Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7711 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7711 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2267/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante
-intimata-
E
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore (succeduta ex lege a RAGIONE_SOCIALE.p.a)
-intimata-
avverso SENTENZA della C.T.R. della Sicilia, sezione staccata di Catania n. 5746/2022 depositata il 21/06/2022
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della C.T.R. della Sicilia -sezione staccata di Catania- di rigetto dell’appello dalla medesima formulato avverso la sentenza di parziale accoglimento del ricorso formulato dalla soc. G.RAGIONE_SOCIALE contro l’intimazione di pagamento per il recupero della somma di euro 35.421,93, a titolo di IRPEF, addizionale regionale ed addizionale comunale, per l’anno di imposta 2006.
La C.T.R. ha confermato la sentenza di primo grado in ordine all’annullamento dell’atto impugnato relativamente alla debenza di sanzioni ed interessi ed ha ritenuto prescritti i relativi crediti per essere decorso il termine quinquennale, dando atto dell’indirizzo del giudice di legittimità, secondo il quale se l’art. 24 comma 2 d.lgs. 472 del 1997 autorizza l’agente della riscossione a richiedere con la stessa cartella di pagamento i tributi e le rispettive sanzioni, nondimeno, non autorizza a modificare il termine di prescrizione di queste ultime, previsto dall’art. 20, comma 3 d.lgs. 472/1997, da ritenersi quinquennale.
La soc. RAGIONE_SOCIALE e la Agenzia delle Entrate Riscossione sono rimaste intimate.
Con provvedimento reso ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., in data 21 giugno 2024, il Consigliere delegato ha proposto il
rigetto del ricorso per manifesta infondatezza, richiamando la giurisprudenza di legittimità sul punto.
Con istanza ex art. 380 bis, comma 2 c.p.c. la ricorrente ha formulato istanza di decisione, chiedendo la trattazione in pubblica udienza, ai fini del rinvio della causa alle Sezioni unite della Suprema Corte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’Agenzia delle Entrate formula un unico motivo di ricorso, con il quale fa valere, ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 24, comma 1 e 20, comma 3 del d.lgs. 472 del 1997, nonché degli artt. 2946 3 2948 c.c.. Assume che la prescrizione quinquennale delle sanzioni prevista dall’art. 20 d.lgs. 472 del 1997, riguarda solo le sanzioni irrogate con apposito atto di contestazione e non la liquidazione effettuata ai sensi degli artt. 36 bis d.P.R. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. 633 del 1972, in quanto in siffatte ipotesi le sanzioni sono collegate ai tributi ripresi a tassazione e non possono essere da essi scorporate, con la conseguenza che si applica la prescrizione decennale sia per gli uni, che per le altre. Osserva che, d’altro canto, la correlazione delle sanzioni e degli interessi al tributo cui si riferiscono non possono essere oggetto di separato accertamento. Richiama il disposto dell’art. 13 del d.lgs. 471 del 1997, come modificato dal d.lgs. 99 del 2000, e sottolinea la contraddittorietà della sentenza impugnata nella parte in cui, esclusa la necessità di un prodromico avviso di accertamento, trattandosi di liquidazione c.d. automatica della dichiarazione, giunge, invece, ad applicare proprio la disciplina prevista in tema di ripresa a tassazione mediante avviso di accertamento.
Il motivo non è fondato.
Va infatti ribadito quanto già chiarito con la proposta di definizione in relazione all’applicabilità dell’art. 20 d.lgs. 472del 1997.
Invero, come limpidamente chiarito da una recentissima pronuncia di questa Sezione ‘premesso che l’art. 20, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997 stabilisce espressamente e molto chiaramente che «il diritto alla riscossione della sanzione irrogata si prescrive nel termine di cinque anni» e che, a sua volta, l’art. 2948, primo comma, n. 4, cod. civ. prevede altrettanto espressamente e chiaramente che «si prescrivono in cinque anni: gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi», questa Corte ha più volte ribadito che «il diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme tributarie, derivante da sentenza passata in giudicato, si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell’art. 2953 c.c., che disciplina specificamente ed in via generale la cosiddetta “actio iudicati”, mentre, se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile», come nel caso di specie, «vale il termine di prescrizione di cinque anni, previsto dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 20, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario», ma, ovviamente, nell’ipotesi di esistenza del giudicato (cfr. Cass., Sez. U., n. 25790 del 2009; conf. Cass. n. 5837 del 2011; Cass. n. 5577 del 2019, nonché Cass. n. 10549 del 2019, citata dalla ricorrente). In materia di interessi dovuti per il ritardo nell’esazione dei tributi è stato, altresì, precisato che il relativo credito, integrando un’obbligazione autonoma rispetto al debito principale e suscettibile di autonome vicende, rimane sottoposto al proprio termine di prescrizione
quinquennale fissato dall’art. 2948, primo comma, n. 4, cod. civ. (Cass. n. 30901 del 2019; Cass. n. 14049 del 2006; v. anche Cass. n. 12740 del 2020, con riferimento al termine quinquennale di prescrizione sia delle sanzioni che degli interessi)’ (così Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 7486 del 08/03/2022; cfr. anche ancora più recentemente Sez. 5, Sentenza n. 2095 del 24/01/2023; nonché i precedenti correttamente evocati dalla proposta di definizione).
4. Con riferimento ai precedenti giurisprudenziali richiamati con la memoria ex art. 380 bis comma 2 c.p.c., va osservato che l’Ordinanza di questa Sezione del 20 dicembre 2020 n. 27698, non si riferisce affatto alla questione qui in oggetto, traendosi dal corpo del provvedimento che il termine di prescrizione decennale è riferito al solo tributo (imposta di registro), non essendo colà neppure enunciato il riferimento a sanzioni od interessi. Né enuncia il principio che alle sanzioni si applichi il termini di prescrizione proprio del tributo l’Ordinanza di questa Sezione del 20 maggio 2021, anch’essa ripresa dalla ricorrente a conforto della propria tesi. Al contrario in essa si legge che ‘Prive di fondamento sono, invece, la doglianza del ricorrente principale circa l’applicazione alle sanzioni del termine di prescrizione quinquennale (…). La Commissione tributaria regionale ha correttamente applicato il termine quinquennale in conformità del principio di diritto, esattamente in termini, secondo il quale « in tema di imposte sui redditi » trova applicazione « il termine di prescrizione quinquennale » del diritto alla riscossione delle sanzioni e delle soprattasse, ai sensi dell’art. 20 del d. lgs 18 dicembre 1997, n. 472 (Sez. 5, sentenza n. 20600 del 07/10/2011; Sez. 5, sentenza n. 1837 del 28/01/2010,; Sez. 5, sentenza n. 12989 del 02/10/2000).
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato, con condanna dell’Agenzia al pagamento di euro 500,00 in favore della Cassa ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 115 del 2002 si dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1 bis dello stesso articolo 13, in quanto l’Agenzia delle Entrate è parte ammessa alla prenotazione a debito delle contributo unificato, quale Amministrazione dello Stato, difesa dall’Avvocatura dello Stato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento della somma di euro 500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2025