Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31417 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31417 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/12/2024
Società di capitali a ristretta base -distribuzione degli utili tra i soci -presunzione – prova contraria – oggetto
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23772/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale rilasciata su foglio separato ed allegato al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME;
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, n. 3042/10/2023, depositata in data 22 maggio 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 1° ottobre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME impugnava l’ avviso di accertamento n. TK501R903050/2018, con il quale veniva imputato al ricorrente, nella sua veste di socio al 49,72% delle quote della società RAGIONE_SOCIALE e, quindi, recuperato a tassazione, ai fini IRPEF per l’anno 201 3, il reddito pari ad Euro 219.369,00, ex art. 47, comma 1, del d.P.R. n. 917/1986.
Il contribuente deduceva il difetto di preventivo contraddittorio e lamentava che l’Agenzia delle Entrate aveva fondato l’avviso di accertamento sul principio di presunzione di distribuzione ai soci degli utili non contabilizzati, presunzione non avvalorata da indici rivelatori della effettiva distribuzione degli utili.
La CTP di Roma dichiarava inammissibile, in quanto generica, l’impugnazione .
Interposto gravame dal contribuente, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio riformava la sentenza gravata rilevando, per quanto qui rilevi, che l’Ufficio non aveva addotto ulteriori elementi indiziari al fine di corroborare la presunzione della distribuzione al socio degli utili della società a ristretta base; inoltre, evidenziava che il contribuente aveva « fornito dimostrazione idonea a vincere la presunzione di distribuzione », avendo depositato i cedolini paga e gli estratti dei propri conti correnti.
Nelle more anche la società aveva proposto impugnativa avverso l’avviso di accertamento notificato nei suoi confronti e la CTP aveva dichiarato inammissibile il ricorso, con sentenza passata in giudicato.
Avverso la decisione della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione l’Ufficio , affidandosi ad un unico motivo. Il contribuente ha resistito con controricorso. È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 1° ottobre 2024.
Considerato che:
1. Con l’unico strumento di impugnazione l’Agenzia delle Entrate deduce la «violazione degli artt. 38, 39 comma 1 lett. d) e 41 bis del dPR 600/1973 e dell’ art. 2727 , in relazione all’art. 360, 1 comma, n. 3 cpc». Deduce, in particolare, che secondo la pacifica giurisprudenza di legittimità, e contrariamente a quanto sostenuto dalla CGT di secondo grado, la presunzione di distribuzione – ai soci – degli utili extracontabili della società opera in presenza di due presupposti, entrambi presenti nella specie: a) la base ristretta (familiare o meno) della società; b) l’esistenza di un valido accertamento nei confronti della società. Sotto altro profilo, secondo la Suprema Corte, la prova contraria idonea a vincere la suddetta presunzione è solo quella avente ad oggetto la mancata distribuzione del maggior utile, o perché accantonato o reinvestito; irrilevanti a detti fini, pertanto, sono gli estratti dei conti correnti, erroneamente valorizzati dal giudice di appello.
Il motivo è fondato.
2. Invero, secondo la pacifica giurisprudenza di legittimità, in tema di accertamento delle imposte sui redditi nel caso di società di capitali che presenti una ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione (semplice) di attribuzione ai soci partecipanti alla società degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà per il contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non siano stati oggetto di distribuzione, ma siano stati, invece, accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti, non essendo comunque a tal fine sufficiente la mera deduzione che l’esercizio sociale ufficiale si sia concluso con perdite contabili ( ex multis , Cass. 22/11/2017, n. 27778; da ultimo, Cass. 06/06/2024, n. 15895/2024). Ciò vale anche nelle ipotesi di assenza di rapporti di parentela, in quanto la ristrettezza della base sociale implica di per sé un elevato grado di compartecipazione dei soci, e dunque la conoscenza degli affar i sociali e la consapevolezza dell’esistenza di
utile extrabilancio, consentendo di riconoscere sussistenti, ai fini della prova presuntiva, i requisiti richiesti dall’art. 2729 cod. civ..
Tale meccanismo probatorio non si pone in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, in quanto il fatto noto non è dato dalla sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società, bensì dalla ristrettezza dell ‘assetto societario, che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale, con la conseguenza che, una volta ritenuta operante detta presunzione, spetta poi al contribuente fornire la prova contraria (Cass. 24/01/2019, n. 1947).
La detta presunzione, in altri termini, non va corroborata da altri elementi indiziari; in particolare non occorre che l’accertamento emesso nei confronti dei soci risulti fondato anche su elementi di riscontro tesi a verificare, attraverso l’analisi delle loro movimentazioni bancarie, l’intervenuto acquisto di beni di particolare valore, non giustificabili sulla base dei redditi dichiarati (Cass. 11/08/2020, n. 16913).
Sotto il secondo profilo denunciato, deve rilevarsi che questa Corte ha da tempo delimitato i confini della prova contraria che il socio deve fornire per vincere la detta presunzione: « il socio di una società di capitali a ristretta base partecipativa, al quale siano imputati i maggiori utili sociali extrabilancio, non può dolersi dell’accertamento effettuato nei confronti della società riproponendo doglianze ad esso riferibili, ma può unicamente eccepire che i maggiori ricavi non siano stati distribuiti, ma accantonati o reinvestiti dalla società, nonché dimostrare la propria estraneità alla gestione e conduzione societaria » (Cass. 15/07/2024, n. 19357; conf. Cass. 18/02/2020, n. 3980 e Cass. 09/07/2018, n. 18042).
Nella specie, pertanto, la CGT di secondo grado non ha fatto corretta applicazione dei principi appena richiamati, avendo erroneamente, da un lato, ritenuto necessari ulteriori elementi (rispetto all’accertamento nei confronti della società ed alla ristret ta base di questa) atti a corroborare la presunzione di distribuzione ai
soci degli utili extrabilancio, e, dall’altro, ritenuto fornita la prova contraria da parte del socio mediante il deposito dei cedolini paga e degli estratti conti bancari.
In base alle considerazioni svolte la sentenza di appello va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente grado di giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 1° ottobre 2024.