Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25681 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25681 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME quale socio della RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Lecce, che ha indicato recapito pec;
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 2333/2023, pronunciata dalla Corte di giustizia tributaria di II grado della Puglia il 20.3.2023 e pubblicata il 28.7.2023;
ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OGGETTO: Irpef 2011 -Reddito di partecipazione ad RAGIONE_SOCIALE -Annullamento, non definitivo, dell’accertamento societario -Omesso esame contestazioni di merito.
la Corte osserva:
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate, recependo gli esiti di processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza, notificava il 13.10.2016 alla RAGIONE_SOCIALE, esercente attività di costruzioni edilizie, un avviso di accertamento, contestando l’omesso versamento dei tributi in relazione al maggior reddito conseguito mediante operazioni commerciali pur fatturate, con riferimento ad Ires, Iva ed Ires, in relazione all’anno 2011. In conseguenza notificava a NOME COGNOME, socio della RAGIONE_SOCIALE e detentore del 50% delle quote societarie, vertendosi in materia di società di capitali avente ristretta base partecipativa, l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, contestando il reddito di partecipazione percentualmente ritenuto conseguito ai fini Irpef.
La società ed il socio impugnavano con separati ricorsi gli avvisi di accertamento ricevuti, così come faceva anche l’altro socio NOME NOME, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, proponendo censure procedimentali e di merito e criticando, tra l’altro, l’infondatezza della ricostruzione della vicenda operata dall’Amministrazione finanziaria perché i rapporti contrattuali tra le parti imprenditoriali si erano modificati nel tempo, ma non si era originata alcuna evasione fiscale.
La CTP riteneva infondate le critiche proposte dai ricorrenti e rigettava le loro impugnative.
La RAGIONE_SOCIALE ed i soci, sempre con separati ricorsi, spiegavano appello avverso le decisioni sfavorevoli adottate dalla CTP, innanzi alla Corte di giustizia secondaria di secondo grado della Puglia, rinnovando i propri argomenti. Nel giudizio relativo alla società, la Corte regionale riteneva che della simulazione ipotizzata dall’Agenzia delle Entrate non vi fosse prova e, avendo la società versato le imposte nella misura dovuta nel corso di più anni, accoglieva il suo ricorso ed annullava l’avviso di accertamento.
Diversamente, con riferimento al ricorso proposto dal socio NOME COGNOME, rigettava l’impugnativa.
Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, avverso la pronunzia della Corte tributaria della Puglia, affidandosi a due motivi di impugnazione.
L’Amministrazione finanziaria ha resistito con controricorso.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il contribuente denuncia la violazione degli artt. 112, 113, 115 e 116 cod. proc. civ., per avere la CGT di secondo grado omesso di giudicare sulle censure proposte e sulla documentazione prodotta, con le quali si era tra l’altro contestato l’effettivo conseguimento di un reddito societario non dichiarato.
Mediante il secondo motivo di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., il ricorrente deduce la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., perché la citata CGT ha omesso ogni valutazione in ordine alle censure di merito proposte avverso l’effettivo conseguimento di un reddito societario non dichiarato, di cui ha invece tenuto conto nel separato giudizio proposto dalla società, in cui, contraddittoriamente, le ha accolte, annullando la pretesa fiscale.
E’ opportuno premettere che la decisione assunta dalla CTR sull’accertamento societario, con pronuncia della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia sent. n. 2334, decisa lo stesso giorno 20.3.2023 e depositata anch’essa il 28.7.2023, è stata impugnata per cassazione dall’Agenzia delle Entrate. Il giudizio ha assunto il NRG 722/2024, e se ne è assicurata la trattazione contestuale, come del resto domandato dalla controricorrente.
3.1. Anche in questo giudizio esigenze di chiarezza impongono quindi di cercare di ricostruire, sulla base delle non sempre
intellegibili narrative delle parti, le vicende che hanno condotto agli odierni giudizi, di cui sono parte la società ed i soci, senza trascurare i rilievi proposti dagli organi giudicanti.
3.2. Risulta pacifico che la RAGIONE_SOCIALE, la quale stava realizzando un complesso immobiliare costituito da più appartamenti, aveva stipulato nel 2008 un contratto di appalto con permuta con la ditta appaltatrice RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME. La ditta si impegnava a fornire infissi per interni ed esterni per un valore di euro 88.000,00 oltre Iva, e la società avrebbe corrisposto in cambio una delle unità immobiliari in costruzione ed il rispettivo vano cantina (a titolo di permuta), oltre ad un conguaglio a saldo di euro 25.000,00.
Nell’anno 2011 a cui si riferisce l’accertamento oggetto di causa, la COGNOME fatturava per la fornitura degli infissi l’importo di euro 96.538,46 (oltre Iva), e contabilizzava incassi riscossi dalla società per euro 62.400,00 (quarta fattura non riscossa). La RAGIONE_SOCIALE fatturava e uro 60.000,00 per la vendita dell’immobile.
L’Agenzia contestava alla RAGIONE_SOCIALE maggiori ricavi non fatturati e non dichiarati nella misura di euro 36.538,46, costituiti dalla differenza tra gli importi fatturati dalle due società. Tanto sarebbe dipeso dal fatto che la RAGIONE_SOCIALE non aveva corrisposto l’importo perché lo stesso costituiva, di fatto, l’acconto versato dalla COGNOME per l’acquisto dell’immobile.
Su tutto questo si innesta un’articolata operazione negoziale in cui nella cessione dell’immobile sarebbe stata interposta NOME, che era la moglie di NOME NOME titolare della Lavinall, ed aveva acquistato l’appartamento al prezzo di euro 66.000,00 per conto di terzi, contestandosi dall’Amministrazione finanziaria la violazione dell’art. 11, primo comma, del Dpr n. 633 del 1972. In sostanza l’immobile ceduto alla COGNOME non rappresentava più, secondo l’Ente impositore, il corrispettivo della cessione degli infissi, bensì una vendita diretta, tramite soggetto
interposto, con ricavo non contabilizzato. Secondo la società, invece, il contratto di appalto con permuta era stato consensualmente risolto dalle parti, pattuendosi che l’appartamento in costruzione sarebbe stato ceduto alla COGNOME anziché a suo marito. Le somme che si pretendevano evase attenevano ad importi solo successivamente regolati tra le parti e relativi alla vendita del vano cantina, ceduto con atto pubblico del 24.1.2016, di cui alla fattura della RAGIONE_SOCIALE di euro 48.300,00 dell’anno 2015.
Tanto premesso, mediante i suoi motivi d’impugnazione il contribuente lamenta, in relazione ai profili della violazione di legge e del vizio di motivazione, che il giudice del gravame non ha affatto esaminato le censure proposte sin dal giudizio di primo grado, e rinnovate in appello, avverso l’infondatezza dell’accertamento di un maggior reddito conseguito dalla società, presupposto della richiesta di pagamento dei tributi sul maggior reddito ritenuto conseguito dai soci. Peraltro, contestualmente il giudice del gravame, nel processo introdotto dalla società, ha ritenuto fondate le sue critiche di merito ed ha accolto l’impugnativa annullando l’atto impositivo.
I due motivi di ricorso risultano connessi e possono essere trattati congiuntamente.
4.1. Corrisponde al vero che il giudice dell’appello concentra la propria valutazione, in questo giudizio, nell’affermare la completezza della motivazione adottata dai giudizi di primo grado, senza però indicare quali elementi fondino il suo convincimento. Il giudice del gravame si esprime quindi sulla fondatezza della presunzione di distribuzione degli utili ai soci nel caso di una società di capitali avente ristretta base partecipativa. Aggiunge, poi, che il contribuente può escludere la propria responsabilità fiscale a titolo personale dimostrando che i maggiori utili percepiti
dalla società non sono stati distribuiti, ma sono stati accantonati o reinvestiti.
4.2. Invero non è precluso al socio di società avente ristretta base partecipativa, peraltro non ricorrendo un’ipotesi di litisconsorzio necessario, contestare non solo che i maggiori utili percepiti dalla società non sono stati distribuiti, ma sono stati accantonati o reinvestiti, ma pure censurare che tali maggiori redditi non sono stati affatto conseguiti dalla società. La percezione da parte della società di maggiori redditi, infatti, è il presupposto della loro possibile distribuzione, e pertanto dell’eventuale responsabilità fiscale del socio in relazione ai maggiori redditi di partecipazione da ritenersi conseguiti.
Si è avuta recentemente l’occasione di ribadire, in proposito, che ‘in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la presenza di una società a ristretta base partecipativa consente l’applicazione della presunzione di distribuzione fra i soci degli utili non dichiarati, fatta salva la prova contraria a carico degli stessi che i maggiori ricavi non sono stati effettivamente realizzati o distribuiti dalla società, ma accantonati o reinvestiti, oppure che degli stessi se ne è appropriato altro soggetto, ovvero dimostrando la assoluta estraneità alla gestione, al controllo e all’informazione circa la ‘vita’ sociale’ (Cass. sez. V, 16.4.2025, n. 10004).
Il giudice non può pertanto esimersi, nel giudizio promosso dal socio in ordine al reddito di partecipazione che gli si contesta di aver percepito, dall’esaminare le critiche che il socio abbia proposto in materia di maggiore reddito societario che si assume conseguito. Se la società non ha percepito un maggior reddito, nulla ha potuto distribuire al socio.
Il ricorso proposto dal socio NOME COGNOME risulta, pertanto, fondato e deve perciò essere accolto.
4.3. Per completezza sembra ancora opportuno osservare che il giudizio relativo all’accertamento del conseguimento di un maggior
reddito da parte della RAGIONE_SOCIALE nell’anno 2011 non è ancora divenuto definitivo, avendo questa Corte di legittimità deciso, all’udienza odierna, la cassazione con rinvio della innanzi indicata decisione pronunciata in materia dalla Corte tributaria regionale.
In conclusione il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere accolto, cassandosi la decisione impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia perché proceda a nuovo esame e provveda, altresì, a regolare le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso proposto da NOME COGNOME cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio, provvedendo anche a regolare tra le parti le spese di lite del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, l’11.9.2025.
Il Presidente NOME COGNOME