Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26253 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26253 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 26/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25183/2023 R.G. proposto da :
COGNOME, elettivamente domiciliata in ORVIETO, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliate in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che le rappresenta e difende
-controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO DELL’ UMBRIA n. 199/07/23 depositata il 11/06/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 199/07/23 dell’11/06/2023, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Umbria (di seguito CGT2)
accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate – Riscossione (di seguito AER), avverso la sentenza n. 112/01/22 della Commissione tributaria provinciale di Terni (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso della sig.ra NOME COGNOME nei confronti di un avviso di intimazione e una cartella di pagamento relativi all’anno di imposta 2005 aventi ad oggetto l’imposta di fabbricazione di oli minerali e derivati.
1.1. La CGT2 accoglieva l’appello di AER evidenziando che: a) non poteva darsi luogo alla chiesta sospensione del giudizio in ragione della domanda di definizione agevolata proposta ai sensi dell’art. 1, comma 186, della l. 29 dicembre 2022, n. 197 atteso che la lite pendeva formalmente con AER e non già con l’Agenzia delle dogane e dei monopoli (di seguito ADM); b) la cartella di pagamento era stata regolarmente notificata a mezzo posta, con conseguente «inammissibilità per tardività di ogni motivo di ricorso relativo alla fondatezza della pretesa impositiva portata in detta cartella»; c) la presentazione della istanza di rateizzazione e l’effettuazione di alcuni pagamenti, sebbene n on costituivano acquiescenza in ordine all’ an della pretesa tributaria, dimostravano la conoscenza del carico di ruolo da parte della contribuente e integravano un riconoscimento del debito, idoneo ad interrompere la prescrizione ex art. 2944 cod. civ.; d) l’intimazione di pagamento non era un atto impositivo, ma un atto della riscossione a contenuto vincolato, previsto dalla legge qualora l’espropriazione non fosse iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, sicché non necessitava di autonoma motivazione, essendo sufficiente per la sua legittimità la formale indicazione della cartella di cui si sollecitava il pagamento; e) il termine quinquennale di prescrizione (art. 15 del d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, Testo unico sulle accise – TUA) per il recupero del credito da parte di AER non era decorso, considerati i molteplici atti
interruttivi intercorsi, tutti documentati dall’Agente della riscossione e dovendo considerarsi, altresì, che «l’attività di riscossione e la decorrenza della prescrizione dal 17/03/2020 al 31/08/2021, ai sensi d.l. 18/2020 e successive modifiche e integrazioni, norme emanat per fronteggiare la pandemia da COVID-19».
NOME COGNOME impugnava la sentenza della CGT2 con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ. Il ricorso veniva proposto anche avverso il provvedimento di diniego della definizione agevolata notificato alla contribuente in data 23/10/2023.
NOME e NOME resistevano in giudizio con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di NOME COGNOME è affidato a cinque motivi, di seguito riassunti.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce che l’intimazione di pagamento e la cartella di pagamento fanno riferimento ad imposte doganali relative all’anno 2005, mentre le contestazioni formulate dall’Amministrazione doganale in sede di verifica riguard erebbero gli anni 1997 e 1998.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si contesta la ritenuta validità della notificazione della cartella di pagamento da parte del giudice di appello. In particolare, la ricorrente sostiene che la notificazione sarebbe nulla in quanto la stessa sarebbe stata consegnata ad un familiare convivente del quale non si conoscerebbe il legame con il destinatario e la cui firma sarebbe illegibile.
1.3. Con il terzo e il quarto motivo di ricorso si lamenta l’intervenuta prescrizione quinquennale (art. 15 del TUA) della pretesa recata dalla cartella di pagamento, non rilevata dalla CGT2.
In particolare, la presentazione di un preteso piano di rateizzazione non sarebbe sufficiente ad interrompere la prescrizione.
1.4. Con il quinto motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 , comma 186, della l. n. 197 del 2022, evidenziando la definibilità in sede agevolata della controversia, diversamente da quanto ritenuto sia dalla sentenza impugnata sia dal provvedimento dell’Amministrazione doganale. Invero, in entrambi i casi non si sarebbe tenuto conto che ADM è, comunque, parte del giudizio, anche se il contraddittorio non è stato alla stessa esteso.
Il primo motivo e il secondo motivo, con i quali si contesta rispettivamente l’erronea indicazione dell’anno d’imposta cui la ripresa si riferisce e la mancata notificazione della cartella di pagamento, vanno disattesi.
2.1. In disparte dall’inammissibilità dei motivi per mancata indicazione del parametro con riferimento al quale le censure sono proposte, deve, in primo luogo, evidenziarsi che la notificazione della cartella di pagamento, avvenuta a mezzo del servizio postale, è valida ed efficace, essendo stato l’atto consegnato ad un familiare convivente, per come attestato dall’ufficiale postale, che ha sottoscritto l’avviso di ricevimento.
2.2. Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, « la notificazione a mezzo posta della cartella esattoriale da parte del concessionario della riscossione (ora ADER) eseguita mediante raccomandata con avviso di ricevimento, ai sensi dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, si perfeziona, secondo la disciplina degli artt. 32 e 39 del D.M. 9 aprile 2001, con la consegna del plico al domicilio del destinatario, senz’altro adempimento ad opera dell’ufficiale postale se non quello di curare che la persona, individuata come legittimata alla ricezione, apponga la sua firma sul registro di consegna della corrispondenza, oltre che sull’avviso di ricevimento da
restituire al mittente. Ne consegue che, qualora nell’avviso di ricevimento manchino le generalità della persona cui l’atto è stato consegnato (adempimento non previsto da alcuna norma) e la relativa sottoscrizione non risulti intellegibile, l’avviso di ricevimento, in quanto atto pubblico, è assistito dall’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 c.c. avuto riguardo alla relazione tra la persona cui esso è destinato e quella cui è consegnato (oggetto del preliminare accertamento di competenza dell’ufficiale postale) » (Cass. n. 1686 del 19/01/2023).
2.3. Ne consegue l’infondatezza del secondo motivo di ricorso e la conoscenza o conoscibilità della cartella di pagamento da parte della destinataria.
2.4. La circostanza, poi, che la sig.a COGNOME sia venuta a conoscenza della cartella di pagamento implica l’irrilevanza dell’errore asseritamente contenuto nell’ intimazione di pagamento. Invero, se l’errore denunciato fosse stato riprodotto anche nella cartella di pagamento, la ricorrente avrebbe dovuto impugnare detta cartella nel termine previsto dalla legge, non potendo dolersene in sede di impugnazione dell’avviso di intimazione; se, invece, la cartella di pagamento facesse effettivamente riferimento agli anni d’imposta ritenuti corretti, l’errore dell’intimazione sarebbe pienamente riconoscibile dalla contribuente, giusta l’indicazione in quella sede degli estremi dell’atto.
2.5. Anche il primo motivo è, dunque, infondato.
Il terzo ed il quarto motivo di ricorso, attenendo entrambi alla prescrizione del credito recato dall’avviso di intimazione, possono essere congiuntamente esaminati e sono infondati.
3.1. La CGT2 ha correttamente rilevato che, a seguito della notifica di numerosi avvisi di intimazione, della istanza di rateizzazione presentata dalla contribuente, che ha valore interruttivo
della prescrizione, e della sospensione dei termini conseguente alla pandemia COVID-19, il termine quinquennale non è maturato.
3.2. In proposito, va osservato, diversamente da quanto ritenuto dalla contribuente, che: a) in ragione della regolare notificazione della cartella di pagamento, la ricorrente può dolersi unicamente del termine di prescrizione eventualmente decorso successivamente alla data di notificazione di detta cartella, dovendo la decorrenza del termine pregresso essere fatta valere in sede di impugnazione di tale atto; b) « La domanda di rateazione e di definizione agevolata dei tributi, benché corredata dalla formula di salvezza dei diritti connessi all’esito di accertamenti giudiziali in corso, configura un riconoscimento di debito, al quale l’art. 2944 c.c. ricollega l’effetto interruttivo della prescrizione, in quanto atto giuridico in senso stretto, di carattere non recettizio, che non richiede in chi lo compie una specifica intenzione ricognitiva, ma soltanto la volontarietà e la consapevolezza dell’esistenza del debito » (Cass. n. 9221 del 08/04/2024).
Il quinto motivo di ricorso, con il quale si deduce la definibilità della controversia, è infondato.
4.1. Nella prospettazione della ricorrente, l’Amministrazione doganale sarebbe parte sostanziale del presente giudizio, con conseguente erroneità della motivazione, di uguale contenuto, del giudice di appello e del provvedimento di diniego di ADM; i quali hanno escluso la definizione agevolata della lite proprio in ragione della qualità di parte formale di quest’ultima.
4.2. Com’è noto, l’art. 1, comma 186, della l. n. 197 del 2022 consente la definizione agevolata delle «controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate ovvero l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello innanzi alla Corte di cassazione (…)».
4.3. Tali controversie, com’è chiaro anche dalla individuazione degli enti che sono parti del giudizio, sono esclusivamente quelle in cui si discute della debenza dei tributi, non anche le controversie sorte a seguito della riscossione del credito. Ne deriva che, laddove la cartella di pagamento costituisce il primo atto impositivo con il quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente (ed è, dunque, impugnabile, ex art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva), la stessa è suscettibile di definizione agevolata ai sensi dell’art. 1, comma 186, l. n. 197 del 2022. In caso contrario, laddove si è in presenza di un mero atto riscossivo, la definizione agevolata non è consentita (Cass. n. 25204 del 19/09/2024).
4.4. Poiché, nel caso di specie, la cartella di pagamento viene in rilievo quale atto meramente riscossivo, ne deriva la sicura non definibilità della lite, con conseguente conferma della sentenza impugnata in parte qua (sia pure con motivazione corretta) e del provvedimento di diniego emesso da ADM.
In conclusione, il ricorso va complessivamente rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 65.481,47.
Poiché il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in euro 5.900,00, oltre alle spese di prenotazione a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso per cassazione a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma, il 08/04/2025.
Il Presidente NOME COGNOME