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Presunzione distribuzione utili: la prova del socio

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27840/2025, ha confermato la legittimità della presunzione di distribuzione utili ai soci di una società a ristretta base in caso di accertamento di maggiori redditi societari. Il ricorso di una socia, che contestava l’avviso di accertamento sul proprio reddito personale, è stato respinto. La Corte ha ribadito che spetta al socio fornire la prova contraria, dimostrando con fatti concreti che gli utili sono stati reinvestiti o accantonati, e non semplicemente negando di averli percepiti.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Presunzione di Distribuzione Utili: Come il Socio di una SRL può Difendersi

Quando l’Agenzia delle Entrate accerta maggiori ricavi a una società di capitali, quali sono le conseguenze per i singoli soci? La recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale del diritto tributario: la presunzione distribuzione utili in società a ristretta base partecipativa. Questo principio stabilisce che gli utili extra-contabili si presumono distribuiti ai soci, ma non si tratta di una condanna senza appello. Vediamo come un socio può e deve difendersi.

I Fatti del Caso

La vicenda nasce da un avviso di accertamento notificato a una contribuente, socia di una società a responsabilità limitata operante nel settore delle cucine. L’Agenzia delle Entrate aveva precedentemente accertato un maggior reddito in capo alla società per gli anni dal 2007 al 2012.

Mentre la società decideva di non impugnare l’accertamento, rendendolo definitivo, la socia ha contestato l’atto impositivo a lei notificato, che le attribuiva una quota di quegli utili non dichiarati come reddito personale. I suoi ricorsi, sia in Commissione Tributaria Provinciale che Regionale, venivano respinti. Di qui, il ricorso in Cassazione fondato su due motivi principali, tra cui la presunta violazione delle norme sull’imputazione dei redditi.

La Decisione della Cassazione sulla presunzione distribuzione utili

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della contribuente, confermando la validità dell’operato dell’Amministrazione Finanziaria. I giudici hanno ribadito un orientamento consolidato: nel caso di società di capitali a ristretta base azionaria (o sociale), l’accertamento di un maggior reddito societario rende legittima la presunzione che gli utili non contabilizzati siano stati distribuiti ‘pro quota’ ai soci.

Il punto cruciale, sottolineato dalla Corte, è la natura di questa presunzione. Non è ‘assoluta’, ma ‘relativa’. Questo significa che ammette la prova contraria: il socio ha la possibilità di dimostrare che le cose sono andate diversamente.

Le Motivazioni della Corte

La decisione si fonda su un ragionamento logico e giuridico molto solido.

In primo luogo, la Corte distingue nettamente la situazione delle società di capitali da quella delle società di persone. Per queste ultime, vige il principio di ‘trasparenza’ (art. 5 TUIR), per cui il reddito societario è imputato ai soci indipendentemente dalla sua effettiva percezione. Per le società di capitali a ristretta base, invece, la logica è diversa: la ristrettezza della compagine sociale e/o il legame familiare tra i soci rendono ‘logico e verosimile’ che gli utili extra bilancio vengano spartiti tra loro.

In secondo luogo, e questo è l’aspetto più importante, la Corte definisce i contorni dell’onere della prova. Non basta, per il socio, negare di aver ricevuto le somme. La sua difesa deve basarsi su ‘fatti concreti’. Il socio deve dimostrare attivamente una destinazione diversa degli utili accertati. Quali sono queste prove? L’ordinanza stessa ne suggerisce alcune:

1. Accantonamento: Provare che i maggiori ricavi sono stati accantonati in specifiche riserve patrimoniali della società.
2. Reinvestimento: Dimostrare che tali somme sono state reinvestite nell’attività d’impresa (es. acquisto di macchinari, sviluppo di nuovi prodotti, etc.).

La Corte ha anche smontato una delle argomentazioni difensive della ricorrente, la quale sosteneva che l’assenza di versamenti tracciabili sui suoi conti correnti fosse prova della mancata percezione. I giudici hanno bollato questa tesi come inefficace, rilevando che i redditi non ufficiali ‘ben difficilmente vengono convogliati sui conti dei soci a mezzo di operazioni tracciabili’.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre una lezione fondamentale per i soci di S.r.l. a ristretta base. Un accertamento fiscale sulla società non è un problema che riguarda solo l’ente, ma può avere ripercussioni dirette e immediate sul patrimonio personale dei soci. La presunzione distribuzione utili è uno strumento potente nelle mani del Fisco, ma non invincibile. La difesa del socio non può limitarsi a una mera negazione, ma deve essere proattiva e documentale. È essenziale poter dimostrare, attraverso la contabilità, i verbali assembleari e altri documenti societari, che gli utili non dichiarati hanno seguito un percorso diverso dalla distribuzione, contribuendo invece a rafforzare il patrimonio o lo sviluppo dell’azienda. In assenza di tale prova contraria, la presunzione diventa una solida base per l’imposizione fiscale a carico del singolo socio.

In una società di capitali a ristretta base, se l’Agenzia delle Entrate accerta maggiori utili, questi possono essere automaticamente attribuiti ai soci?
Sì, possono essere attribuiti sulla base di una presunzione legale. Tale presunzione si fonda sull’ipotesi logica e verosimile che, in una compagine sociale ristretta, gli utili non dichiarati vengano distribuiti tra i soci. Tuttavia, questa presunzione non è assoluta e può essere superata.

Cosa deve fare un socio per dimostrare di non aver percepito gli utili non dichiarati dalla società?
Il socio deve fornire la ‘prova contraria’. Non è sufficiente negare di aver ricevuto il denaro o dimostrare l’assenza di bonifici sul proprio conto. È necessario provare, con fatti concreti e documentati, che i maggiori ricavi accertati sono stati destinati a scopi diversi dalla distribuzione, ad esempio che sono stati accantonati a riserva o reinvestiti nell’attività aziendale.

La mancata impugnazione dell’accertamento da parte della società influisce sulla posizione del socio?
Sì, in modo significativo. Se la società non contesta l’accertamento, il maggior reddito societario diventa un fatto ‘cristallizzato’ e definitivo. Questo rafforza la base su cui poggia la presunzione di distribuzione degli utili, rendendo più difficile per il socio contestare l’accertamento personale che ne deriva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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