Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27840 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 27840 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME, con AVV_NOTAIO;
– ricorrente
–
contro
, ;
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato – controricorrente –
Avverso la sentenza n. 6481/2018 resa dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio e depositata in data 27 settembre 2018.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’otto ottobre 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1.Con apposito avviso (relativo all’anno d’imposta 2009) l’Agenzia accertava a carico del contribuente, qual socia di una società a ristretta base (RAGIONE_SOCIALE) rispetto alla quale veniva accertato un maggior reddito per gli anni dal 2007 al 2012.
La società non impugnava l’accertamento mentre appunto la socia proponeva ricorso avverso l’accertamento effettuato rispetto al suo reddito personale.
RISTRETTA BASE
La CTP respingeva il ricorso, e la pronuncia veniva confermata dalla CTR.
Propone allora ricorso in cassazione la contribuente fondandolo su due motivi, mentre l’Agenzia resiste a mezzo di controricorso.
Da ultimo la contribuente ha depositato memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE
1.Col primo motivo del ricorso si deduce violazione degli artt. 5 TUIR, 38 d.p.r. n. 600/73, laddove la sentenza d’appello ha sostanzialmente impedito al socio di contestare il reddito di partecipazione ove quello societario sia cristallizzato.
2.1. Il motivo è infondato.
Da un lato l’art. 5 citato si riferisce all’ipotesi dell’imputazione dei redditi per ‘trasparenza’ in capo ai soci di società personali, laddove nella specie si tratta di società di capitali.
Peraltro, la giurisprudenza di questa Corte ritiene che la presunzione di distribuzione degli utili percepiti dalla società possa operare in ipotesi di società di capitali a ristretta base azionaria.
In particolare, poi a fronte di suddetta presunzione il contribuente socio può dimostrare la mancata distribuzione degli utili.
Invero la presunzione di distribuzione degli utili non dichiarati tra i soci rappresenta l’ipotesi più logica e verosimile per società a ristretta base familiare, non essendo necessario alcun ulteriore elemento probatorio a suo sostegno. In ogni caso, tale presunzione non assume carattere ‘assoluto’, poiché ammette la possibilità, gravante sulla parte interessata, di dimostrare attraverso fatti concreti che gli utili siano stati destinati diversamente
‘l’accertamento del maggior reddito nei confronti di società di capitali a ristretta base partecipativa rende legittima la presunzione di distribuzione degli utili tra i soci, in quanto la stessa ha origine nella partecipazione e, pertanto, prescinde dalle modalità di accertamento, ferma restando la possibilità per i soci di fornire prova contraria rispetto alla pretesa dell’Amministrazione
finanziaria dimostrando che i maggiori ricavi dell’ente sono stati accantonati o reinvestiti (cfr., Sez. 5, 20/12/2018, n. 32959).
Ciò in quanto, nel caso di società di capitali a ristretta base azionaria, ove siano accertati utili non contabilizzati, opera la presunzione di attribuzione “pro quota” ai soci degli utili stessi, salva la prova contraria, gravante sul contribuente, che i maggiori ricavi sono stati accantonati o reinvestiti (da Sez. 5, 18/10/2017, n. 24534, a Sez. 5, 11/08/2020, n. 16913, Sez. 5, 24/06/2021, n. 18200)
Col terzo motivo si deduce violazione degli artt. 2727, 2729, c.c. e 38, d.p.r. n. 600/73.
In sostanza la ricorrente eccepisce che erroneamente la CTR non avrebbe tenuto conto delle giustificazioni da essa fornite circa le somme transitate sui propri conti.
3.1. Il motivo è inammissibile e comunque infondato.
Esso è inammissibile laddove non indica gli atti specifici del giudizio di merito in cui ebbe a dedurre gli elementi che fonderebbero la prova della giustificatezza del proprio reddito.
Nel merito il fatto che sul conto non emergano versamenti effettuati dalla società, non prova che il socio non abbia percepito i redditi non dichiarati, prova che passava attraverso la dimostrazione dell’accantonamento o investimento dei redditi stessi o a quella dell’estraneità del socio dalla vita sociale, posto che anzi i redditi non ufficiali ben difficilmente vengono convogliati sui conti dei soci a mezzo di operazioni tracciabili.
Il ricorso dev’essere rigettato e la parte ricorrente va condannata al pagamento delle spese.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte respinge il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in € 7800,00, oltre spese prenotate a debito.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, l’otto ottobre 2025
Il Presidente (NOME COGNOME)