Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3195 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3195 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2086/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore.
-intimata –
Nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE in persona del direttore pro tempore.
-intimata –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. SICILIA -SEZIONE DISTACCATA DI CATANIA n. 5711/2022, depositata in data 21 giugno 2022.
Opp. PDA (Avv. Int. IRES 2006)
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 gennaio 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
In data 27 novembre 2017 la G.I.T.RAGIONE_SOCIALE (d’ora innanzi G.I.T.A.) proponeva ricorso contro l’Agenzia delle Entrate -direzione provinciale di Catania – e RAGIONE_SOCIALE in relazione all’intimazione di pagamento n. NUMERO_CARTA riconducibile alla cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA relativa ad IRAP, IRES ed IVA anno 2006 e pari ad € 160.761,23; si costituivano in giudizio sia l’Agenzia delle Entrate che RAGIONE_SOCIALE ciascuna sostenendo la legittimità del proprio operato.
La RAGIONE_SOCIALE di Catania, con sentenza n. 5241/15/2018, accoglieva parzialmente il ricorso, dichiarando dovute le imposte liquidate ma annullando le sanzioni e gli interessi per intervenuta prescrizione.
Contro tale sentenza proponeva appello l’Agenzia delle Entrate dinanzi la C.t.r. della Sicilia; si costituiva anche la contribuente, chiedendo conferma della sentenza impugnata.
Con sentenza n. 5711/05/2022, depositata in data 21 giugno 2022, la C.t.r. adita rigettava il gravame dell’Ufficio.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Sicilia, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a un solo motivo; sia la contribuente che l’ente della riscossione rimanevano intimate.
Sul ricorso, ritenuto infondato, veniva effettuata proposta di definizione anticipata ex art. 380 bis. cod. proc. civ.; quest’ultima veniva comunicata alle parti in data 22 giugno 2024 e l’Agenzia delle Entrate presentava istanza di opposizione alla stessa in data 12 agosto 2024 chiedendo, a norma dell’art. 380 bis, secondo comma cit., di decidere la causa.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 14 gennaio 2024.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, degli artt. 24, comma 1, e 20, comma 3, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, nonché degli artt. 2946 e 2948 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha statuito la non debenza delle sanzioni e degli interessi per intervenuta prescrizione quinquennale, non accorgendosi che essi erano collegati direttamente al tributo e non erano da questo scorporabili, non afferendo a separato avviso.
Il motivo di ricorso proposto è infondato.
2.1. L’art. 20, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997 stabilisce che «il diritto alla riscossione della sanzione irrogata si prescrive nel termine di cinque anni», mentre l’art. 2948, primo comma, n. 4, cod. civ. prevede che «si prescrivono in cinque anni: gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi».
2.2. In materia di crediti erariali la Suprema Corte a S.U. (Cass. 30/04/2024, n. 11676), si è pronunciata sulla questione recentemente.
Il credito erariale per la riscossione dell’imposta a seguito di accertamento definitivo è soggetto non già al termine di prescrizione quinquennale previsto dall’art. 2948, n. 4, cod. civ. per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi, bensì all’ordinario termine di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 cod. civ. in quanto la prescrizione tributaria, attesa l’autonomia dei singoli periodi d’imposta e delle relative obbligazioni non può considerarsi una prestazione periodica derivando il debito, anno per anno da una nuova e autonoma valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi
(Cass. 15/04/2019, n. 10549; Cass. 14/05/2018, n. 11624; Cass. 09/08/2016, n. 16713).
2.3. Si è dunque chiarito che i crediti erariali sono soggetti alla prescrizione ordinaria decennale, ex art. 2946 cod. civ., a meno che la legge disponga diversamente, mentre in materia di interessi e sanzioni, anche se contestati unitamente al credito tributario e accessori a crediti tributari a prescrizione decennale, questa Corte ha elaborato i seguenti principi: – il termine di prescrizione è quello quinquennale ex art. 20 D.Lgs. n. 472/1997 per i crediti relativi alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie, previste per la violazione di norme tributarie, non accertati in sede giurisdizionale, mentre è decennale per quelli derivanti da sentenza passata in giudicato, in diretta applicazione dell’art. 2953 cod. civ., il quale disciplina specificamente e in via generale la c.d. actio iudicati ; -per gli interessi, invece, bisogna considerare che essi integrano un’obbligazione autonoma rispetto al debito principale e, quindi, rimangono sottoposti al proprio termine di prescrizione quinquennale fissato dall’art. 2948, primo comma, n. 4, cod. civ., nonostante l’assenza di norme speciali (tra le più recenti, Cass. n. 11113/2024, Cass. n. 4969/2024, Cass. n. 17234/2023 e Cass. n. 13781/2023).
2.4. Nella fattispecie in esame, la C.t.r. ha fatto buon governo dei principi normativi e giurisprudenziali vigenti in materia laddove ha ritenuto assoggettati al termine di prescrizione di cinque anni i crediti erariali relativi a sanzioni amministrative pecuniarie per la violazione della normativa tributaria e quelli riferiti ad interessi che si pongono in rapporto di accessorietà rispetto ai tributi erariali contestati.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Nulla per le spese essendo i controricorrenti rimasti intimati.
4.1. L’ente erariale deve essere condannato al pagamento di somme -liquidate in dispositivo – in favore della controricorrente,
ai sensi del combinato disposto dagli artt. 380 bis, terzo comma, e 96, terzo comma, cod. proc. civ., nonché della cassa delle ammende, ai sensi del combinato disposto degli artt. 380 bis, terzo comma, e 96, quarto comma, cod. proc. civ.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale, non si applica l’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna l’Agenzia delle Entrate al versamento di € 2.500,00 in favore della cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, quarto comma, cod. proc. civ.
Così deciso in Roma il 14 gennaio 2025.