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Prescrizione quinquennale per sanzioni e interessi

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 872/2024, ha accolto il ricorso di un contribuente, stabilendo che la prescrizione quinquennale si applica a sanzioni e interessi tributari. La Corte ha chiarito che queste voci, pur accedendo a un debito principale, acquisiscono un’autonomia propria e sono soggette a un termine di prescrizione più breve rispetto a quello ordinario decennale, cassando la decisione del giudice di merito che aveva erroneamente disatteso questa eccezione.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Prescrizione quinquennale: la Cassazione conferma il termine breve per sanzioni e interessi

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia fiscale: la prescrizione quinquennale per sanzioni e interessi. Questa decisione chiarisce che tali oneri accessori seguono un percorso di prescrizione autonomo e più breve rispetto al tributo principale, offrendo un’importante tutela per il contribuente. L’ordinanza analizzata cassa una sentenza di merito che aveva erroneamente applicato il termine decennale, riaffermando un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato.

I fatti del caso

Un contribuente impugnava un’intimazione di pagamento e gli atti presupposti (cartelle di pagamento e avvisi di accertamento), lamentando diversi vizi, tra cui la mancata notifica degli atti prodromici e, soprattutto, l’avvenuta prescrizione delle pretese per interessi e sanzioni. I giudici di primo e secondo grado rigettavano le sue doglianze. In particolare, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) confermava la legittimità della pretesa per i crediti erariali, ritenendo applicabile la prescrizione decennale e disattendendo l’eccezione del contribuente sulla prescrizione più breve per interessi e sanzioni. Di fronte a questa decisione, il contribuente ricorreva per Cassazione, affidando le sue ragioni a cinque motivi.

La decisione della Corte sulla prescrizione quinquennale

La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso, rigettando quelli relativi ai presunti vizi di notifica per ragioni procedurali. L’attenzione si è concentrata sul quarto motivo, quello cruciale, che denunciava la violazione di legge per il mancato riconoscimento della prescrizione quinquennale applicabile a sanzioni e interessi. Su questo punto, la Corte ha dato pienamente ragione al contribuente.

I giudici di legittimità hanno ritenuto ‘fondato’ il motivo, cassando la sentenza della CTR. La decisione impugnata è stata giudicata errata nella parte in cui ha disatteso l’eccezione di prescrizione, mancando di annullare le pretese per sanzioni e interessi, le quali sono soggette a un termine estintivo di cinque anni, e non di dieci.

L’autonomia degli interessi e delle sanzioni

Il cuore della pronuncia risiede nel principio dell’autonomia delle obbligazioni accessorie. La Corte ha spiegato che, sebbene gli interessi e le sanzioni nascano in relazione a un’obbligazione tributaria principale, una volta sorti acquisiscono una propria individualità giuridica. Questa autonomia comporta che essi siano soggetti a un proprio termine di prescrizione, che la legge fissa in cinque anni, indipendentemente dalla natura del tributo principale a cui sono collegati.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su un solido e costante orientamento giurisprudenziale. Per quanto riguarda gli interessi, è stato richiamato l’art. 2948, n. 4, c.c., che stabilisce il termine quinquennale per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi, come gli interessi. Questa norma di diritto comune si applica anche agli interessi tributari, i quali, per loro natura, maturano progressivamente e in modo autonomo rispetto al debito capitale.

Per le sanzioni, il riferimento normativo è l’art. 20, comma 3, del d.lgs. n. 472/1997, che fissa esplicitamente in cinque anni il termine di prescrizione per il diritto alla riscossione della sanzione. La Corte ha sottolineato come questo principio sia stato confermato anche dalle Sezioni Unite, le quali hanno chiarito che la disciplina speciale prevista per le sanzioni tributarie prevale su quella ordinaria, in virtù del carattere speciale dell’illecito tributario e delle esigenze di certezza e tutela del contribuente.

In assenza di una sentenza passata in giudicato che accerti il credito (la cosiddetta actio iudicati, che estenderebbe il termine a dieci anni), il diritto alla riscossione di sanzioni e interessi si estingue nel termine breve di cinque anni.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio di garanzia per il contribuente. In sintesi, quando si riceve un atto di riscossione, è sempre fondamentale verificare non solo la legittimità del tributo principale, ma anche da quanto tempo sono dovuti gli interessi e le sanzioni richiesti. Se sono trascorsi più di cinque anni dalla data in cui la pretesa è sorta (ad esempio, dall’iscrizione a ruolo), senza atti interruttivi validamente notificati, il contribuente ha il diritto di eccepire la prescrizione quinquennale e ottenere l’annullamento di tali voci. La decisione della Cassazione impone ai giudici di merito di applicare rigorosamente questo termine, cassando le decisioni che, come nel caso di specie, lo disattendono.

Qual è il termine di prescrizione per sanzioni e interessi tributari?
Il termine di prescrizione è quinquennale, ovvero di cinque anni. Questo vale sia per le sanzioni, secondo l’art. 20 del d.lgs. 472/1997, sia per gli interessi, in base all’art. 2948, n. 4, c.c.

Il termine di prescrizione del tributo principale si applica anche a sanzioni e interessi?
No. Secondo la Corte di Cassazione, le obbligazioni relative a sanzioni e interessi, una volta sorte, acquisiscono una propria autonomia. Pertanto, sono soggette al loro specifico termine di prescrizione quinquennale, anche se il tributo principale avesse un termine di prescrizione più lungo (ad esempio, decennale).

Cosa succede se il giudice di merito applica erroneamente la prescrizione decennale a sanzioni e interessi?
La sentenza del giudice di merito può essere impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione per violazione di legge. Come dimostra questo caso, la Cassazione può cassare la decisione errata e rinviare la causa a un altro giudice per un nuovo esame che tenga conto del corretto principio della prescrizione quinquennale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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