Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25673 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 25673 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE con sede in Roma, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, ove per legge domicilia in Roma, INDIRIZZO
–
ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa in virtù di procura speciale in atti dagli Avv.ti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno indicato indirizzo p.e.c., ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
IRPEG Rimborso crediti esposti in dichiarazione Silenzio rifiuto Prescrizione
avverso la sentenza n.9441/10/2022 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia-sezione staccata di Siracusa, depositata il 7 novembre 2022;
udita la relazione della causa svolta alla pubblica udienza del 10 settembre 2025 dal consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito l’Avv. NOME COGNOME per la ricorrente;
udito l’Avv. NOME COGNOME per la controricorrente.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso, spedito in data 7 aprile 2014, la società BANCA IFIS S.p.A. impugnò il silenzio rifiuto concernente il rimborso del credito IRPEG, relativo all’anno 1990, per un importo di euro 166.770,65, richiesto con istanza presentata in data 17 ottobre 2013, credito originariamente riferibile alla società RAGIONE_SOCIALE che lo aveva successivamente ceduto alla RAGIONE_SOCIALE società poi incorporata da Banca IFIS S.p.A.
La ricorrente affermava l’avvenuto compimento di tutte le formalità di rito per la cessione, deducendo, in particolare che la società “RAGIONE_SOCIALE lo aveva chiesto a rimborso nella dichiarazione mod 760/91, presentata il 30 maggio 1991, che la cessionaria RAGIONE_SOCIALE aveva notificato all’Agenzia delle entrate, in data 7 agosto 2012, l’atto di cessione del credito e che , successivamente, essa incorporante Banca IFIS, con richiesta del 17 ottobre 2013, aveva presentato istanza di rimborso.
Deduceva, altresì, l’impossibilità di far valere la prescrizione sulla base della previsione di cui alla legge n. 350/2003, art. 2, comma 58. La Commissione Tributaria Provinciale di Messina accoglieva il ricorso, annullando il silenzio rifiuto.
La decisione, appellata dall’Agenzia delle en trate, è stata integralmente confermata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, con la sentenza indicata in epigrafe.
In particolare, il Giudice di appello ha, preliminarmente, escluso che fosse intervenuta decadenza sull’assunto che , per la tipologia di credito e il tempo in cui lo stesso era sorto, non potesse applicarsi il termine di 48 mesi introdotto, con decorrenza dal primo gennaio 2001, dalla legge n. 388 del 2000. Nel merito, ha escluso che potesse eccepirsi la prescrizione del diritto al rimborso in base al disposto dell’art.58, comma 2, della legge 24 dicembre 2003 n.350.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso, su tre motivi, l’Agenzia delle entrate.
Banca IFIS s.p.a. ha resistito con controricorso.
In prossimità della pubblica udienza il P.G., nella persona del sostituto procuratore generale NOME COGNOME ha depositato memoria concludendo per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivorubricato: violazione e/o falsa applicazione degli artt.37 e 38 d.P.R. n. 602/73 ratione temporis applicabili, ex art.360, comma 1 n.3 c.p.c.la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui si afferma che alla fattispecie non può applicarsi il termine decadenziale di cui all’art.38 citato , ma, piuttosto, il termine decennale di cui all’art.2946 c.c.
Secondo la prospettazione difensiva, dall’esame della dichiarazione dei redditi della contribuente, si evincerebbe che il credito reclamato a rimborso discenda da ritenute d’acconto subite dall’originario cessionario e, giusta l’art.38, secondo comma, nel testo vigente ratione temporis, l’istanza poteva essere presentata anche dal percipiente delle somme assoggettate a ritenuta entro il termine di decadenza di diciotto mesi dalla data in cui la ritenuta era stata operata. La contribuente non
aveva esibito e allegato alcuna ricevuta e documentazione relativa alle dette ritenute onde non sussisteva la prova, oltre che della loro esistenza, della natura e del soggetto che le aveva effettuate, né che fosse stato rispettato il termine di decadenza.
1.1 La censura è infondata. Nella specie, è pacifico e non contestato che il credito IRPEG era stato chiesto a rimborso direttamente nella dichiarazione dei redditi dell’anno 1990.
Costituisce orientamento consolidato di questa Corte a partire dalla sentenza delle Sezioni Unite n.2687 del 7.02.2007 che, qualora la richiesta sia fatta direttamente nella dichiarazione dei redditi dell’anno di riferimento, non occorre alcuna nuova domanda da avanzare a pena di decadenza, appunto perché la domanda già esiste (giurisprudenza consolidata: v., in continuità alla cit. Cass. SU 2687/07, Cass. Sez. 5, n. 21788 del 07/09/2018; Cass, Sez. 5, n.30768 del 06/11/2023).
Ne consegue che la discussione sull’operatività dell’art. 38 d.P.R. n. 602 del 19 73 rispetto all’art. 37 , nella formulazione ante modifiche del 2001, è, come rilevato dal P.G., ridondante e superflua, essendo superata dal dato preliminare della esistenza della domanda di rimborso a monte.
2.Con il secondo motivo di ricorso -rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art.2, comma 58, della legge n. 350/03 e art.21, comma e 22 d.lgs. n.546/92, ex art.360, comma 1, n.3 c.p.c .- si deduce la violazione di legge nella quale sarebbe incorsa la Corte di giustizia tributaria di appello per avere ritenuto applicabile alla fattispecie la derogaai termini prescrizionali sancita dall’art.2, comma 58, della legge n. 350 del 2003.
2.1 Anche tale censura va rigettata. La CGT 2 ha escluso la prescrizione decennale ex art. 2946 c.c. facendo leva sul disposto dell’art. 2 , comma 58, della legge n.350 del 2003, secondo cui, ‘Nel quadro delle iniziative volte a definire le pendenze con i contribuenti, e
di rimborso delle imposte, l’Agenzia delle entrate provvede alla erogazione delle eccedenze di IRPEF e IRPEG dovute in base alle dichiarazioni dei redditi presentate fino al 30 giugno 1997, senza far valere la eventuale prescrizione del diritto dei contrib uenti’.
In tema, le Sezioni Unite hanno recentemente superato, in modo condivisibile, l’orientamento tradizionale, creatosi da un obiter dictum di Cass., S.U., n. 2687/07 cit., secondo cui tale norma conterrebbe un mero invito all’ Amministrazione finanziaria a non eccepire la prescrizione, mentre non si rivolgerebbe al giudice, tenuto a rilevare la prescrizione ove eccepita.
Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 12284 del 07/05/2024 hanno, infatti, chiarito che <>.
Inoltre, le Sezioni Unite hanno richiamato l’arresto della Corte costituzionale la quale, chiamata a verificare la dedotta incostituzionalità del citato art. 2, comma 58, ha appunto concluso nel senso della imperatività della disposizione (Corte Cost. ord. n.112 del 2013). La norma, sempre secondo le Sezioni Unite, non ha stabilito un’imprescrittibilità assoluta del credito da rimborso, ma la non operatività della prescrizione sino all’entrata in vigore della legge, 1° gennaio 2004, col ritorno della disciplina ordinaria da tale data.
Ebbene, nella specie, la pacifica presentazione della istanza di rimborso da parte della Banca, il 17 ottobre 2013 ha impedito la prescrizione decennale decorrente dal primo gennaio 2004.
Infine, con il terzo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate ribadisce l’eccezione , già svolta in primo grado e ribadita in secondo grado, di inesistenza dei crediti per i quali era stato richiesto il rimborso, non avendo nessuno dei giudici di merito verificatene l’esistenza.
In particolare, si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. perché spettava alla parte istante provare l’esistenza ed entità del credito oggetto della domanda di rimborso.
La censura si concentra sulla motivazione della sentenza di primo grado secondo cui, trattandosi di un credito risalente all’anno 1990, nessun onere di custodia poteva essere richiesto alla società ricorrente atteso che l’articolo 8 della legge n.212 del 2000 prevede, in merito alla custodia dei documenti, un termine decennale.
3.1 Ma, come esattamente rilevato dal P.G. in memoria, questo è un argomento che non è stato speso dalla C.T.R., la quale, invece, ha affermato ‘ che è mancata da parte dell’ufficio una reale e ser ia contestazione del diritto al rimborso azionato ‘.
La C.T.R., dunque, fa leva sul principio di non contestazione, che esime la parte dalla prova del credito. Questa ratio decidendi non è stata minimamente attinta dalla censura dal che l’inammissibilità del mezzo di impugnazione.
In conclusione, alla luce delle considerazioni sin qui svolte, il ricorso va rigettato.
Le spese, attesa la novità della soluzione giurisprudenziale rispetto alla data di proposizione del ricorso, vanno integralmente compensate tra le parti.
Nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, non sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, un ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, non potendo tale norma trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo.
La Corte
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione tributaria, il 10 settembre 2025.
La Cons. est. Il Presidente (NOME COGNOME) (NOME COGNOME)