Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23098 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23098 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14880/2022 R.G., proposto
DA
Regione Calabria, con sede in Catanzaro, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore , autorizzata ad instaurare il presente procedimento in virtù di decreto reso dal Coordinatore dell’Avvocatura Regionale il 14 giugno 2022, n. 6321, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma (presso la Delegazione della Regione Calabria), ove elettivamente domiciliata (indirizzo pec per notifiche e comunicazioni: EMAILregioneEMAIL ), giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
COGNOME NOME e COGNOME Gallo Salvatore Paolo (quest’ultimo nella qualità di difensore antistatario di COGNOME NOME nel procedimento di secondo grado), rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Lamezia Terme (CZ), ove elettivamente domiciliati (indirizzo pec per notifiche e comunicazioni: EMAIL,
TASSA AUTOMOBILISTICA REGIONALE RISCOSSIONE DECADENZA/PRESCRIZIONE CONTRASTO TRA MOTIVAZIONE E DISPOSITIVO
giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE
NEI CONFRONTI DI
Agenzia delle Entrate -Riscossione, con sede in Roma, in persona del Presidente del Comitato di Gestione pro tempore ;
INTIMATA
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Calabria il 28 aprile 2022, n. 1378/03/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del l’11 luglio 2025 dal Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. La Regione Calabria ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Calabria il 28 aprile 2022, n. 1378/03/2022, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di intimazione di pagamento n. NUMERO_CARTA notificata l’8 marzo 2018, da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione per conto della Regione Calabria, in dipendenza della cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA notificata il 25 novembre 2011, da parte dell’Agenzia delle Entrate -Riscossione per conto della Regione Calabria nei confronti di NOME COGNOME, limitatamente al tributo di € 618,15 (per tassa automobilistica regionale in ordine agli anni 2005 e 2006, sulla base di atto di accertamento e contestuale irrogazione di sanzioni amministrative n. 667450/2008 del 22 ottobre 2008), ha accolto l’appello proposto da NOME COGNOME nei confronti della Regione Basilicata e dell’Agenzia delle Entrate -Riscossione avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Catanzaro l’11
novembre 2020, n. 195/01/2021, con condanna in solido della Regione Basilicata e dell’Agenzia delle Entrate Riscossione alla rifusione delle spese giudiziali in favore di NOME COGNOME nella misura di € 205,00 (oltre a contributo unificato ed accessori di legge) per il primo grado e di € 355,00 (oltre a contributo unificato ed accessori di legge) per il secondo grado, con distrazione in favore del difensore antistatario di NOME COGNOME, Avv. NOME COGNOME da Lamezia Terme (CZ), per dichiarato anticipo.
Il giudice di appello ha riformato la decisione di prime cure -che aveva rigettato il ricorso originario della contribuente sul rilievo che la mancata impugnazione della cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA comportasse l’applicazione della prescrizione decennale – sul presupposto che i crediti per i tributi contestati si fossero estinti per il decorso della prescrizione triennale, tenendo conto sia della data di notifica della cartella di pagamento n. 03020110022965206000 (25 novembre 2011), che della data di notifica del preavviso di fermo amministrativo n. NUMERO_CARTA (15 aprile 2013), rispetto alla data di notifica dell’intimazione di pagamento n. NUMERO_CARTA (8 marzo 2018).
NOME COGNOME e NOME COGNOME (quest’ultimo nella qualità di difensore antistatario di NOME nel procedimento di secondo grado) hanno resistito con controricorso, mentre l’Agenzia delle Entrate Riscossione è rimasta intimata.
Le parti costituite hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è affidato a tre motivi.
Preliminarmente, va rilevato che il difensore antistatario della parte appellante, a cui favore la sentenza impugnata abbia disposto la distrazione con la condanna della parte appellata alla rifusione delle spese giudiziali, è legittimato a spiegare intervento volontario adesivo -rispetto alla posizione processuale del proprio assistito – nel giudizio di cassazione (come nel caso di specie) per resistere al ricorso proposto dal soccombente, sia pure soltanto in relazione alla ripetibilità di quanto riscosso a cagione della distrazione destinata ad essere travolta (come capo accessorio a quello di condanna alla rifusione delle spese giudiziali) dall ‘eventuale cassazione della sentenza impugnata.
Tanto in linea con la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il difensore che abbia chiesto la distrazione delle spese può assumere la qualità di parte, attiva o passiva, nel giudizio di impugnazione, solo se la sentenza impugnata non abbia pronunciato sull’istanza di distrazione o l’abbia respinta, ovvero quando il gravame investa la pronuncia stessa di distrazione, sicché, ove il gravame riguardi solo l’adeguatezza della liquidazione delle spese, la legittimazione spetta esclusivamente alla parte rappresentata (Cass., Sez. 2^, 3 marzo 2022, n. 3290; Cass., Sez. 6^-5, 1 giugno 2022, n. 17790).
Per cui, nonostante la costituzione congiunta mediante il controricorso proposto insieme alla propria assistita, la posizione processuale del difensore antistatario nel presente giudizio di legittimità si configura alla stregua di un intervento volontario adesivo (art. 105, secondo comma, cod. proc. civ.) rispetto alla controricorrente (parte del giudizio di appello), nei confronti della quale soltanto il ricorso per cassazione era stato notificato.
Con il primo motivo, si denuncia violazione degli artt. 5, comma 51, primo periodo, del d.l. 30 dicembre 1982, n. 953, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1983, n. 53, 2934, 2943, 2945 e 2946 cod. civ ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che « i tributi relativi a tassa auto 2005 e 2006 portati dalla cartella e dal fermo sopra citati (rispettivamente notificati il 25.11.2011 e il 15.4.2013) restano assoggettati alla loro originaria prescrizione triennale e che l’atto di intimazione opposto in questa sede, risulta essere stato notificato (in data 8.3.2018) oltre il detto termine, determinando così la prescrizione delle pretese tributarie ».
2.1 Il predetto motivo è infondato.
2.2 L’art. 5, comma 51, del d.l. 30 dicembre 1982, n. 953, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1983, n. 53, e modificato dall’art. 3 del d.l. 6 gennaio 1986, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 marzo 1986, n. 60, recita: « L’azione dell’Amministrazione finanziaria per il recupero delle tasse dovute dal 1 gennaio 1983 per effetto dell’iscrizione di veicoli o autoscafi nei pubblici registri e delle relative penalità si prescrive con il decorso del terzo anno successivo a quello in cui doveva essere effettuato il pagamento. Nello stesso termine si prescrive il diritto del contribuente al rimborso delle tasse indebitamente corrisposte ».
La norma in esame ha inteso applicare un unico termine triennale sia per i diritti del contribuente che per quelli dell ‘ente impositore. Del resto, la lettera della disposizione in esame fa riferimento alla prescrizione dell’azione « per il recupero delle tasse », con ciò evidentemente riferendosi sia alla fase di
accertamento che alla fase di riscossione, in modo da abbracciare l’intera area dei provvedimenti diretti al ” recupero ” delle tasse automobilistiche evase, stante l’ampiezza della formula utilizzata al riguardo dal legislatore (in termini: Cass., Sez. 5^, 24 agosto 2022, n. 25204; Cass., Sez. Trib., 2 agosto 2024, n. 21915).
Dunque, a i fini della verifica della tempestività dell’iscrizione a ruolo e della successiva notificazione della cartella per la riscossione coattiva, non può che trovare applicazione il termine indicato dal più volte citato art. 5, essendo principio di diritto espresso da questa Corte quello secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito, ma non anche la c.d. conversione del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 cod. civ., si applica con riguardo a tutti gli atti -in ogni modo denominati di riscossione mediante ruolo, di modo che, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 cod. civ., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo (tra le tante: Cass. Sez. 6^-3, 15 maggio 2018, n. 11800; Cass., Sez. Un., 17 novembre 2016, n. 23397; Cass. Sez. 6^-5, 19 dicembre 2019, n. 33797; Cass., Sez. 6^-5, 21 settembre 2021, n. 24755; Cass., Sez. 6^-5, 7 settembre 2022, n. 26359; Cass., Sez. Trib., 5 dicembre 2023, n. 33927; Cass., Sez. Trib., 2 agosto 2024, n. 21915; Cass., Sez. Trib., 25 luglio 2025, n. 21395).
2.3 Ne discende che la sentenza impugnata ha fatto buon governo di tale principio, affermando che: « Non è, infatti, controverso che la tassa auto abbia prescrizione triennale, come si desume dalla previsione di cui all’art. 5 d.l. n.953/82 (così come modificato dall’art.3 d.l. n.2/86 convertito nella l. n. 60/86) secondo cui ‘l’azione dell’Amministrazion e finanziaria per il recupero delle tasse dovute dal 1° gennaio 1983 per effetto dell’iscrizione di veicoli o autoscafi nei pubblici registri e delle relative penalità si prescrive con il decorso del terzo anno successivo a quello in cui doveva essere effettuato il pagamento’. Né tale termine può dirsi convertito in decennale a seguito della mancata impugnazione della cartella ritualmente notificata, secondo quanto ormai assunto dalla unanime giurisprudenza di legittimità consolidatasi a seguito dell’arresto di Cass. Sez. Un. 17/11/2016 n.23397 ».
Da qui la corretta conclusione del giudice di appello « che i tributi relativi a tassa auto 2005 e 2006 portati dalla cartella e dal fermo sopra citati (rispettivamente notificati il 25.11.2011 e il 15.4.2013) restano assoggettati alla loro originaria prescrizione triennale e che l’atto di intimazione opposto in questa sede, risulta essere stato notificato (in data 8.3.2018) oltre il detto termine, determinando così la prescrizione delle pretese tributarie ».
Con il secondo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 36, comma 2, n. 4), e 61 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 132, secondo comma, n. 4) e 156 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., per essere stato deciso il gravame dell’ente impositore dal giudice di appello con evidente contrasto tra dispositivo e motivazione,
3.1 Il predetto motivo è infondato.
3.2 Secondo la prospettazione della ricorrente: «Col presente motivo, si intende censurare la pronuncia sulla condanna alle spese, per insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo in ordine alla disposta distrazione; venendo in contestazione non l’entità della liquidazione, ma la distrazione in sé, e visto che ‘ il difensore distrattario delle spese assume la qualità di parte, sia attivamente sia passivamente, in sede di gravame solo quando l’impugnazione riguarda la pronuncia di distrazione in sé considerata ‘ (…), il presente ricorso verrà notificato al difensore indicato in sentenza come distrattario . (…) La sentenza impugnata (p. 3, punto 2) in motivazione così dispone ‘ Alla soccombenza segue la condanna degli appellati Regione Calabria e AdER, in solido tra loro, al rimborso in favore dell’appellante delle spese del presente grado, liquidate in complessivi € 205,00, di cui € 85,00 per studio, € 50,00 per fase introduttiva ed € 70,00 per fase di trattazione, oltre accessori e contributo unificato. Condanna, altresì, gli appellati Regione Calabria e AdER, in solido tra loro, al rimborso in favore dell’appellante delle spese del primo grad o, liquidate in complessivi € 355,00, di cui € 170,00 per studio, € 100,00 per fase introduttiva ed € 85,00 per fase di trattazione, oltre accessori e contributo unificato. ‘; in dispositivo, invece, si legge ‘Condanna gli appellati in solido al pagamento delle spese del presente grado, liquidate in complessivi € 205,00, oltre accessori di legge e contributo unificato, con attribuzione all’avv. NOME COGNOME quale anticipatario. Condanna gli appellati in solido al pagamento delle spese del primo g rado, liquidate in complessivi € 355,00, oltre accessori di legge e contributo unificato, con attribuzione all’ avv. NOME COGNOME quale anticipatario’. Ora limitando il presente motivo alla censura di detta non
componibile discrasia, per evitare la formulazione di motivi misti – pare evidente che la sentenza impugnata mostri un palese e insanabile contrasto tra dispositivo e motivazione: tale contrasto incide sulla idoneità del provvedimento, nel suo complesso, a rendere conoscibile il contenuto effettivo della statuizione giudiziale, in quanto la statuizione contenuta in motivazione non è conciliabile in alcun modo con quella contenuta in dispositivo, né si può logicamente preferire una delle due previsioni, da i ndicare come ‘prevalente’ sull’altra ». 3.3 Secondo un consolidato orientamento di questa Corte, il contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo della sentenza, poiché non consente di individuare la statuizione del giudice attraverso una valutazione di prevalenza di una delle contrastanti affermazioni contenute nella decisione, non può essere eliminato con il rimedio della correzione degli errori materiali, determinando, invece, la nullità della pronuncia ai sensi dell’art. 156, secondo comma, cod. proc. civ. (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 dicembre 2015, n. 26077; Cass., Sez. 6^-1, 27 giugno 2017, n. 16014; Cass., Sez. 2^, 12 marzo 2018, n. 5939; Cass., Sez. 6^-5, 17 ottobre 2018, n. 26074; Cass., Sez. 5^, 15 gennaio 2020, n. 614; Cass., Sez. 6^, 9 dicembre 2020, n. 28088; Cass., Sez. 6^-5, 14 aprile 2021, n. 9761; Cass., Sez. 5^, 5 maggio 2021, n. 11689; Cass., Sez. 6^-5, 19 ottobre 2021, n. 28971; Cass., Sez. 5^, 24 ottobre 2022, n. 31301; Cass., Sez. 6^-5, 21 novembre 2022, n. 34141; Cass., Sez. 6^-5, 19 dicembre 2022, n. 37079; Cass., Sez. Trib., 5 aprile 2023, n. 9444; Cass., Sez. Trib., 22 maggio 2024, n. 14337).
3.4 Più specificamente, in tema di contenzioso tributario, il contrasto tra formulazione letterale del dispositivo e motivazione che non incida sull’idoneità del provvedimento,
considerato complessivamente nella totalità delle sue componenti testuali, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione, non integra un vizio attinente al contenuto concettuale e sostanziale della decisione, bensì un errore materiale emendabile con la procedura prevista dall’art. 287 cod. proc. civ. (applicabile anche nel procedimento dinanzi alle commissioni tributarie), e non denunciabile con l’impugnazione della sentenza (tra le tante: Cass., Sez. 6^-5, 26 settembre 2017, n. 22433; Cass., Sez. 5^, 14 maggio 2019, n. 12846; Cass., Sez. Trib., 18 novembre 2022, n. 34014; Cass., Sez. Trib., 5 aprile 2024, n. 9179; Cass., Sez. Trib., 20 febbraio 2025, n. 4510).
Per cui, in linea generale, il procedimento di correzione degli errori materiali o di calcolo previsto dagli artt. 287 e 288 cod. proc. civ. è esperibile per ovviare ad un difetto di corrispondenza tra l’ideazione del giudice e la sua materiale rappresentazione grafica, chiaramente rilevabile dal testo del provvedimento mediante il semplice confronto della parte che ne è inficiata con le considerazioni contenute in motivazione, difetto causato da mera svista o disattenzione e, come tale, rilevabile ictu oculi ; ne consegue che non può farsi ricorso a tale procedimento quando il giudice intenda sostituire completamente la parte motiva e il dispositivo precedenti, afferenti ad altra e diversa controversia avente in comune una sola delle parti, perché in questo modo si viene a conferire alla sentenza corretta un contenuto concettuale e sostanziale completamente diverso (tra le tante: Cass., Sez. 2^, 31 maggio 2011, n. 12035; Cass., Sez. 6^-2, 19 gennaio 2015, n. 730; Cass., Sez. 6^-3, 15 gennaio 2019, n. 668; Cass., Sez. Lav., 11 agosto 2020, n. 16877; Cass., Sez. 6^-1, 3 febbraio
2022, n. 3442; Cass., Sez. Trib., 3 aprile 2024, n. 8755; Cass., Sez. 2^, 14 marzo 2025, n. 6889).
Alla luce di tali principi, si desume, quindi, che al procedimento di correzione è demandata la funzione di ripristinare la corrispondenza tra quanto il provvedimento ha inteso dichiarare e quanto ha formalmente dichiarato, in dipendenza proprio dell’errore o dell’omissione materiali, e non, quindi, di porre rimedio ad un vizio di formazione della volontà del giudice, funzione alla quale sono deputati i mezzi di impugnazione. L’errore correggibile, infatti, consiste in un mero errore di espressione di una volontà in sé non viziata e deve essere riconoscibile dalla lettura del solo documento concernente la decisione e recante l’errore stesso.
3.5 Dunque, nella specie, il contrasto tra motivazione e dispositivo è solo apparente, essendo stata solo omessa la menzione in motivazione della distrazione, che è stata pronunciata in dispositivo. Tutt’al più sarebbe configurabile una carenza di motivazione sulla distrazione, che non è stata censurata in ricorso. Si rammenta, poi, a conferma a contrario di tale assunto che, in caso di omessa pronuncia sull’istanza di distrazione delle spese, il rimedio esperibile è costituito dal procedimento di correzione degli errori materiali ed il difensore è legittimato a proporre il relativo ricorso se nel corso del giudizio ne aveva formulato specifica richiesta (tra le tante: Cass., Sez. 6^-3, 24 febbraio 2016, n. 3566; Cass., Sez. Un., 27 novembre 2019, n. 31033; Cass., Sez. 6^-Lav., 18 novembre 2021, n. 35202; Cass., Sez. Trib., 20 ottobre 2023, n. 29235; Cass., Sez. Trib., 26 giugno 2024, n. 17650; Cass., Sez. 2^, 21 gennaio 2025, n. 1478).
4. Con il terzo motivo, si denuncia violazione degli artt. 15 e 61 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 93 cod. proc. civ., in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stata disposta dal giudice di appello la distrazione delle spese giudiziali senza che il difensore della contribuente avesse formulato un’ apposita istanza al riguardo.
4.1 Il predetto motivo è inammissibile.
4.2 La ricorrente lamenta che la sentenza impugnata non conterrebbe alcuna menzione dell’istanza di distrazione delle spese giudiziali a favore del difensore antistatario, il quale, nell’atto di appello , avrebbe formulato la richiesta in siffatti termini: « Con vittoria di spese e competenze di entrambi i gradi di giudizio, da distrarsi ex art. 93 c.p.c. in favore del difensore ».
A suo dire, « nella procura rilasciata in grado di appello (ossia, quando è stata avanzata richiesta di distrazione) difetta totalmente la condizione, prevista dall’art. 93 c.p.c., che le spese legali possano essere liquidate in favore del difensore, non avendo l’Avv. COGNOME specificatamente manifestato tale ‘volontà’ all’interno della procura difensiva rilasciatagli dal proprio cliente: nel caso in esame, la procura non solo non contiene alcuna indicazione in tale senso, ma, anzi, dà espressamente atto che il difensore ha esposto alla parte i costi del giudizio ed ha rilasciato alla stessa parte dettagliato preventivo, che la parte ha accettato, circostanze logicamente e fattualmente incompatibili con la sussistenza dei presupposti per la richiesta avanzata ».
4.3 Tuttavia, la parte soccombente non ha alcun interesse ad impugnare il provvedimento di distrazione delle spese emesso a favore del difensore della parte avversa, trattandosi di un provvedimento che incide esclusivamente sui rapporti tra detta parte vittoriosa e il suo difensore (Cass., Sez. 3^, 24 giugno 2004, n. 11746; Cass., Sez. 2^, 16 febbraio 2016, n. 2968;
Cass., Sez. 2^, 27 marzo 2023, n. 8561). Per cui, ogni censura sulla validità e sull’efficacia della distrazione è riservata in via esclusiva alla parte assistita dal difensore antistatario.
Ad ogni modo, è pacifico che la richiesta di distrazione delle spese in suo favore proposta dal difensore deve ritenersi validamente formulata anche nel caso in cui manchi l’esplicita dichiarazione del medesimo in ordine alla avvenuta anticipazione delle spese ed alla mancata riscossione degli onorari, dato che quest’ultima può ritenersi implicitamente contenuta nella domanda di distrazione delle spese (tra le tante: Cass., Sez. 3^, 6 aprile 2006, n. 8085; Cass., Sez. 1^, 24 settembre 2009, n. 20547; Cass., Sez. 1^, 15 marzo 2010, n. 6184; Cass., Sez. 6^-3, 22 maggio 2017, n. 12774; Cass., Sez. 6^-5, 6 febbraio 2020, nn. 2795, 2796 e 2797; Cass., Sez. 6^-5, 3 novembre 2021, n. 31286; Cass., Sez. 6^-5, 22 gennaio 2022, n. 2252; Cass., Sez. Un., 22 luglio 2024, n. 20067; Cass., Sez. 2^, 31 marzo 2025, n. 8443), fermo restando che di tali circostanze può dolersi solo la parte patrocinata, azionando lo speciale procedimento di revoca di cui all’art. 93 , secondo comma, cod. proc. civ.
In conclusione, alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi l ‘ infondatezza o l’inammissibilità dei motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore dei controricorrenti, liquidandole nella misura di € 200,00 per esborsi e di € 678,00 per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge;
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del l’11 luglio