Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28066 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 28066 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/10/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 24212/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana, FIRENZE n. 684/2017 depositata il 10/03/2017.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME. Udita la requisitoria del Procuratore Generale ed i difensori presenti, nella persona dell’AVV_NOTAIO .
FATTI DI CAUSA
La società ricorrente ha impugnato l’ingiunzione di pagamento n. 20111741507590800 di € 9.057,75, relativa alla TIA per gli anni 2006 e 2007, chiedendone, previa sospensione, l’annullamento.
Con la sentenza n. 123/2013 della C.T.P. di Firenze depositata il 9.12.2013, il ricorso è stato accolto, ritenendo sussistente la decadenza, previa riqualificazione dell’eccezione di parte.
La odierna ricorrente ha interposto appello, che la C.T.R. di Firenze – con sentenza n. 648/2017 depositata il 13.03.2017 – ha respinto, rilevando carenze nella documentazione fornita da RAGIONE_SOCIALE, inidonee a dimostrare né l’avvenuta notifica degli atti né l’interruzione della prescrizione, e ha ritenuto i crediti fiscali prescritti.
Avverso la suddetta sentenza di gravame RAGIONE_SOCIALE (derivante dalla fusione per incorporazione di RAGIONE_SOCIALE con RAGIONE_SOCIALE che ha, contestualmente, assunto la denominazione di RAGIONE_SOCIALE) ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 8 motivi.
L’intimato non ha depositato controricorso.
La Procura Generale ha depositato requisitoria scritta chiedendo l’accoglimento del ricorso.
Successivamente parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 329 c.p.c. ai sensi dell’art. 360, comma l, n. 3 c.p.c.
Lamenta, in particolare, che gli originari vizi denunciati dalla RAGIONE_SOCIALE erano stati tutti disattesi dal Giudice di prime cure, il quale avrebbe posto a fondamento dell’accoglimento del ricorso un vizio ulteriore (la decadenza) rilevato d’ufficio, e, atteso che controparte non ha proposto appello incidentale, gli stessi non potevano costituire oggetto di accertamento da parte del giudice di scende cure, considerato che sul loro rigetto si sarebbe già formato il giudicato interno.
1.1. La censura è infondata.
1.2. Parte ricorrente riporta solo parte della motivazione della decisione di primo grado in cui si afferma che ‘ai fini della decisione appare decisiva quest’ultima eccezione, ancorché si tratti di vera e propria decadenza rilevabile d’ufficio; eccezione assorbente del merito. Sussistono giustificati motivi (persistendo dubbi sull’esistenza del credito) per compensare le spese”.
Già da tale locuzione appare evidente che la CTR ha operato una semplice riqualificazione, in termini di decadenza, di eccezione proposta dalla parte.
1.3. La sentenza gravata dà inoltre espressamente atto – a pag. 2 righe da 13 a 16 – della riproposizione delle eccezioni inerenti il decorso del tempo e dei relativi e consequenziali effetti.
Non si è dunque formato alcun giudicato interno sul punto.
1.4. Il motivo va pertanto rigettato.
Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente contesta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7, 12 e 14 della legge 20.11.1982 n. 890, 221 e ss. c.p.c., 24 del d.lgs. 31.12.1992 n. 546 ai sensi dell’art. 360, comma l, n. 3 c.p.c. La CTR ha giudicato la documentazione relativa alla notifica (dell’ingiunzione ai fini della prescrizione) come poco chiara e “di difficile lettura”, tuttavia la notifica tramite raccomandata A/R si deve considerare perfezionata con l’attestazione dell’agente postale e quest’attestazione può essere
contestata solo attraverso querela di falso ( ex art. 221 c.p.c.), che RAGIONE_SOCIALE non ha proposto nel giudizio di primo grado.
2.1. La censura è inammissibile in quanto richiede una nuova lettura del fatto, inammissibile in sede di legittimità.
Come ripetutamente rimarcato dalla Corte, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità.
Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass., 27 luglio 2023, n. 22938; Cass., 5 febbraio 2019, n. 3340; Cass., 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass., 11 gennaio 2016, n. 195; Cass., 22 febbraio 2007, n. 4178; Cass. Sez. U., 5 maggio 2006, n. 10313; Cass., 11 agosto 2004, n. 15499).
Invero, parte ricorrente, nella fattispecie, sta sostanzialmente contestando la valutazione della corte dell’appello in merito alla documentazione inerente alla notifica.
2.2. Ne consegue la inammissibilità del motivo.
Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’applicazione degli artt. 2934, 2943 e 2948 c.c. ai sensi dell’art. 360, comma l, n. 3 c.p.c.
3.1. La censura è fondata.
3.2. Diversamente da quanto sostenuto dal giudice del gravame, i “solleciti di pagamento” notificati nel 2007 e 2008, e successivamente l'”atto di costituzione in mora” del 31.3.2011, erano atti idonei a interrompere la prescrizione (ai sensi dell’art. 2943 c.c.). Di conseguenza, alla data di notifica dell’ingiunzione fiscale (7.3.2013), il termine di prescrizione non era scaduto, anche in virtù del solo atto di costituzione in mora del 2011.
3.3. Correttamente il giudice di merito si è fatto carico della eventuale estinzione del credito tributario, essendo oggetto di eccezione di parte in primo e secondo grado. Trovandoci in fase di riscossione, si trattava di prescrizione (suscettibile di interruzione) e non di decadenza. Tuttavia, l’affermazione della Commissione Tributaria Regionale per cui la costituzione in mora del 31.3.2011 non avrebbe valenza interruttiva ‘ perché atto non impugnabile ‘ non può essere condivisa. La impugnabilità giurisdiz ionale dell’atto non è, invero, un presupposto richiesto per l’efficacia interruttiva, denotando essa semplicemente la volontà del creditore di esercitare il diritto.
Diverso sarebbe dire che non vi è prova neppure della notificazione/comunicazione al RAGIONE_SOCIALE dell’atto di costituzione in mora, ma la Commissione Tributaria Regionale non si è espressa in tal senso, riferendo la mancata prova della notificazione ( ‘ difficile lettura ‘ ), ai pregressi solleciti ( ‘ tutti atti del 2007 ‘ ) e non alla costituzione in mora (che infatti non è del 2007 ma del 2011).
Considerato che si tratta di prescrizione quinquennale e che processualmente legittimo era il rilievo dell’evento estintivo in quanto dedotto dalla parte (l’interruzione della prescrizione, tra l’altro , è addirittura rilevabile d’ufficio), consegue l’accoglimento del motivo .
Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c., 329 c.p.c., 2946 e 2948 c.c., nonché dei principi desumibili da dette ultime norme in connessione con gli artt . 111 e 134 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, comma l, n. 5 c.p.c. Si
sostiene che la CTR abbia deciso sulla decadenza, sebbene non fosse stata eccepita dalla controparte, violando così l’art. 112 c.p.c. Inoltre, avrebbe affrontato la prescrizione, già implicitamente respinta in primo grado e non riproposta, su cui si era ormai formato il giudicato ai sensi dell’art. 329 c.p.c.
In sostanza, la CTR ha ritenuto applicabile la prescrizione quinquennale alla TIA, qualificandola come obbligazione periodica. RAGIONE_SOCIALE, invece, sostiene che si tratti di obbligazioni autonome per ciascun anno, soggette quindi alla prescrizione decennale. Inoltre, la sentenza risulterebbe confusa nella distinzione tra prescrizione e decadenza e mancherebbe di una motivazione chiara su quale dei due istituti sia stato effettivamente applicato, violando così l’obbligo di motivazione.
4.1. La censura non merita accoglimento.
4.2. Nella fattispecie trova applicazione il termine quinquennale di prescrizione, come già rilevato nel corso del precedente motivo, vertendosi in fase riscossiva.
La CTR si è pronunciata sul punto, e la eventuale diversa qualificazione giuridica è certamente espressione consentita nell’ambito della motivazione del giudice a seguito della formulazione della eccezione di parte (e, nei casi consentiti, anche di ufficio) in merito alla preclusione derivante dal decorso del tempo.
4.3. Quanto alla dedotta mancanza della eccezione di decadenza, si rinvia a quanto affermato al motivo n. 1, trattandosi della medesima questione.
4.4. Con riferimento, invece, al termine di prescrizione, la giurisprudenza di questa Corte ha già avuto di precisare che in tema di tasse sui rifiuti si verte non in materia di tributi erariali, ma di tributi locali assumibili a prestazione periodica o di durata ex art. 2948 n.4 c.c., con conseguente applicazione del termine quinquennale: ‘Ebbene, con riguardo a quest’ultimo profilo, la decisione del collegio regionale
risulta in effetti errata, avendo esso applicato anche a questa cartella il termine di prescrizione ordinario decennale (salvo poi escluderne il decorso per effetto della più volte richiamata sospensione legale), là dove, e del tutto indipendentemente dalla causa di sospensione così rilevata, il termine in questione era invece quello breve quinquennale, vertendosi appunto non di tributi erariali, ma di tributi locali assumibili a prestazione periodica o di durata ex art. 2948 n.4 cod.civ., risultando con ciò ormai ampiamente decorso alla data di notificazione della intimazione opposta’ (Cass. 26/06/2024, n. 17667) .
4.5. Non sussiste quindi il vizio denunciato e il motivo va rigettato.
Con il quinto motivo di ricorso, contesta parte ricorrente l’o messa motivazione su un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma l, n. 5 c.p.c., conseguente alla mancata declaratoria di nullità della sentenza di primo grado per carenza assoluta di motivazione. Nello specifico, RAGIONE_SOCIALE contestava l’assenza di una reale motivazione nella sentenza di primo grado, ritenuta incomprensibile e meramente apparente. La CTR, però, nel giudizio d’appello, avrebbe ignorato del tutto questa censura, nonostante la giurisprudenza di Cassazione consideri una motivazione apparente come equivalente all’inesistenza della sentenza.
5.1. La censura è infondata.
5.2. Il giudizio di gravame, che ha carattere devolutivo, ha offerto una propria motivata ed esaustiva risposta alle domande.
L’eventuale omissione di pronuncia su tale aspetto, da parte della sentenza di prime cure, è dunque del tutto irrilevante, in quanto non intacca la ratio decidendi del giudice del gravame, che si è espresso sulla intera fattispecie con propria motivazione.
Con il sesto motivo di ricorso, si lamenta l’o messa motivazione su un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione
tra le parti ai sensi dell’art. 360, comma l, n. 3 c.p.c., conseguente alla mancata pronuncia sulla violazione dell’art. 112 c.p.c., da parte del Giudice di prime cure.
6.1. La CTR avrebbe ignorato senza motivazione la censura di RAGIONE_SOCIALE, che lamentava la violazione dell’art. 112 c.p.c. da parte del giudice di primo grado, il quale aveva fondato la decisione sull’eccezione di decadenza non sollevata dalla controparte. Poiché tale eccezi one non poteva essere rilevata d’ufficio, secondo NOME la CTR avrebbe dovuto rilevare la violazione processuale e dichiarare l’inammissibilità o improcedibilità del ricorso originario.
6.2. La censura è irrilevante, in quanto infondata: quanto alla dedotta mancanza della eccezione di decadenza, si rinvia a quanto affermato al motivo n. 1, trattandosi della medesima questione. Anche in presenza di omissione di motivazione sul punto, quindi, la doglianza non assumerebbe alcun rilievo idoneo a determinare un diverso esito della controversia.
La censura va dunque rigettata.
Con il settimo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19 del d.lgs. 3.12.1992 n. 546, ai sensi dell’art. 360, comma l, n. 5 c.p.c. : non essendo stati impugnati i “solleciti di pagamento” al momento della loro notifica, il ricorso successivo contro l’ingiunzione di pagamento, che si riferiva agli stessi crediti, sarebbe dovuto essere dichiarato inammissibile dalla Commissione Tributaria Regionale e la CTR avrebbe dovuto pronunciare l’inammissibilità senza entrare nel merito della controversia.
7.1. La censura non merita accoglimento.
7.2. Non si tratta infatti di atti tassativi indicati dall’art. 19 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, sicché la mancata impugnazione immediata non determina alcuna preclusione ad impugnare gli atti successivi: invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in caso di atto non
rientrante nell’elenco tassativo degli atti impugnabili innanzi al giudice tributario di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, l’impugnazione della stessa non costituisce un onere, previsto a pena di decadenza, ma solo una facoltà, potendo il contribuente attendere che la pretesa impositiva, sebbene già estrinsecatasi nei suoi elementi essenziali in tale atto prodromico, gli venga notificata attraverso uno dei successivi atti tipici di cui al detto art. 19 (Cass. 30/10/2018, n. 27582).
7.3. Anche tale motivo va dunque rigettato
Con l’ottavo ed ultimo motivo si contesta, infine, l’erronea condanna alle spese di lite nei due gradi di giudizio.
Tale motivo di censura è consequenziale all’eventuale accoglimento dei precedenti motivi e risulta dunque assorbito.
In conclusione vanno rigettati i motivi nn. 1, 4, 5, 6 e 7 e dichiarato inammissibile il motivo n. 2, mentre va accolto il motivo n. 3 e dichiarato assorbito il motivo n. 8
La sentenza impugnata va conseguentemente cassata, con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei limiti indicati in motivazione e cassa la sentenza impugnata, con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, il 16/10/2025.
Il Presidente Il consigliere estensore NOME COGNOME NOME COGNOME