LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Presunzione bancaria: come dedurre i costi occulti

In un caso riguardante un presunto commerciante d’arte, la Corte di Cassazione ha affrontato la questione della presunzione bancaria basata su ingenti movimentazioni di conto corrente. La Corte ha confermato la validità della presunzione, ma, accogliendo un principio della Corte Costituzionale, ha stabilito che dai prelievi non giustificati, considerati ricavi, deve essere detratta una quota percentuale a titolo di costi. Inoltre, ha ribadito che la nozione di imprenditore ai fini fiscali non richiede una complessa organizzazione e che l’assoluzione in sede penale non ha efficacia automatica nel processo tributario.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Presunzione Bancaria: La Cassazione Apre alla Deducibilità dei Costi da Prelievi

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è intervenuta su un tema cruciale del diritto tributario: la presunzione bancaria. La vicenda riguarda un contribuente, sospettato di svolgere un’attività commerciale non dichiarata di vendita di opere d’arte, a cui l’Agenzia delle Entrate ha contestato redditi non dichiarati basandosi esclusivamente sulle movimentazioni del suo conto corrente. La decisione offre chiarimenti fondamentali sulla prova contraria a carico del contribuente e sulla deducibilità dei costi.

I Fatti di Causa: Movimentazioni Bancarie Sospette

L’Agenzia delle Entrate, analizzando i conti correnti di un contribuente, ha riscontrato un flusso di denaro di oltre 580.000 euro in un solo anno, a fronte di mancate dichiarazioni dei redditi sin dal 1999. Sulla base di questi elementi, l’ufficio ha presunto l’esercizio di un’attività commerciale occulta di vendita di oggetti d’arte, aprendo d’ufficio una partita IVA e accertando induttivamente un reddito imponibile per diverse annualità.

Il contribuente ha impugnato gli avvisi di accertamento, sostenendo di essere un semplice collezionista e non un commerciante. Nei gradi di merito, le decisioni sono state altalenanti: per un’annualità i giudici hanno parzialmente accolto le ragioni del contribuente, mentre per le altre hanno dato ragione al Fisco. La questione è così giunta all’esame della Corte di Cassazione con due ricorsi riuniti, uno del contribuente e uno dell’Agenzia delle Entrate.

La Presunzione Bancaria e la Svolta della Corte Costituzionale

Il cuore della controversia ruota attorno all’articolo 32 del D.P.R. n. 600/1973, che stabilisce una presunzione legale relativa: i prelevamenti e i versamenti sui conti correnti si considerano ricavi se il contribuente non ne dimostra la natura non imponibile. Il contribuente lamentava una violazione di legge, ma la Cassazione ha rigettato questa censura, introducendo però un principio innovativo derivante dalla sentenza n. 10 del 2023 della Corte Costituzionale.

La Suprema Corte ha stabilito che, a fronte della presunzione legale di ricavi derivanti da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore ha il diritto di opporre una prova contraria. In particolare, può eccepire e provare, anche in via presuntiva, l’incidenza percentuale dei costi relativi all’attività. Tali costi, dunque, devono essere detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati. Questa apertura rappresenta una significativa tutela per il contribuente, temperando la rigidità della presunzione bancaria e rendendo la base imponibile più aderente alla realtà economica.

Imprenditore Fiscale vs. Imprenditore Civile: Una Distinzione Chiave

L’Agenzia delle Entrate, nel suo ricorso, ha contestato la decisione della corte d’appello che aveva escluso la natura imprenditoriale dell’attività del contribuente per mancanza di un’organizzazione strutturata (assenza di una rete di clienti, di servizi aggiuntivi, etc.).

La Cassazione ha accolto il motivo, chiarendo una distinzione fondamentale: le nozioni di “imprenditore” ai fini civilistici e ai fini tributari non coincidono. Per la normativa fiscale, a qualificare un’attività come d’impresa non è necessaria un’organizzazione complessa di beni e servizi, ma è sufficiente l’esercizio per professione abituale, anche se non esclusiva, di un’attività commerciale. La mancanza di una struttura visibile non basta, quindi, per escludere la produzione di reddito d’impresa.

L’irrilevanza dell’Assoluzione Penale nel Giudizio Tributario

Un altro punto rilevante toccato dalla Corte riguarda il cosiddetto principio del “doppio binario”. Il contribuente era stato assolto in un procedimento penale per fatti fiscalmente rilevanti. Tuttavia, la Cassazione ha ribadito che, nel sistema attuale, il processo penale e quello tributario sono autonomi. Un giudicato di assoluzione penale non ha efficacia automatica nel giudizio tributario, dove vigono regole probatorie diverse e dove la prova può essere raggiunta anche tramite presunzioni legali come quella bancaria.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha cassato le sentenze impugnate e ha rinviato la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado per un nuovo esame. Le motivazioni si fondano su tre pilastri giuridici:
1. Deducibilità dei Costi da Prelievi: La base imponibile determinata sulla base dei prelievi non giustificati deve essere ridotta di una quota percentuale di costi, in linea con l’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte Costituzionale.
2. Nozione di Imprenditore Fiscale: L’attività economica abituale e professionale è sufficiente a generare reddito d’impresa, a prescindere dall’esistenza di una complessa organizzazione aziendale.
3. Autonomia dei Giudizi: L’esito del processo penale non vincola il giudice tributario, che deve valutare autonomamente le prove secondo le proprie regole, inclusa la potente presunzione bancaria.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un quadro chiaro e aggiornato sulla gestione della presunzione bancaria. Se da un lato conferma la sua efficacia come strumento di accertamento, dall’altro introduce un fondamentale correttivo a favore del contribuente, riconoscendo il diritto alla deduzione dei costi inerenti ai ricavi presunti. Per i contribuenti, ciò significa che, pur rimanendo l’onere di giustificare ogni movimentazione bancaria, si apre una nuova e importante via di difesa per ridurre un’eventuale pretesa fiscale, rendendola più equa e proporzionata.

I prelievi non giustificati dal conto corrente possono essere considerati ricavi non dichiarati?
Sì, la legge presume che i prelevamenti non giustificati da un conto corrente intestato a un imprenditore costituiscano ricavi non dichiarati. L’onere di dimostrare il contrario spetta al contribuente.

Se il Fisco presume ricavi da prelievi bancari, il contribuente può dedurre i costi relativi a tali attività?
Sì. La Corte di Cassazione, richiamando una sentenza della Corte Costituzionale, ha stabilito che dalla base imponibile costituita dai prelievi non giustificati deve essere detratta una quota percentuale a titolo di costi sostenuti per la produzione del reddito.

Per essere considerati “imprenditori” ai fini fiscali è necessaria un’organizzazione complessa di beni e persone?
No. La Corte ha chiarito che per la normativa fiscale è sufficiente che l’attività economica sia svolta in modo abituale e professionale. La nozione di imprenditore ai fini fiscali è più ampia di quella civilistica e non richiede necessariamente la presenza di una complessa struttura organizzativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati