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di giudizio.
In particolare, la C.T.R. confermava la decisione del giudice di primo grado, ritenendo violato l’art. 182, comma 2, cod. AVV_NOTAIO civ.
2.3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, sulla base di dieci motivi (ricorso notificato il 24 marzo 2017).
L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
Con decreto del 21 febbraio 2014 è stata fissata la discussione di entrambi i ricorsi dinanzi a questa sezione per la pubblica udienza del 21 maggio 2024.
Entrambe le parti hanno depositato memoria, con riferimento al ricorso n. 7416/2017 R.G.
All’udienza indicata i procuratori RAGIONE_SOCIALE parti hanno concluso come da verbale in atti.
Il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, ha concluso chiedendo la riunione di entrambi i ricorsi, e l’accoglimento sia del ricorso n. 775/2016 R.G., sia del primo motivo del ricorso n. 7416/2017 R.G.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, deve essere disposta la riunione dei ricorsi n. 775/2016 R.G. e n. 7416/2017 R.G., per ragioni di connessione soggettiva e parzialmente oggettiva.
(ricorso n. 775/2016 R.G.) – Il ricorso, come si è detto, è affidato a due motivi.
2.1 Con il primo motivo di ricorso, l’RAGIONE_SOCIALE eccepisce violazione dell’art. 29 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e dell’art. 274 cod. AVV_NOTAIO civ, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 4), cod. AVV_NOTAIO civ.
Deduce, in particolare, che la RAGIONE_SOCIALE avrebbe errato nel non avere riunito per connessione il presente giudizio a quello relativo all’accertamento del maggior reddito della società, trattandosi di giudizi pendenti tra le stesse parti ed essendo il secondo presupposto logico -giuridico dell’altro.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso, l’Amministrazione finanziaria eccepisce violazione dell’art. 295 cod. AVV_NOTAIO civ., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), dello stesso codice.
Ritiene, nello specifico, che il giudice di secondo grado avrebbe erroneamente rigettato l’eccezione di sospensione del giudizio in attesa della decisione sul giudizio relativo all’avviso di accertamento sul maggior reddito, costituendo questo antecedente logico -giuridico della presente controversia. Aggiunge poi che, comunque, nessuna norma prevederebbe la necessità che l’accertamento in via definitiva sul maggiore reddito sia temporalmente antecedente a quello sulla distribuzione degli utili ai soci. Inoltre, sottolinea l’Ufficio, l’accertamento compiuto sull’omesso versamento di maggiori ritenute d’acconto sarebbe legittimo perché questo non
presupporrebbe l’accertamento in via definitiva del maggior reddito, dato che, trattandosi di accertamenti relativi allo stesso anno di imposta, l’attesa della definizione del giudizio sul maggior reddito farebbe incorrere l’Amministrazione finanziaria nella decadenza del potere di accertare le maggiori ritenute d’acconto.
(ricorso n. 7416/2017 R.G.) – 1. Il ricorso in esame, come si è detto, è affidato a dieci motivi.
3.1. Con il primo motivo di ricorso, RAGIONE_SOCIALE eccepisce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 182 cod. AVV_NOTAIO civ., nonché degli artt. 12, 18, comma 3, 22, comma 3, 32 e 58 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazion e all’art. 360, comma 1, num. 4), cod. AVV_NOTAIO civ.
Deduce, in particolare, che la C.T.R. avrebbe errato nel confermare la decisione della C.T.P. di inammissibilità del ricorso, in quanto quest’ultima si sarebbe fondata su un’errata percezione sulla reale esistenza della procura. Specifica, parte ricorrente, che il difensore aveva dichiarato in atti di essere già munito della procura allegata e che, comunque, aveva autocertificato di aver notificato all’Ufficio, insieme al ricorso introduttivo, anche la procura. Ad ogni modo, AVV_NOTAIOiene la società, la procura sarebbe comunque stata depositata nel termine di 20 giorni prima dell’udienza, così come previsto dall’art. 32 del d.lgs. n. 546/1992 per il deposito documentale.
3.2. Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente eccepisce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), dello stesso codice.
Nello specifico, la società contribuente rileva che avrebbe valenza di giudicato esterno, vincolante nel presente giudizio per evitare contrasti tra giudicati, la decisione n. 4231/48/2016 della C.T.R. della Campania afferente al diverso avviso di accertam ento riguardante l’anno di imposta 2011, fondato tuttavia sul medesimo p.v.c. e contenente le medesime contestazioni.
3.3. Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 41, 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), dello stesso codice.
Con tale motivo viene lamentata l’illegittimità dell’avviso di accertamento in quanto non sarebbe stato instaurato preventivamente il contraddittorio obbligatorio, quantomeno rispetto all’IVA, previsto dalla normativa europea e, segnatamente dall’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali.
3.4. Con il quarto motivo di ricorso, la società contribuente eccepisce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32, comma 1, num. 7), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in combinato disposto con l’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (statuto del contribuente), in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), dello stesso codice.
In particolare, le indagini bancarie effettuate sui conti corrente della società e dei soci sarebbero state eseguite in modo irrituale, non essendo stata esibita e/o allegata, sia all’atto di accesso, che in sede di notifica del p.v.c. e dell’avviso di a ccertamento, l’autorizzazione ad espletare siffatte indagini.
3.5. Con il quinto motivo di ricorso, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32
del d.P.R. n. 600/1973 e degli artt. 115 e 116 cod. AVV_NOTAIO civ., errata valutazione RAGIONE_SOCIALE operazioni di conto corrente non ritenute giustificate, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3) e num. 4), dello stesso codice.
Secondo la società, le operazioni di conto corrente contestate nel p.v.c. e dall’Ufficio sarebbero in realtà giustificate in quanto addebiti in conto corrente RAGIONE_SOCIALE fatture oggetto di anticipazioni e di prelevamento per bonifici.
3.6. Con il sesto motivo di ricorso, parte ricorrente eccepisce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 32, 39, comma 2, e 40, comma 1, del d.P.R. n. 600/1973 per mancato riconoscimento dei costi occulti della produzione, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), dello stesso codice.
Ritiene, nello specifico, che l’avviso di accertamento sarebbe illegittimo nella parte in cui riterrebbe indeducibili i costi occulti AVV_NOTAIOenuti per la produzione dei ricavi accertati, ciò sul presupposto che, in sede di accertamento induttivo, spetterebbe alla contribuente la prova sui predetti costi.
3.7. Con il settimo motivo di ricorso, la società contribuente deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 39 del d.P.R. n. 600/1973, degli artt. 24 e 111 Cost., dell’art. 6 della CEDU per duplicazione del metodo accertativo e cumulo dei risultati, i n relazione all’art. 360, comma 1, num. 3) e num. 4), dello stesso codice.
In particolare, l’accertamento compiuto dall’Ufficio sarebbe illegittimo in quanto avrebbe fatto malgoverno dell’accertamento di tipo analitico -induttivo, limitandosi a conteggiare un determinato numero di fatture per poi,
unitamente ai prelevamenti e agli addebiti in conto corrente, determinare un importo qualificato come ricavi.
3 .8. Con l’ottavo motivo di ricorso, la società ricorrente eccepisce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6, comma 8, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, degli artt. 3, 7, 12 e 17 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 per inapplicabilità della sanzione per omessa autofatturazione, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3) e num. 4), dello stesso codice.
Nello specifico, evidenzia, in primo luogo, l’inopponibilità dell’obbligo di autofatturazione per le operazioni rilevate induttivamente, attesa la mancata individuazione del soggetto nei confronti del quale non sarebbe stata emessa la fattura e, in secon do luogo, l’incompatibilità di detta sanzione sia con quelle applicate in tema di IVA, sia con la determinazione sugli stessi ricavi di una debenza a titolo di imposta.
3.9. Con il nono motivo di ricorso, RAGIONE_SOCIALE deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 15 del d.lgs. n. 546/1992 per difetto di motivazione in ordine alla condanna alla refusione RAGIONE_SOCIALE spese di giudizio, in relazione al l’art. 360, comma 1, num. 4), dello stesso codice.
Con tale motivo viene censurata la sentenza impugnata nella parte in cui il giudice avrebbe erroneamente applicato il novellato art. 15 del d.lgs. n. 546/1992, liquidando le spese del giudizio in favore dell’Ufficio nonostante la maggior parte dell’attiv ità processuale, di primo e di secondo grado, si fosse compiuta sotto la vigenza della vecchia disciplina del citato art. 15 (ante 1° gennaio 2016), che non avrebbe previsto la possibilità di liquidare le spese dell’Amministrazione finanziaria
costituitasi in giudizio con propri funzionari sulla base della tariffa professionale forense.
3.10. Con il decimo e ultimo motivo di ricorso, la società contribuente eccepisce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, comma 3, e 25, comma 2, del d.lgs. n. 472/1997, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3) e num. 4), dello stesso codice.
Deduce, in particolare, che, in sede di eventuale decisione nel merito, rispetto alla determinazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni, bisognerebbe tener conto della disciplina sanzionatoria in funzione della recente riforma del sistema, più vantaggiosa per il contribuente, che troverebbe, quindi, applicazione in ragione del principio della retroattività della sanzione più favorevole.
Così delineati i motivi di ricorso, la Corte osserva quanto segue.
4.1. Con riferimento al ricorso n. 775/2016 R.G., il primo motivo di ricorso è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse dell’Amministrazione, essendo stata operata la riunione dei ricorsi riguardanti l’avviso di accertamento dei maggiori redditi societari, con il ricorso riguardante la mancata effettuazione RAGIONE_SOCIALE ritenute di acconto.
Con tale motivo, infatti , l’Ufficio censura la sentenza impugnata, per non avere, il giudice di secondo grado, riunito il presente giudizio con quello riguardante l’avviso di accertamento del maggior reddito emesso nei confronti della stessa società.
Tale doglianza, tuttavia, è ormai superata, per l’avvenuta riunione dei ricorsi.
4.2. Il secondo motivo di ricorso è invece fondato.
Nel risolvere la questione proposta con tale motivo di ricorso, bisogna distingue due aspetti: uno AVV_NOTAIOanziale e uno processuale.
Dal punto di vista AVV_NOTAIOanziale, infatti, occorre precisare che, con l’avviso di accertamento impugnato , l’Ufficio ha contestato l’omesso versamento di ritenute d’acconto rispetto al maggior reddito attribuito a ciascun socio a seguito dell’applicazione della presunzione di distribuzione di utili extracontabili.
L’atto impugnato, pertanto, ha quale fondamento il maggior reddito contestato in capo ai singoli soci, con la conseguenza che è rispetto all’avviso di accertamento emesso nei confronti di questi ultimi che è necessario interrogarsi sul rapporto con l’accertamento di maggiori ricavi in capo alla società.
Al riguardo, secondo quanto già esposto dalla giurisprudenza di questa Corte, l’avviso di accertamento emesso nei confronti dei soci non necessita della definitività dell’avviso di accertamento dei maggiori ricavi, dato che il fatto noto da cui far discendere il meccanismo presuntivo sarebbe la ristretta base azionaria e non i maggiori ricavi.
Questa Corte ha già avuto modo di precisare, infatti, che «in tema di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, nel caso di società di capitali a ristretta base azionaria, ove siano accertati utili non contabilizzati, opera la presunzione di attribuzione pro quota ai soci degli utili stessi, salva la prova contraria che i maggiori ricavi sono stati accantonati o reinvestiti, con l’ulteriore specificazione che siffatta presunzione non si pone in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, in quanto il fatto noto non è dato dalla sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società, bensì
dalla ristrettezza dell’assetto societario, che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale, salva in ogni caso la prova contraria, gravante sul contribuente, del mancato conseguimento o della diversa destinazione degli utili» (Cass. 7 luglio 2022, n. 21487; da ultimo, Cass. 1° febbraio 2024, n. 3041).
In altri termini, se presupposto per l’accertamento dell’omesso versamento di ritenute d’acconto è la contestazione di un maggiore reddito in capo ai singoli soci, ne consegue che non è necessario, per la validità del primo, che l’accertamento sui maggiori ricavi sia divenuto definitivo, dato che tale definitività non è richiesta neppure per l’emissione dell’avviso di accertamento di maggiore reddito in capo ai soci.
È errata, pertanto, la statuizione della C.T.R. nella parte in cui ritiene illegittimo l’atto impugnato perché emesso in pendenza del giudizio riguardante l’avviso di accertamento sui maggiori ricavi notificato in capo alla società stessa.
Occorre tuttavia precisare che, se dal punto di vista AVV_NOTAIOanziale non si richiede che l’accertamento sui maggiori ricavi sia divenuto definitivo, ciò non toglie che, dal punto di vista processuale, possa ravvisarsi la necessità di sospendere il giudizio sul maggior reddito accertato in capo ai soci -e quindi anche sulle relative ritenute d’acconto non versate – in attesa della conclusione del giudizio avente ad oggetto l’avviso di accertamento sui maggiori ricavi.
L’avviso di accertamento di maggiori ricavi in capo alla società, infatti, costituisce antecedente logico -giuridico il cui venire meno può avere ripercussioni anche rispetto all’avviso di accertamento emesso nei confronti dei singoli soci e, per
conseguenza, rispetto a quello riguardante l’omesso versamento di ritenute d’acconto.
Sul punto, va rilevato che, secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte, «salvi i casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata sia imposta da una disposizione normativa specifica, che richieda di attendere la pronuncia con efficacia di giudicato sulla causa pregiudicante, quando fra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità tecnica e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato non può ritenersi obbligatoria ai sensi dell’art. 295 c.p.c. (e, se sia stata disposta, è possibile proporre subito istanza di prosecuzione in virtù dell’art. 297 c.p.c., il cui conseguente provvedimento giudiziale è assoggettabile a regolamento necessario di competenza), ma può essere adottata, in via facoltativa, ai sensi dell’art. 337, comma 2, c.p.c., applicandosi, nel caso del sopravvenuto verificarsi di un conflitto tra giudicati, il disposto dell’art. 336, comma 2, c.p.c.» (Cass., sez. un., 29 luglio 2021, n. 21763; v. anche Cass. 17 novembre 2022, n. 33860).
Ne consegue, pertanto, che erra la C.T.R. nel ritenere illegittimo l’avviso di accertamento riguardante le ritenute di acconto, sol perché l’avviso di accertamento del maggior reddito societario non è divenuto definitivo, nel mentre la stessa C.T.R. avrebbe dovuto valutare il rapporto di pregiudizialità esistente tra i due giudizio, ed eventualmente adottare in via facoltativa la sospensione facoltativa ex art. 337, comma 2, cod. AVV_NOTAIO civ., o la loro eventuale riunione.
4.3. Consegue l’accoglimento del ricorso , nei termini suddetti.
4.4 Venendo ora ad esaminare il ricorso n. 7416/2017 R.G., rileva la Corte che il primo motivo è fondato.
Dalla sentenza impugnata si evince che, nel corso del giudizio di primo grado, la C.T.P. aveva invitato la ricorrente a produrre la procura alle liti entro trenta giorni dall’ordinanza del 17 gennaio 2014, mentre tale mandato era stato depositato soltanto in data 20 novembre 2014, e quindi fuori termine, trattandosi di termine perentorio. Conseguentemente, il ricorrente era stato considerato privo di procura, e come tale ricorso era stato ritenuto inammissibile.
Va osservato, tuttavia, che, nel caso di specie, non si versa nell’ipotesi prevista dal secondo comma dell’art. 182 cod. AVV_NOTAIO civ., a mente del quale «quando rileva la mancanza della procura al difensore oppure un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione che ne determina la nullità, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, per il rilascio RAGIONE_SOCIALE necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L’osservanza del termine sana i vizi, e gli effetti AVV_NOTAIOanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima notificazione».
L’ipotesi di specie, al contrario, riguarda l’ipotesi di cui al primo comma dello stesso art. 182 cod. AVV_NOTAIO civ., in quanto la procura era comunque preesistente al ricorso, come si evince dalla copia del ricorso depositato al momento della costituzione in giudizio dinanzi alla C.T.P., in cui il difensore autocertifica che «vi è mandato all’originale notificato», circostanza, quest’ultima, che non è mai stata contestata dall’RAGIONE_SOCIALE. La
procura, quindi, è stata richiamata ed enunciata dalla parte, pur non essendo stata depositata al momento della costituzione in giudizio.
Conseguentemente, nel caso di specie si trattava di sanare una mera irregolarità documentale, non involgendosi una mancanza di ius postulandi che invece sussisteva sin dall’instaurazione del rapporto processuale, e quindi l’invito a depositare il mandato alle liti doveva farsi rientrare nell’ipotesi di cui al primo comma dell’art. 182 cod. AVV_NOTAIO civ., che non prevede un termine perentorio per l ‘integrazione documentale disposta; l’avvenuta produzione della procura nel corso del giudizio, dunque, ha sanato ex tunc l’irregolarità (in tal senso, Cass. 18 febbraio 2016, n. 3181; Cass. 11 aprile 2006, n. 8435).
4.5. I restanti motivi del ricorso n. 7416/2017 R.G. rimangono quindi assorbiti, dovendo essere esaminati dalla corte di merito, che su di essi non si è pronunciata per il carattere assorbente della pronuncia di inammissibilità.
Le sentenze impugnate devono quindi essere cassate, nei termini suindicati, con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, la quale provvederà anche alla regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese dei giudizi di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dispone la riunione del ricorso n. 775/2016 R.G. con il ricorso n. 7416/2017 R.G.
Accoglie il ricorso n. 775/2016 R.G.
Accoglie il primo motivo del ricorso n. 7416/2017 R.G., dichiarando assorbiti gli altri motivi.
Cassa le sentenze impugnate, in relazione ai motivi accolti, e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 21 maggio 2024.