LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Presunzione distribuzione utili: la prova del socio

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12752/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro tre soci di una s.r.l. a ristretta base. La Corte ha ribadito che la presunzione di distribuzione utili non dichiarati può essere superata dai soci fornendo una prova contraria adeguata. La valutazione di tale prova è di competenza esclusiva del giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità, confermando così la decisione che annullava gli avvisi di accertamento IRPEF a carico dei contribuenti.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Presunzione Distribuzione Utili: la Cassazione Conferma l’Onere della Prova a Carico del Socio

Nelle società di capitali a ristretta base partecipativa, la presunzione di distribuzione utili non contabilizzati ai soci è un’arma potente per l’Amministrazione Finanziaria. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: questa presunzione non è assoluta e il socio può vincerla fornendo una prova contraria adeguata. La valutazione di tale prova, però, spetta esclusivamente al giudice di merito, limitando l’intervento della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da tre avvisi di accertamento notificati dall’Agenzia delle Entrate a tre soci di una S.r.l. a base ristretta. L’Ufficio contestava un maggiore reddito di capitali ai fini IRPEF per l’anno 2014, basandosi sulla presunzione che gli utili extra-contabili accertati in capo alla società (con un avviso divenuto definitivo) fossero stati distribuiti ai soci stessi. La società, infatti, aveva omesso di presentare le dichiarazioni fiscali e di depositare il bilancio.

I soci impugnavano gli atti, sostenendo che l’Agenzia non avesse fornito prove concrete dell’effettiva percezione degli utili. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado accoglievano le ragioni dei contribuenti. In particolare, i giudici di secondo grado, pur riconoscendo la legittimità della presunzione, ritenevano che i soci avessero fornito ‘in modo sufficiente ed adeguato’ la prova contraria alla distribuzione.

L’Agenzia delle Entrate, insoddisfatta della decisione, proponeva ricorso per cassazione.

La Presunzione di Distribuzione Utili nelle Società Ristrette

Il cuore della controversia risiede nel meccanismo della presunzione di distribuzione utili in società con pochi soci, dove esiste un forte legame tra la gestione societaria e gli interessi personali dei partecipanti. La giurisprudenza costante ammette che, una volta accertato un maggior reddito in capo alla società, si possa presumere che tali utili siano stati distribuiti ai soci in proporzione alle loro quote.

Spetta quindi ai soci l’onere di superare questa presunzione. Devono dimostrare che gli utili non sono stati incassati, ma, ad esempio, sono stati reinvestiti nell’attività aziendale, accantonati in riserve occulte o utilizzati per altri scopi societari. Questa prova contraria non può essere generica, ma deve basarsi su elementi concreti e specifici.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate inammissibile, confermando integralmente la decisione dei giudici di merito.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha basato la sua decisione su due principi cardine del processo di legittimità.

In primo luogo, ha chiarito che il motivo di ricorso basato sulla presunta violazione dell’art. 2697 c.c. (onere della prova) era, in realtà, un tentativo di ottenere un nuovo esame del merito della vicenda. La Corte di secondo grado aveva già valutato la documentazione prodotta dai contribuenti, ritenendola idonea a dimostrare la mancata percezione degli utili. Questa valutazione delle prove è un’attività riservata al giudice di merito e non può essere messa in discussione in Cassazione, a meno che non si configuri un vizio di motivazione radicale, qui non riscontrato. La Corte non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di grado inferiore, ma solo verificare che la legge sia stata applicata correttamente.

In secondo luogo, il secondo motivo di ricorso dell’Agenzia, relativo a un presunto difetto di motivazione, è stato giudicato inammissibile perché si concentrava su un obiter dictum. Si trattava di un’argomentazione secondaria e non fondamentale per la decisione (ratio decidendi), e come tale non poteva essere oggetto di censura, in quanto priva di influenza sul dispositivo finale della sentenza.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza un importante principio a tutela del contribuente. Se da un lato la presunzione di distribuzione utili è uno strumento legittimo per il Fisco, dall’altro non esonera da una corretta ripartizione dell’onere probatorio. I soci hanno il diritto e la possibilità di dimostrare, con prove concrete, che la realtà dei fatti è diversa da quella presunta. La decisione sottolinea inoltre la netta separazione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità: la valutazione delle prove è un’attività sovrana dei giudici tributari di primo e secondo grado, e la Corte di Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. Di conseguenza, l’Agenzia delle Entrate è stata condannata al pagamento delle spese processuali.

In una società a ristretta base, l’accertamento di utili non dichiarati in capo alla società significa automaticamente che i soci verranno tassati?
No. L’accertamento di maggiori utili sulla società crea una presunzione legale relativa che tali utili siano stati distribuiti ai soci. Tuttavia, i soci possono superare questa presunzione fornendo la prova contraria, dimostrando cioè che non hanno percepito tali somme.

Che tipo di prova devono fornire i soci per dimostrare di non aver incassato gli utili?
La sentenza non specifica la natura delle prove, ma afferma che i giudici di merito hanno ritenuto ‘sufficiente ed adeguata’ la documentazione prodotta dai contribuenti. In generale, i soci devono fornire elementi concreti che dimostrino una diversa destinazione degli utili, come il reimpiego nell’azienda o l’accantonamento in fondi specifici.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove per decidere se un socio ha ragione?
No. La Corte di Cassazione ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità), non di riesaminare i fatti o le prove (giudizio di merito). Se il giudice di merito ha valutato le prove e ha motivato la sua decisione in modo logico e non apparente, la Cassazione non può intervenire per modificare tale valutazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati