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Presunzione distribuzione utili: la Cassazione la estende

La Corte di Cassazione ha stabilito che la presunzione distribuzione utili non contabilizzati in una società a ristretta base partecipativa si estende anche attraverso una catena di controllo societario. Il caso riguardava un socio di una holding, a cui erano stati imputati utili generati da una società operativa controllata. La Corte ha chiarito che non si tratta di una ‘doppia presunzione’ vietata, ma di un’unica presunzione i cui effetti si propagano lungo la catena societaria, invertendo l’onere della prova a carico del contribuente.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Presunzione Distribuzione Utili: la Cassazione estende la sua portata alle catene societarie

L’ordinanza in esame affronta un tema cruciale del diritto tributario: la presunzione distribuzione utili extracontabili nelle società a ristretta base sociale. La Corte di Cassazione, con una decisione netta, chiarisce che tale presunzione non si ferma al primo livello societario, ma si estende lungo l’intera catena di controllo, a condizione che ogni società coinvolta presenti una compagine sociale ristretta. Questa pronuncia consolida un orientamento giurisprudenziale volto a contrastare l’abuso del diritto e l’elusione fiscale attraverso complesse strutture societarie.

I Fatti di Causa

L’Agenzia delle Entrate aveva emesso un avviso di accertamento nei confronti di un contribuente, socio di una società a responsabilità limitata (una holding di partecipazioni). L’accertamento mirava al recupero di maggiori imposte dirette su utili che, secondo l’Amministrazione Finanziaria, il contribuente avrebbe percepito.

Tuttavia, tali utili non erano stati prodotti dalla società di cui il contribuente era socio diretto, bensì da un’altra società, definita ‘cartiera’, di cui la prima deteneva una partecipazione. Entrambe le società erano caratterizzate da una base sociale ristretta. I giudici di merito (Commissione Tributaria Provinciale e Regionale) avevano annullato l’atto impositivo, ritenendo che l’Agenzia si fosse basata su una ‘doppia presunzione’ vietata: presumere il passaggio degli utili dalla società operativa alla holding e, successivamente, dalla holding ai suoi soci.

La Presunzione Distribuzione Utili e la sua estensione

La Corte di Cassazione ha completamente ribaltato la visione dei giudici di merito. Il punto centrale della decisione è che non si è di fronte a una doppia presunzione, bensì a un’unica presunzione i cui effetti si propagano. La presunzione distribuzione utili da una società a ristretta base ai suoi soci è un principio consolidato. La novità e la forza di questa ordinanza risiedono nell’affermare che lo schermo della personalità giuridica di una società interposta (la holding) non è sufficiente a bloccare questo meccanismo presuntivo.

Secondo la Corte, se la società operativa che ha prodotto gli utili in nero ha una base ristretta, si presume che li abbia distribuiti al suo socio (la holding). Se anche la holding ha una base sociale ristretta, la stessa presunzione opera nuovamente, facendo sì che quegli stessi utili si considerino distribuiti ai soci persone fisiche di quest’ultima. Si tratta, quindi, di una conseguenza a cascata di un’unica presunzione.

Le Motivazioni della Corte

La decisione si fonda su diverse argomentazioni giuridiche interconnesse:

1. Il Divieto di Abuso del Diritto

La Corte richiama il principio generale del divieto dell’abuso del diritto, radicato nei principi costituzionali di capacità contributiva e di eguaglianza (artt. 3 e 53 Cost.). Creare strutture societarie artificiose al solo scopo di eludere l’imposizione fiscale è un comportamento che l’ordinamento non tutela. La presunzione estesa serve a far prevalere la sostanza economica sulla forma giuridica.

2. La Natura Personalistica della S.r.l.

La Corte sottolinea come la società a responsabilità limitata (s.r.l.), specialmente negli ultimi anni, abbia accentuato la sua natura personalistica. In una s.r.l. a base ristretta, si assume che i pochi soci siano a conoscenza di tutte le vicende societarie, inclusa la gestione di fondi extracontabili. Questa consapevolezza giustifica l’assimilazione, ai fini presuntivi, alla disciplina delle società di persone, dove non vi è una netta separazione tra il patrimonio della società e quello dei soci.

3. L’Onere della Prova

Una volta che l’Amministrazione Finanziaria ha dimostrato l’esistenza di utili extracontabili e la natura ristretta della compagine sociale, l’onere della prova si inverte. Spetta al contribuente dimostrare il fatto contrario, ovvero che gli utili non sono mai stati distribuiti o che, ad esempio, sono stati reinvestiti nella società o accantonati. La semplice mancata contabilizzazione non è una prova sufficiente a vincere la presunzione.

Conclusioni

L’ordinanza della Corte di Cassazione rappresenta un importante monito per chi opera attraverso strutture societarie complesse. La presunzione distribuzione utili in contesti di ristretta base partecipativa è uno strumento potente nelle mani del Fisco, la cui efficacia non viene neutralizzata dalla mera interposizione di altre società. Per i soci di holding a compagine ristretta, diventa fondamentale essere in grado di documentare e provare la reale destinazione degli utili generati dalle società operative controllate, per non vederseli automaticamente imputati come reddito personale. La sentenza riafferma con forza il principio che la forma giuridica non può essere usata come scudo per nascondere la sostanza economica delle operazioni a fini elusivi.

La presunzione di distribuzione degli utili extracontabili si applica anche se i profitti sono generati da una società controllata e non da quella di cui si è soci diretti?
Sì, la Corte di Cassazione ha chiarito che la presunzione si estende lungo tutta la catena societaria, a condizione che ogni entità coinvolta sia a ristretta base partecipativa.

Costituisce una ‘doppia presunzione’ illegittima imputare al socio di una holding gli utili della società operativa?
No. Secondo la Corte, non si tratta di una doppia presunzione vietata, ma di un’unica presunzione con una duplice conseguenza: l’utile si considera prima distribuito alla società controllante e poi, da questa, ai suoi soci finali.

Su chi ricade l’onere di provare la mancata distribuzione degli utili extracontabili?
L’onere della prova ricade sul contribuente. Una volta che l’amministrazione fiscale ha provato l’esistenza di utili non contabilizzati in una società a base ristretta, spetta al socio dimostrare che tali utili non gli sono stati distribuiti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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