Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22570 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22570 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7524/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto all’indirizzo pec: EMAILpecavvocati.it.
–
contro
ricorrente
–
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 4664/2021 depositata in data 23 dicembre 2021.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 giugno 2025 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
Con istanza del 18 maggio 2017 la RAGIONE_SOCIALE chiedeva il rimborso delle somme corrisposte in esubero a titolo di ILOR e IRPEG, risultanti dalle dichiarazioni dei redditi presentate per i periodi d’imposta 1986, 1987 e 1988. L’Ufficio emanava in data 5 novembre 2018 provvedimento di diniego sul rilievo che l’istanza di
Diniego rimborso -ILOR -IRPEG 1986/1988
rimborso, in mancanza di precedenti atti interruttivi, non poteva trovare accoglimento per intervenuta prescrizione del diritto.
La società contribuente impugnava il provvedimento di diniego, limitatamente al credito IRPEG, deducendo la violazione dell’art. 2, comma 58, l. n. 350/2003, che prevede la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di erogare le eccedenze di IRPEF e IRPEG dovute in base alle dichiarazioni dei redditi presentate fino al 30 giugno 1997 senza far valere la eventuale prescrizione del diritto dei contribuenti.
La C.t.p. di Bergamo respingeva il ricorso in quanto, secondo quanto statuito con la sentenza n. 2687 del 7 febbraio 2007 i limiti alla proponibilità della eccezione di prescrizione del diritto di credito di imposta posti dall’art. 2, comma 58, l. n. 350/2003 si sostanziano in un mero invito rivolto agli uffici, non suscettibile di applicazione diretta da parte del giudice e ritenendo di aderire a tale interpretazione della norma per il fatto che, all’atto di presentazione dell’istanza di rimborso in data 18 maggio 2017, non vi era più alcuna posizione pendente con il fisco da parte della società ricorrente in relazione alle richieste di rimborso IRPEG formulate circa trent’anni prima.
Avverso tale decisione proponeva appello la società contribuente innanzi alla C.t.r. della Lombardia e l’ente erariale si costituiva instando per il rigetto dell’appello.
La C.t.r. adita, con la sentenza n. 4664/2021 depositata in data 23 dicembre 2021, in accoglimento dell’appello proposto dalla società contribuente, dichiarava spettante il chiesto rimborso ritenendo che la norma in esame non contemplasse un invito o una direttiva bensì un preciso divieto per l’Agenzia delle Entrate di far valere la prescrizione del diritto del contribuente al rimborso.
Avverso la suddetta sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo. La società contribuente ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 17 giugno 2025, per la quale la contribuente ha depositato nuova memoria.
Considerato che:
1.Con l’unico motivo di ricorso così rubricato «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2, comma 58, l. n. 350/2003, nonché dell’art. 2946 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.», l’Ufficio lamenta l ‘error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto che il citato art. 2 avesse sottratto all’Amministrazione finanziaria il diritto di eccepire la prescrizione del credito tributario.
Sulla precipua questione, le SS.UU. con la sentenza n. 12284 del 7 maggio 2024 hanno statuito che l’art. 2, comma 58, l. n. 350 del 2003, pone a carico dell’amministrazione finanziaria l’obbligo di non far valere la prescrizione del diritto del contribuente al rimborso delle eccedenze IRPEF e IRPEG sulle dichiarazioni presentate fino al 30 giugno 1997; tale obbligo, la cui violazione è rilevabile d’ufficio dal giudice, cessa dopo un decennio, pari ad un nuovo periodo di prescrizione, decorrente dall’entrata in vigore della legge stessa (1° gennaio 2004).
Peraltro, sostengono le SS.UU., stabilito che l’art. 2 co. 58^ legge 350/2003 integra un obbligo per l’Amministrazione di non eccepire la prescrizione (o, se si preferisce, un divieto di eccepirla), consegue che la violazione di questo obbligo, siccome basato su norma imperativa e rivolta al perseguimento di un interesse pubblico, può (deve) essere rilevata anche d’ufficio dal giudice, al quale essa pure si rivolge. Ciò detto, non può tuttavia al tempo stesso sostenersi che questo obbligo permanga in perpetuo. Invero, per quanto non si verta propriamente di norma sulla prescrizione, bensì di norma sul regime della sua opponibilità (in sede amministrativa) ovvero eccepibilità (nel processo), l’aspetto procedurale cede all’evidenza il passo all’effetto sostanziale che naturalmente ne consegue, dato appunto dal fatto che il diritto di
credito può dal contribuente essere esercitato, senza tema di eccezione estintiva, pur dopo l’inutile decorso del termine di prescrizione decennale. In modo tale che attraverso la preclusione all’eccezione e la rinuncia forzosa ad avvantaggiarsi della causa estintiva, si raggiunge il medesimo risultato pratico della imprescrittibilità del credito. Resta però che la presenza nell’ ordinamento di posizioni soggettive insensibili al decorso del tempo – pur certamente riscontrabile con riguardo a particolari categorie di diritti soggettivi (come quelli indisponibili) e di azione dichiaratamente imprescrittibili -non è invece ravvisabile in relazione ai diritti di credito pecuniari. Nell’ambito dell’ ordinamento tributario, un credito di rimborso imprescrittibile costituirebbe in effetti un unicum confliggente con una disciplina generale del rapporto tributario tutt’altro che indifferente al decorso del tempo, visto il rigido regime prescrizionale e decadenziale – a carico sia dell’Amministrazione sia del contribuente – che lo scandisce in tutto il suo svolgimento; a maggior ragione la imprescrittibilità sine die del credito al rimborso urterebbe con una ratio legislativa chiaramente ispirata ad una situazione che, per quanto non propriamente emergenziale, appariva comunque fin dall’inizio del tutto contingente e circoscritta, in cui si imponeva – anche in storica e sistematica connessione con il condono, il nuovo sistema dei rimborsi per compensazione e la soppressione dell’Irpeg nel 2004 l’interesse (allora) primario di definire le procedure arretrate di rimborso sulle imposte reddituali fino al 1997 (così i menzionati lavori preparatori). Pertanto, l’affermazione di una assoluta ed illimitata imprescrittibilità del diritto al rimborso (si è detto come a ciò in pratica porterebbe l’estensione a tempo indeterminato del regime procedurale di inopponibilità) non andrebbe a sua volta indenne da dubbi di legittimità costituzionale ex artt. 3 e 97 Cost., sul piano sia della ragionevolezza sia dell’efficienza e del buon andamento dell’Amministrazione, le cui entrate ed esigenze di
bilancio troverebbero in questa imprescrittibilità -in eterno – un oggettivo fattore di incertezza. Da qui l’esigenza di apprestare, secondo un discrimine temporale certo, un’interpretazione conforme della disposizione in esame che preveda la caducazione del divieto e la riespansione della regola generale di normale eccepibilità, ex artt. 2934 segg. cod. civ., una volta decorso un decennio dalla sua entrata in vigore, arco temporale corrispondente all’intero decorso di un nuovo termine prescrizionale.
2.1. Nella fattispecie in esame, la richiesta di rimborso è stata avanzata in data 18 maggio 2017 e, quindi, ben oltre dello spirare del decennio dall’entrata in vigore della l. 350/03. Appare in questa sede utile ribadire come l’eccezione di prescrizione sia validamente proposta quando la parte ne abbia allegato il fatto costitutivo, ossia l’inerzia del titolare, senza che rilevi l’erronea individuazione del termine applicabile, ovvero del momento iniziale o finale di esso, trattandosi di questione di diritto sulla quale il giudice non è vincolato dalle allegazioni di parte (cfr., tra le altre, Cass. sez. lav. ord. 27 ottobre 2021, n. 30303; Cass. sez. 1, 27 luglio 2016, n. 15631).
In conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e non essendo necessari ulteriori accertamento di fatto la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., con il rigetto dell’originario ricorso della società contribuente.
In considerazione dell’essere intervenuto l’intervento chiarificatore delle SSUU di questa Corte durante lo svolgimento del giudizio intero, si compensano le spese.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente.
Dichiara compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma il 17 giugno 2025