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Presunzione accertamento bancario anche per privati

Con l’ordinanza n. 19278/2024, la Cassazione chiarisce che la presunzione legale di maggior reddito derivante da accertamento bancario sui versamenti si applica a tutti i contribuenti, inclusi i privati non imprenditori. A seguito di un avviso di accertamento per IRPEF, IRAP e IVA, basato su indagini bancarie, una Commissione Tributaria Regionale aveva escluso tale presunzione per un contribuente non imprenditore. La Suprema Corte ha cassato la sentenza, ribadendo che l’art. 32 del d.P.R. 600/1973 ha portata generale. Spetta quindi al contribuente, anche se privato, fornire la prova analitica che i versamenti sul proprio conto non costituiscono reddito imponibile.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Presunzione accertamento bancario: la Cassazione conferma l’applicazione a tutti i contribuenti

L’ordinanza n. 19278 del 12 luglio 2024 della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di controlli fiscali: la presunzione accertamento bancario si applica a tutti i contribuenti, e non soltanto a imprenditori o lavoratori autonomi. Questa decisione chiarisce che qualsiasi versamento su un conto corrente può essere considerato dal Fisco come reddito imponibile, a meno che il contribuente non fornisca una prova contraria dettagliata. Analizziamo i fatti, il percorso giuridico e le importanti conclusioni di questa pronuncia.

I fatti di causa e la decisione della Commissione Tributaria

Il caso ha origine da un avviso di accertamento per IRPEF, IRAP e IVA relativo all’anno 2006, notificato a un contribuente a seguito di indagini bancarie sui suoi conti correnti e su quelli del coniuge. Il contribuente aveva impugnato l’atto, ottenendo ragione sia in primo grado (Commissione Tributaria Provinciale) sia in secondo grado (Commissione Tributaria Regionale).

In particolare, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva rigettato l’appello dell’Agenzia delle Entrate, sostenendo che, non svolgendo il contribuente un’attività imprenditoriale, la presunzione legale prevista dall’art. 32 del d.P.R. 600/1973 non potesse operare. Secondo la CTR, l’accertamento bancario non determinava un’inversione dell’onere della prova per i soggetti non imprenditori. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione, basandosi su un unico motivo: la violazione e falsa applicazione della norma citata.

La validità generale della presunzione accertamento bancario

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia, cassando la sentenza della CTR e rinviando la causa per un nuovo esame. Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 32 del d.P.R. 600/1973.

Contrariamente a quanto stabilito dai giudici di merito, la Cassazione ha affermato che la presunzione (relativa) di maggior reddito desumibile dai conti bancari non è limitata ai titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti. Questo è reso palese dal richiamo che lo stesso art. 32 fa all’art. 38 del medesimo decreto, riguardante l’accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche, a prescindere dalla tipologia di reddito posseduto.

Le motivazioni

La Corte ha chiarito la struttura e l’ambito di applicazione della norma. I dati e gli elementi provenienti dai rapporti bancari possono essere utilizzati per gli accertamenti nei confronti di tutti i contribuenti. La presunzione si articola in due modi:

1. Versamenti: I versamenti non giustificati sono considerati ricavi o compensi per i titolari di reddito d’impresa o autonomo, ma più in generale costituiscono una maggiore disponibilità reddituale per tutti i contribuenti. Spetta a questi ultimi dimostrare che tali somme sono già state tassate o che non sono fiscalmente rilevanti.
2. Prelevamenti: La presunzione che i prelevamenti non giustificati costituiscano ricavi si applica solo ai titolari di reddito d’impresa.

Di conseguenza, l’erronea convinzione della CTR, secondo cui la presunzione non si applicherebbe ai non imprenditori, è stata smentita. La Corte ha ribadito che l’onere della prova grava sul contribuente, il quale deve fornire una dimostrazione analitica e rigorosa, riferita a ogni singola operazione, per superare la presunzione legale. Non sono sufficienti affermazioni generiche o richiami all’equità.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che tale meccanismo presuntivo non viola il principio di capacità contributiva, ma, al contrario, lo attua, favorendo l’emersione di redditi sottratti a tassazione. Infine, è stato confermato che le verifiche fiscali possono legittimamente estendersi ai conti dei familiari, come il coniuge, qualora sussistano elementi sintomatici che ne giustifichino la riferibilità al contribuente accertato.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. La presunzione accertamento bancario ha una portata generale e impone a ogni contribuente, persona fisica o imprenditore, di essere in grado di giustificare analiticamente l’origine dei versamenti sui propri conti correnti. La sentenza impugnata è stata cassata perché la CTR, escludendo l’operatività della presunzione per un soggetto non imprenditore, non si è conformata a questi principi di diritto. La causa dovrà ora essere riesaminata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, che dovrà attenersi al principio enunciato dalla Cassazione, valutando nel merito le prove fornite dal contribuente per vincere la presunzione di maggior reddito.

La presunzione legale sui versamenti bancari si applica solo agli imprenditori?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la presunzione di maggior reddito, desumibile dai versamenti sui conti correnti, si estende alla generalità dei contribuenti, comprese le persone fisiche che non esercitano attività d’impresa o di lavoro autonomo.

Cosa deve fare un contribuente per superare la presunzione di maggior reddito derivante da un accertamento bancario?
Il contribuente deve fornire una prova analitica e rigorosa, con specifica indicazione della riferibilità di ogni singolo versamento. Deve dimostrare che gli importi sono già stati considerati nella determinazione del reddito imponibile o che non hanno rilevanza fiscale. Prove generiche o affermazioni di carattere generale non sono sufficienti.

L’Agenzia delle Entrate può controllare i conti correnti dei familiari del contribuente?
Sì. Le verifiche fiscali possono indirizzarsi anche sui conti bancari intestati al coniuge o ad altri familiari, qualora esistano elementi sintomatici (come lo stretto rapporto di familiarità, l’ingiustificata capacità reddituale del familiare, ecc.) che facciano presumere la riferibilità di tali somme al contribuente sottoposto ad accertamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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