Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1624 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1624 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28577/2014 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale Dello Stato (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende -ricorrente-
contro
DI COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso da ll’ avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE.
-resistente- avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 3920/2014 depositata il 16/04/2014.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate ricorre, con tre motivi, per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, n. 3920/2014, depositata il 16.04.2014, che in controversia su impugnazione da parte di NOME COGNOME di avviso di accertamento col quale, ex art. 41-bis DPR 600/73, si accertava maggior reddito ai fini delle imposte dirette, in
corrispondenza della quota di partecipazione alla società RAGIONE_SOCIALE per la distribuzione di utili extracontabili, ha parzialmente accolto l’appello dell’Ufficio, determinando il maggior reddito di capitale per l’anno 2005 in euro 10.983,68, con compensazione delle spese.
1.1. La CTR della Campania, nella impugnata sentenza, riporta i fatti a fondamento della decisione, individuati nella pronuncia dalla stessa Commissione regionale emessa in merito al ricorso della società RAGIONE_SOCIALE a ristretta base partecipativa, di cui il contribuente è socio nella misura dell’80%, e che aveva confermato l ‘annullamento della rettifica ai fini Ires, Irap e Iva relativa alla ricostruzione dei maggiori ricavi per cessioni di unità immobiliari, confermando, in quanto non contestata, la ripresa a tassazione di costi non deducibili sostenuti per canoni di leasing per utilizzo di autovetture.
1.2. Nella impugnata sentenza la CTR, in considerazione della motivazione adottata nei confronti della società, ha ritenuto effettivamente dimostrata l’inesistenza di maggiori ricavi occulti ottenuti dalla vendita degli immobili. Ha conseguentemente ritenuto che il reddito della società da considerarsi distribuito ai soci (e per la quota dell’80% al Di Ronza) andasse limitato alla somma corrispondente alla ripresa a tassazione di costi non deducibili per canoni di leasing, e che tale somma concorresse alla formazione del reddito imponibile di ciascun socio quale reddito di capitale nella misura del 40%.
La causa, sospesa ex art. 1 comma 190 I. 197/2022 al fine di consentire al contribuente, che si è costituito solo a tale fine, di avvalersi della definizione agevolata, non perfezionatasi la definizi one torna in decisione all’odierna adunanza.
Il pubblico ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale dott. NOME COGNOME ha depositato requisitoria, chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denuncia la «Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c.».
Deduce l’Amministrazione ricorrente che erroneamente la CTR, richiamando la sentenza n. 1335/2014, ne avrebbe fatto proprie le argomentazioni per ritenere insussistente la pretesa tributaria nei confronti del socio, nella misura in cui detta pretesa sarebbe stata ritenuta insussistente nei confronti della società. La decisione si porrebbe in contrasto col principio stabilito dall’articolo 112 c.p.c. in base al quale il giudice non deve giudicare oltre i limiti della domanda nel caso di specie, in quanto il thema decidendum non avrebbe mai riguardato la sussistenza dei maggiori utili accertati nei confronti della società.
Con il secondo motivo si lamenta la «Violazione e falsa applicazione degli articoli 2909 c.c. e 324 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.».
Deduce la ricorrente che, ove pure si volesse prescindere dalle considerazioni formulate nel precedente motivo di ricorso, la sentenza non sarebbe condivisibile in quanto ha ritenuto insussistenti maggiori utili accertati nei confronti della società alla stregua di una precedente decisione che era stata impugnata ed il cui giudizio era pendente avanti a questa Corte, ritenendo quindi che una sentenza non ancora passata in giudicato potesse fare stato in ordine all’accertamento in essa contenuto.
Con il terzo motivo di ricorso si denuncia la «Violazione e falsa applicazione degli artt. 39, co. 1, lett. d) DPR 600/1973; 54 DPR 600/1972; 2609 e 2729 e ss. c.c., in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.».
Allega la ricorrente che, in ogni caso, ove si volesse ritenere che la CTR abbia effettuato un’autonoma indagine circa la sussistenza dei maggiori utili accertati nei confronti della società, tramite il rinvio
alla precedente sentenza, la sentenza in esame sarebbe comunque errata, in dipendenza della erroneità della richiamata pronuncia.
I primi due motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente, sono fondati, nei termini che seguono.
4.1. In materia questa Corte ha già avuto occasione di precisare che «in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la validità dell’avviso in ordine a ricavi non contabilizzati, emesso a carico di società di capitali a ristretta base partecipativa, costituisce presupposto indefettibile per legittimare la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, con la conseguenza che l’annullamento dello stesso con sentenza passata in giudicato per vizi attinenti al merito della pretesa tributaria, avendo carattere pregiudicante, determina l’illegittimità dell’avviso di accertamento, notificato al singolo socio, che ipotizzi la percezione di maggiori utili societari; tale carattere pregiudicante non si rinviene, invece, nelle ipotesi di annullamento per vizi del procedimento (nella specie per inesistenza della notifica e per errata intestazione dell’avviso), le quali danno luogo ad un giudicato formale, e non sostanziale, difettando una pronuncia che revochi in dubbio l’accertamento sulla pretesa erariale», Cass. 19.1.2021, n. 752; non essendosi mancato di sottolineare che «in tema di contenzioso tributario la sentenza, passata in giudicato, di annullamento dell’atto impositivo nei confronti di società a ristretta base sociale, se fondata su motivi di rito (nella specie: l’estinzione della società), non fa stato nei confronti dei soci, mancando un accertamento inconfutabile sull’inesistenza dei ricavi non contabilizzati e della relativa pretesa fiscale», Cass. sez. VI-V, 22.4.2021, n. 10723.
4.2. Nel caso in esame la Commissione territoriale non si è conformata ai principi richiamati, ed ha ritenuto accertata l’ insussistenza dei ricavi occulti e, quindi, della pretesa fondata sulla presunzione di distribuzione ai soci, sull’unico presupposto
dell’annullamento dell’atto impositivo nei confronti della società con sentenza non passata in giudicato.
Ed anzi, come segnalato dal Procuratore generale nella propria requisitoria, la sentenza della CTR di Napoli n. 1335/49/2014, depositata l’11 febbraio 2014, posta a fondamento della sentenza impugnata, con ordinanza n. 6870 del l’8/03/ 2023, è stata cassata da questa Corte con rinvio alla Corte di giustizia Tributaria di secondo grado della Campania.
In conclusione, assorbito il terzo motivo di ricorso, il ricorso va conseguentemente accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nel rispetto dei principi sopra illustrati, nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 15/01/2025.