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Presunzione di distribuzione: onere della prova sui soci

L’Agenzia delle Entrate ha accertato utili extrabilancio a due soci di una S.r.l. basandosi sulla presunzione di distribuzione. La Commissione Tributaria Regionale annullava l’atto per vizi procedurali e mancanza di prova del trasferimento di somme. La Cassazione ha cassato la sentenza, affermando che le garanzie procedurali (art. 12 Statuto del Contribuente) non si estendono ai soci per verifiche fatte alla società e che l’onere di vincere la presunzione di distribuzione spetta ai soci, non all’amministrazione.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Presunzione di distribuzione degli utili: quando l’onere della prova ricade sui soci?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16753/2025, affronta un tema cruciale nel diritto tributario: la presunzione di distribuzione ai soci degli utili extrabilancio accertati a carico di una società di capitali a ristretta base azionaria. La pronuncia chiarisce importanti aspetti procedurali e sostanziali, definendo i confini delle garanzie del contribuente e l’onere della prova in capo ai soci.

Il Caso: L’accertamento fiscale nei confronti dei soci

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate attribuiva a due soci di una S.r.l. gli utili extrabilancio precedentemente accertati nei confronti della società. L’amministrazione finanziaria, sulla base di una presunzione, riteneva che tali utili non contabilizzati fossero stati distribuiti ai soci in proporzione alle loro quote di partecipazione.

I contribuenti impugnavano l’atto, ma la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) respingeva il ricorso, confermando la legittimità della pretesa fiscale. Secondo i giudici di primo grado, i soci non avevano fornito una prova contraria idonea a superare la presunzione di distribuzione e risultavano pienamente consapevoli della gestione societaria.

Le Decisioni dei Giudici di Merito: Due Visioni Opposte

In appello, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) ribaltava completamente la decisione. La CTR accoglieva il gravame dei contribuenti basandosi su due distinte rationes decidendi:

1. Vizio procedurale: L’avviso di accertamento era stato emesso in violazione delle garanzie previste dall’art. 12, comma 7, della Legge n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente), che impongono un contraddittorio preventivo.
2. Carenza probatoria: Nel merito, non vi era prova di transiti di somme sui conti personali dei soci. La ricostruzione del reddito era, secondo la CTR, una mera ipotesi e l’Agenzia non aveva indicato le modalità di recupero delle somme.

L’Agenzia delle Entrate, insoddisfatta, ricorreva per cassazione, contestando entrambe le motivazioni della sentenza d’appello.

La Decisione della Cassazione sulla presunzione di distribuzione

La Suprema Corte ha accolto i primi due motivi di ricorso dell’Agenzia, cassando la sentenza della CTR e rinviando la causa a un nuovo giudizio. L’ordinanza analizza separatamente le due questioni, fornendo chiarimenti fondamentali.

Analisi del Primo Motivo: Le Garanzie dello Statuto del Contribuente

La Corte chiarisce che le garanzie partecipative previste dall’art. 12 dello Statuto del Contribuente, che assicurano al cittadino un contraddittorio prima dell’emissione dell’atto, sono apprestate esclusivamente in favore del contribuente sottoposto a verifica fiscale presso i locali di sua pertinenza. Queste tutele, quindi, non si estendono automaticamente a soggetti terzi (come i soci) a carico dei quali emergano elementi da una verifica condotta nei confronti di un altro soggetto (la società). La CTR ha quindi errato nel ritenere l’accertamento illegittimo per questo motivo.

Analisi del Secondo Motivo: L’Onere della Prova nella presunzione di distribuzione

Sul punto più sostanziale, la Cassazione ribadisce un principio consolidato: nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa, la presunzione di distribuzione degli utili non contabilizzati ai soci è una praesumptio hominis legittima. Questo significa che l’amministrazione non è tenuta a provare l’effettivo passaggio di denaro. Al contrario, l’onere della prova si inverte: spetta al socio dimostrare di non aver percepito tali utili o la propria completa estraneità alla vita sociale. La Corte ha ritenuto errata la valutazione della CTR, che aveva criticato l’accertamento per mancanza di prova positiva da parte dell’ufficio. Inoltre, la mera produzione degli estratti conto personali è stata giudicata inidonea a fornire la prova contraria richiesta.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si fondano su una netta distinzione tra la posizione del soggetto verificato e quella del terzo inciso dalla verifica. Le garanzie del contraddittorio sono una diretta conseguenza dell'”invasione” della sfera del contribuente durante un accesso o un’ispezione, e non possono essere applicate per analogia a chi non subisce tale attività ispettiva. Sul piano sostanziale, la logica della praesumptio hominis in contesti di società a ristretta base sociale si giustifica con la stretta relazione tra i soci e la gestione aziendale, che rende verosimile la distribuzione degli eventuali proventi occulti. Invertire l’onere della prova significherebbe imporre all’amministrazione un compito spesso impossibile, vanificando l’efficacia dell’azione accertatrice.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida due principi di grande rilevanza pratica. In primo luogo, i soci di società verificate non possono invocare la violazione del contraddittorio preventivo se l’accertamento nei loro confronti scaturisce da elementi raccolti durante la verifica alla società. In secondo luogo, e più importante, rafforza la validità della presunzione di distribuzione degli utili “in nero”, ponendo in capo ai soci un onere probatorio rigoroso. Per superare la presunzione, non basta dimostrare che le somme non sono transitate sui conti correnti, ma è necessario provare in modo convincente la mancata distribuzione o la propria estraneità alla gestione, un compito non sempre agevole.

Le garanzie del contraddittorio preventivo previste per le verifiche fiscali si applicano anche ai soci della società verificata?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che le garanzie dell’art. 12, comma 7, dello Statuto del Contribuente sono previste esclusivamente per il contribuente sottoposto a verifica diretta presso i suoi locali e non si estendono a terzi (come i soci) anche se da tale verifica emergono elementi a loro carico.

In caso di utili extrabilancio di una S.r.l. a ristretta base, chi deve provare l’avvenuta distribuzione ai soci?
Spetta al socio fornire la prova contraria. La Corte afferma che la presunzione di distribuzione degli utili extrabilancio ai soci è una praesumptio hominis valida. Pertanto, non è l’Amministrazione finanziaria a dover provare in positivo la distribuzione, ma è il socio a dover dimostrare la mancata distribuzione o la sua totale estraneità alla gestione sociale.

La presentazione degli estratti conto personali dei soci è sufficiente a vincere la presunzione di distribuzione?
No, secondo la sentenza, la produzione dei conti correnti personali risulta del tutto inatta a dimostrare la mancata distribuzione degli utili o il loro accantonamento, poiché non attiene direttamente alla prova richiesta per superare la presunzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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