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Presunzione distribuzione utili: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 30586/2024, ha stabilito la legittimità della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili da una società a ristretta base proprietaria al suo socio unico. La Corte ha chiarito che l’accertamento verso il socio è valido anche se quello verso la società non è definitivo e che lo ‘scudo fiscale’ non opera se il contribuente era già a conoscenza di verifiche fiscali in corso. La sentenza della Commissione Tributaria Regionale, che aveva annullato l’avviso di accertamento, è stata cassata con rinvio.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Presunzione Distribuzione Utili: la Cassazione consolida il principio per le S.r.l.

L’ordinanza n. 30586/2024 della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto tributario: la presunzione distribuzione utili non dichiarati da una società a responsabilità limitata a ristretta base proprietaria ai propri soci. La Suprema Corte ha ribaltato la decisione dei giudici di merito, riaffermando principi consolidati in materia di onere della prova e di efficacia delle sanatorie fiscali, come lo ‘scudo fiscale’.

I Fatti di Causa: Dall’Accertamento alla Società a quello al Socio

La vicenda trae origine da una verifica fiscale condotta dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una S.r.l. unipersonale. L’Amministrazione Finanziaria contestava alla società l’omessa contabilizzazione di ricavi per oltre 320.000 euro per l’anno d’imposta 2004.

Successivamente, l’Agenzia emetteva un avviso di accertamento anche nei confronti del socio unico, recuperando a tassazione IRPEF l’intero importo del maggior reddito accertato in capo alla società. La logica dell’ufficio si basava sulla presunzione che tali utili extracontabili fossero stati distribuiti al socio.

Le Decisioni dei Giudici di Merito

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale accoglievano le ragioni del contribuente. I giudici di secondo grado, in particolare, fondavano la loro decisione su tre argomenti principali:
1. L’illegittimità della presunzione di attribuzione ‘pro quota’ ai soci dei maggiori redditi accertati alla società.
2. La necessità che l’accertamento nei confronti della società fosse divenuto definitivo prima di poter procedere contro il socio.
3. L’effetto preclusivo di un nuovo accertamento derivante dalla presentazione, da parte del contribuente, di una dichiarazione riservata per lo ‘scudo fiscale’, finalizzata a regolarizzare attività finanziarie detenute all’estero.

La Decisione della Cassazione e la presunzione distribuzione utili

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza regionale e smontando tutte e tre le rationes decidendi dei giudici di merito.

Il Principio della Presunzione di Distribuzione degli Utili

Contrariamente a quanto affermato dalla Commissione Regionale, la Cassazione ha ribadito il suo orientamento consolidato. L’accertamento di un maggior reddito in capo a una società di capitali a ristretta base proprietaria (o unipersonale) genera una presunzione semplice, secondo cui tale reddito è stato distribuito ai soci come utile.

Di conseguenza, spetta al socio fornire la prova contraria. Egli deve dimostrare che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma, ad esempio, accantonati a riserva o reinvestiti nell’attività aziendale, oppure che sono stati illecitamente appropriati da un terzo.

L’Autonomia dei Procedimenti e la Non Necessità di un Accertamento Definitivo

La Corte ha anche chiarito un altro punto fondamentale: la validità dell’accertamento al socio non dipende dalla definitività di quello emesso nei confronti della società. I due giudizi sono autonomi. La relazione tra i due procedimenti è di pregiudizialità, il che implica che il giudizio relativo al socio deve essere sospeso in attesa della definizione di quello riguardante la società, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., ma non che l’atto impositivo sia invalido.

L’Inefficacia dello ‘Scudo Fiscale’ per Formale Conoscenza dell’Audit

Infine, la Cassazione ha ritenuto errata l’applicazione dello ‘scudo fiscale’ come causa ostativa all’accertamento. La normativa prevede che la sanatoria non produca effetti se, alla data di presentazione della dichiarazione riservata, il contribuente ha già avuto ‘formale conoscenza’ di accessi, ispezioni, verifiche o altre attività di accertamento.

Nel caso di specie, il socio unico, nella sua qualità di amministratore della società, aveva ricevuto un invito a fornire informazioni e partecipato attivamente al contraddittorio con l’Ufficio Fiscale prima di presentare la dichiarazione per lo scudo. Questa partecipazione attiva, secondo la Corte, integra il requisito della ‘formale conoscenza’, rendendo inefficace la protezione offerta dalla sanatoria.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Suprema Corte si basano su un’interpretazione logico-sistemica delle norme tributarie e del codice civile in materia di presunzioni. La ristretta base sociale o la struttura unipersonale di una S.r.l. crea un forte legame tra la gestione societaria e gli interessi dei soci, rendendo plausibile l’inferenza che i profitti non dichiarati vengano distribuiti. Riguardo allo ‘scudo fiscale’, la Corte ha sottolineato che la ‘formale conoscenza’ non si limita alla notifica di un atto formale, ma comprende qualsiasi attività procedimentale che porti il contribuente a conoscenza dell’indagine fiscale in corso. Questo per evitare un uso elusivo dello strumento, attivato solo dopo aver sentore di un’imminente contestazione.

Conclusioni

L’ordinanza in commento rafforza tre importanti principi: primo, la legittimità della presunzione distribuzione utili in società a base ristretta, con un’inversione dell’onere della prova a carico del socio; secondo, l’autonomia del procedimento di accertamento verso il socio rispetto a quello societario; terzo, un’interpretazione sostanziale del concetto di ‘formale conoscenza’ che limita l’efficacia dello ‘scudo fiscale’ ai soli contribuenti non ancora raggiunti da attività ispettive. La decisione rappresenta un’importante guida per professionisti e contribuenti, chiarendo i confini e le responsabilità nella gestione delle società a compagine sociale ridotta.

È legittimo presumere che gli utili non dichiarati da una S.r.l. unipersonale siano stati distribuiti al socio?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, l’accertamento di un maggior reddito d’impresa in capo a una società di capitali unipersonale o a ristretta base proprietaria genera la presunzione semplice che tale reddito sia stato attribuito ai soci come utile. Spetta poi al socio dimostrare il contrario.

L’accertamento fiscale nei confronti del socio è valido anche se quello contro la società non è ancora definitivo?
Sì. La Corte ha stabilito che non è necessario che l’accertamento nei confronti della società sia definitivo. I due procedimenti sono autonomi, anche se legati da un rapporto di pregiudizialità, che impone la sospensione del giudizio del socio in attesa della definizione di quello della società.

Lo ‘scudo fiscale’ protegge sempre da accertamenti tributari sui periodi d’imposta precedenti?
No. La protezione dello ‘scudo fiscale’ non opera se, alla data di presentazione della dichiarazione riservata, il contribuente aveva già avuto ‘formale conoscenza’ di accessi, ispezioni, verifiche o altre attività di accertamento. La ‘formale conoscenza’ include anche la partecipazione a contraddittori preventivi o la risposta a questionari dell’Amministrazione Finanziaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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