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Presunzione distribuzione utili: la Cassazione decide

Un’analisi della recente ordinanza della Cassazione sulla presunzione distribuzione utili. Il caso riguarda l’accertamento fiscale diretto al socio di una società cancellata, a sua volta socia di un’altra società con utili extrabilancio. La Corte ha ritenuto legittima la presunzione, estendendola attraverso la catena partecipativa a ristretta base sociale, anche in assenza di un accertamento intermedio.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Presunzione Distribuzione Utili: la Cassazione la estende alla catena societaria

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha rafforzato un principio fondamentale in materia fiscale: la presunzione distribuzione utili ai soci di società a ristretta base partecipativa. La decisione chiarisce che tale presunzione non si ferma di fronte a schermi societari complessi, ma può estendersi lungo l’intera catena di controllo, colpendo direttamente il socio persona fisica finale, anche quando la società intermedia è stata cancellata dal registro delle imprese.

I fatti del caso: una catena societaria sotto la lente del Fisco

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Amministrazione Finanziaria a una contribuente, socia al 90% di una società (che chiameremo Società B). L’atto impositivo attribuiva alla contribuente, come redditi di capitale, utili non dichiarati provenienti da un’altra società (Società A), della quale la Società B era socia di maggioranza al 50%. Entrambe le società erano a ristretta base sociale.

La particolarità del caso risiedeva in due elementi chiave:
1. La Società A era stata oggetto di una verifica fiscale che aveva accertato maggiori ricavi e costi inesistenti, e tale accertamento era divenuto definitivo.
2. La Società B era stata cancellata dal registro delle imprese prima che l’accertamento venisse notificato alla sua socia.

Le commissioni tributarie di primo e secondo grado avevano dato ragione alla contribuente, sostenendo che l’Amministrazione Finanziaria avrebbe dovuto prima notificare un atto di accertamento alla Società B (in qualità di socia della Società A) e solo successivamente agire nei confronti della persona fisica. L’assenza di questo passaggio intermedio, secondo i giudici di merito, rendeva illegittimo l’atto.

La decisione della Corte di Cassazione e la presunzione distribuzione utili

L’Amministrazione Finanziaria ha proposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione delle norme sulla presunzione di distribuzione degli utili. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ribaltando completamente la decisione dei giudici di merito e affermando la piena legittimità dell’operato dell’Ufficio.

Il fulcro della decisione si basa sul principio, ormai consolidato (ius receptum), secondo cui l’accertamento di un maggior reddito in capo a una società di capitali a ristretta base partecipativa fa scattare una presunzione legale (relativa) di distribuzione degli utili extracontabili ai soci. Questa presunzione si fonda sulla logica che, in contesti con pochi soci, esiste un forte controllo reciproco e una marcata solidarietà che rendono probabile la spartizione dei profitti non dichiarati.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha specificato che la presunzione distribuzione utili non viene neutralizzata dalla presenza di uno schermo societario intermedio. Anzi, la sua efficacia si estende a tutti i livelli della catena partecipativa, a condizione che a ogni livello si riscontri la medesima ristrettezza della compagine sociale. Nel caso di specie, la Società A era a base ristretta, e la Società B, sua socia di maggioranza, era a sua volta partecipata da sole due persone fisiche.

Inoltre, i giudici hanno chiarito un punto cruciale relativo alla cancellazione della Società B. L’estinzione della società determina un fenomeno successorio, in cui i soci subentrano nei rapporti giuridici, inclusi i debiti tributari. Pertanto, l’Amministrazione Finanziaria ha agito correttamente notificando l’avviso di accertamento direttamente alla contribuente, in quanto l’atto non poteva più essere emesso nei confronti di un soggetto giuridico cessato. La cancellazione della società intermedia non interrompe il flusso presuntivo degli utili, ma, al contrario, giustifica l’azione diretta nei confronti dei soci successori.

Le conclusioni

La Corte ha concluso che il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria doveva essere accolto. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa è stata decisa nel merito con il rigetto del ricorso originario della contribuente. Questa pronuncia ha importanti implicazioni pratiche: conferma che la presunzione di distribuzione degli utili è uno strumento potente a disposizione del Fisco per contrastare l’evasione. I soci di holding o di società a controllo familiare, anche attraverso strutture complesse, non possono fare affidamento sugli schermi societari per proteggersi da accertamenti su utili extracontabili generati a livelli inferiori della catena di controllo. La responsabilità può risalire direttamente fino alla persona fisica, specialmente in caso di estinzione delle società intermedie.

In una società a ristretta base partecipativa, gli utili non dichiarati si presumono distribuiti ai soci?
Sì, secondo un principio consolidato della giurisprudenza, l’accertamento di maggiori redditi in capo a una società di capitali a ristretta base partecipativa legittima la presunzione che gli utili extracontabili siano stati distribuiti pro quota ai soci. Spetta poi ai soci fornire la prova contraria, dimostrando che tali utili sono stati accantonati o reinvestiti.

Questa presunzione vale anche se il socio è un’altra società, creando una catena di partecipazioni?
Sì, la Corte di Cassazione ha chiarito che la presunzione non è neutralizzata dallo schermo della personalità giuridica e può estendere la sua efficacia a tutti i gradi dell’organizzazione societaria. Se la società socia è a sua volta a ristretta base sociale, la presunzione si applica lungo la catena fino a raggiungere i soci persone fisiche.

Se la società socia viene cancellata dal registro delle imprese, l’Agenzia delle Entrate può agire direttamente contro i soci di quest’ultima?
Sì. La cancellazione della società dal registro delle imprese determina un fenomeno di tipo successorio, per cui i soci subentrano nei debiti della società, inclusi quelli fiscali derivanti da utili non dichiarati. Di conseguenza, l’amministrazione finanziaria può legittimamente notificare l’avviso di accertamento direttamente ai soci della società estinta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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