Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24907 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24907 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/09/2025
AVVISO DI ACCERTAMENTO –
IVA 2003.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1805/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
-ricorrente –
contro
COGNOME, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale allegata al controricorso,
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia -Romagna n. 751/2022, depositata il 20 giugno 2022;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in camera di consiglio del 20 maggio 2025 dal consigliere relatore dott. NOME COGNOME
– Rilevato che:
L ‘Agenzia delle Entrate Direzione provinciale di Bologna notificava, in data 19 luglio 2019, a Minelli Salvatore avviso di accertamento n. THB01CE01506/2019, con il quale recuperava a tassazione , per l’anno d’imposta 2016, il maggior reddito riveniente dalla partecipazione, per la quota del 40%, nella società RAGIONE_SOCIALE esercente l’attività di ‘ ristorazione con somministrazione’, e nei cui confronti era stato emesso avviso di accertamento per maggiori redditi d’imposta n. NUMERO_DOCUMENTO/2019, notificato in data 14 aprile 2019 e divenuto definitivo per mancata impugnazione.
Avverso l’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti COGNOME Salvatore proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Bologna la quale, con sentenza n. 287/2021 del 22 aprile 2021, lo rigettava, condannando parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite.
Interposto gravame dal contribuente, la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia -Romagna, con sentenza n. 751/2022, pronunciata il 28 aprile 2022 e depositata in segreteria il 20 giugno 2022, accoglieva l’appello, annullando l’atto impugnato e condannando l’Ufficio alla rifusione delle spese del doppio grado di giudizio.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, sulla base di un unico motivo (ricorso notificato il 17 gennaio 2023).
Resiste con controricorso COGNOME Salvatore.
Con decreto del 18 febbraio 2025 è stata fissata la discussione del ricorso dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 20 maggio 2025, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 cod. proc. civ.
– Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 41 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e degli artt. 2727 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Deduce, in particolare, l’Ufficio che erroneamente la C.T.R. ha ritenuto che la presunzione di distribuzione dei maggiori utili ai soci andasse suffragata e comprovata con ulteriori probatori aggiuntivi.
2. Il motivo è fondato.
La Corte territoriale ha accolto l’appello del contribuente, annullando quindi l’avviso di accertamento, ritenendo che l’Amministrazione non ave sse tenuto in giusta considerazione la documentazione prodotta dal contribuente, consistente negli estratti conto bancari (dai quali non era dato desumere alcun accredito degli utili extra-contabili de quibus ), e ritenendo pertanto non sufficiente la sola partecipazione del contribuente ad una società a ristretta base sociale per l’operatività della presunzione di distribuzione degli utili.
A tal proposito, mette conto tuttavia rilevare che « nel caso di società a ristretta base familiare, è legittima la presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili, che, attesa la mancanza di una deliberazione ufficiale di approvazione del bilancio trattandosi di utili occulti, deve ritenersi avvenuta nello stesso periodo d’imposta in cui gli stessi sono stati conseguiti.
In altri termini, nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà per il contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, ma siano stati, invece, accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti» (tra le altre Cass. 13 novembre 2024, n. 29289; Cass. 4 novembre 2024, n. 28337); sotto altro profilo, la presunzione può essere superata anche dalla dimostrazione, a carico del socio, anche solo della sua estraneità assoluta alla gestione ed alla vita societaria, che non appare in contrasto con la ragione dell’operatività della presunzione, basata su una massima di comune esperienza per la quale dalla ristrettezza della base sociale deriva un elevato grado di compartecipazione dei soci alla gestione della società e di reciproco controllo tra gli stessi (Cass. 10 ottobre 2024, n. 26473).
Da ciò deriva, dunque, che la presunzione di distribuzione ai soci si possa basare unicamente sulla sola ristrettezza della base sociale, ferma restando la possibilità per i soci di fornire la prova contraria.
La presunzione opera quindi per la sola ristrettezza della base sociale, e, in ogni caso, la mancata prova degli accrediti su conto corrente non è certamente idonea ad escludere l’applicazione di tale presunzione, in quanto è evidente che, trattandosi di utili extra-contabili, essi non transitino necessariamente sui conti personali dei soci. La prova a carico del contribuente, invero, avrebbe dovuto riguardare la destinazione non personale degli utili, o comunque la sua estraneità totale alla vita ed alla gestione della società, non rilevando invece che essi non siano
eventualmente transitati sul conto personale, proprio perché utili non registrati in contabilità.
Consegue l’accoglimento del ricorso.
La sentenza impugnata deve quindi essere cassata, con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna, in diversa composizione, la quale provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2025.