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Presunzione distribuzione utili: il socio può contestarla

La Corte di Cassazione ha stabilito che il socio di una società a ristretta base partecipativa può contestare nel proprio giudizio le fondamenta dell’accertamento fiscale mosso alla società. L’Amministrazione finanziaria aveva notificato un avviso di accertamento a un socio per maggior reddito da partecipazione, basandosi sulla presunzione di distribuzione degli utili extra-contabili della società. La Corte ha chiarito che il giudice del socio deve esaminare le critiche relative alla reale esistenza del maggior reddito societario, poiché se la società non ha percepito utili, non può averli distribuiti. La sentenza impugnata è stata cassata con rinvio.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Presunzione Distribuzione Utili: Il Diritto del Socio a Difendersi

Nelle società a ristretta base partecipativa, come le Srl familiari, vige una regola fiscale molto importante: la presunzione di distribuzione utili. Secondo questo principio, se l’Agenzia delle Entrate accerta che la società ha guadagnato più di quanto dichiarato, si presume che questi profitti ‘in nero’ siano stati distribuiti ai soci, i quali dovranno pagarci le tasse. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha però rafforzato il diritto di difesa del socio, chiarendo che egli può contestare non solo la distribuzione, ma anche l’esistenza stessa di questi presunti utili societari.

I Fatti di Causa

Il caso nasce da un avviso di accertamento notificato a una società edile Srl. Secondo l’Amministrazione finanziaria, la società aveva omesso di dichiarare una parte dei ricavi derivanti da un’operazione immobiliare complessa, che includeva un contratto di appalto con permuta. Di conseguenza, l’Agenzia ha emesso un secondo avviso di accertamento direttamente a uno dei soci, detentore del 50% delle quote, contestandogli un maggior reddito da partecipazione basato proprio sulla presunzione che gli utili non dichiarati dalla società fossero finiti nelle sue tasche.

Il socio ha impugnato l’atto, sostenendo che la ricostruzione dei fatti fosse errata e che, in realtà, la società non aveva mai conseguito quel maggior reddito. Tuttavia, sia in primo che in secondo grado, i giudici tributari hanno respinto le sue ragioni, concentrandosi unicamente sulla legittimità della presunzione di distribuzione, senza entrare nel merito delle contestazioni sull’operato della società. Parallelamente, in un giudizio separato, la società era riuscita a far annullare il proprio avviso di accertamento. Il socio ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte sulla presunzione distribuzione utili

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del socio, ribaltando la decisione precedente. I giudici supremi hanno sottolineato che il giudice che valuta la posizione del socio non può ignorare le critiche mosse all’accertamento societario. La percezione di maggiori redditi da parte della società è il presupposto logico e giuridico indispensabile per poter parlare di una loro successiva distribuzione.

In altre parole, se il socio fornisce prove e argomenti per dimostrare che la società non ha mai incassato quegli utili, il giudice ha il dovere di esaminarli. Non si può dare per scontato il debito della società per poi discutere solo se i profitti siano stati distribuiti o meno. Se il presupposto (il maggior reddito societario) viene a mancare, crolla l’intero impianto accusatorio nei confronti del socio.

Le Motivazioni

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: la presunzione di distribuzione degli utili in una società a ristretta base partecipativa è una presunzione relativa, non assoluta. Ciò significa che ammette la prova contraria. Il socio può difendersi dimostrando non solo che gli utili non gli sono stati distribuiti (perché, ad esempio, sono stati reinvestiti o accantonati), ma anche, e prima ancora, che tali utili non sono mai stati effettivamente realizzati dalla società.

Il giudice del gravame aveva errato nel non considerare le censure di merito sollevate dal contribuente riguardo all’accertamento presupposto. Il fatto che i due giudizi (quello della società e quello del socio) siano distinti non significa che siano incomunicabili. Anzi, il giudice del socio deve valutare autonomamente tutte le difese, comprese quelle che mettono in discussione la legittimità dell’atto impositivo rivolto alla società. Se la società non ha guadagnato di più, non c’era nulla da distribuire.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta una tutela importante per i soci di Srl e altre società a ristretta base partecipativa. Stabilisce chiaramente che il socio non è un destinatario passivo delle conseguenze di un accertamento societario, ma ha pieno diritto di contestarne le fondamenta nel proprio giudizio. La decisione impone ai giudici tributari un esame più approfondito e completo, che non si fermi alla sola applicazione meccanica della presunzione, ma valuti nel merito la fondatezza della pretesa fiscale fin dalla sua origine. Per i soci, significa avere una possibilità concreta di dimostrare che l’accertamento a loro carico è infondato perché basato su un presupposto inesistente.

In una società a ristretta base partecipativa, il socio può contestare l’accertamento fiscale mosso alla società?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che il socio può e deve poter esaminare e criticare, nel giudizio che lo riguarda, la fondatezza dell’accertamento sul maggior reddito societario, poiché questo è il presupposto della pretesa fiscale nei suoi confronti.

Cosa si intende per presunzione di distribuzione degli utili non dichiarati?
È una presunzione legale secondo cui, in una società con pochi soci, gli utili accertati ma non dichiarati si considerano automaticamente distribuiti ai soci stessi in proporzione alle loro quote, rendendoli responsabili per il pagamento delle relative imposte personali (Irpef).

Come può un socio superare la presunzione di distribuzione degli utili?
Il socio può fornire la prova contraria dimostrando che i maggiori ricavi non sono stati effettivamente realizzati dalla società, oppure che non sono stati distribuiti ma accantonati o reinvestiti, o ancora che se ne è appropriato un altro soggetto. Può anche dimostrare la sua totale estraneità alla gestione e al controllo della vita sociale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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