Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9431 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9431 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8913/2017 R.G., proposto
DA
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, in proprio ed in qualità di eredi legittimi del defunto COGNOME NOME, tutti rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, entrambi con studio in Firenze, elettivamente domiciliati presso la Cancelleria RAGIONE_SOCIALE Corte Suprema di Cassazione, giusta procura in margine al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTI
CONTRO
lRAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, in persona del Direttore RAGIONE_SOCIALE pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, ove elettivamente domiciliata;
CONTRORICORRENTE
IMPOSTA SULLE SUCCESSIONI RISCOSSIONE
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Toscana il 29 settembre 2016, n. 1675/16/2016;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26 marzo 2024 dal AVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME COGNOME, NOME COGNOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME NOME, in proprio ed in qualità di eredi legittimi del defunto NOME COGNOME, hanno proposto ricorso per la cassazione RAGIONE_SOCIALE sentenza depositata dalla Commissione tributaria RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Toscana il 29 settembre 2016, n. 1675/16/2016, che, in controversia su impugnazione di cartella di pagamento (e relativo ruolo) in dipendenza di avviso di liquidazione dell’ imposta sulle successioni (con i relativi accessori) per l’importo di € 85.701,29, in morte del defunto NOME COGNOME COGNOME, a seguito RAGIONE_SOCIALE sentenza depositata dalla Sezione Tributaria di questa Corte il 5 ottobre 2007, n. 20850, ha rigettato l’appello proposto in via principale dai medesimi ed ha accolto l’appello proposto in via incidentale dal l’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Firenze il 12 febbraio 2013, n. 47/01/2013, con compensazione RAGIONE_SOCIALE spese giudiziali;
il giudice del gravame ha riformato la decisione di prime cure -che aveva parzialmente accolto il ricorso originario in ordine alla sola applicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni amministrative – sul rilievo RAGIONE_SOCIALE corretta determinazione del tributo e dei relativi accessori da parte dell’amministrazione finanziaria, in conseguenza del
passaggio in giudicato RAGIONE_SOCIALE sentenza depositata dalla Commissione tributaria RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Toscana il 15 ottobre 2001, n. 84/08/2001, dopo il rigetto del ricorso per cassazione dei contribuenti con la sentenza depositata dalla Sezione Tributaria di questa Corte il 5 ottobre 2007, n. 20850;
l ‘ RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso;
i ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
il ricorso è affidato a sei motivi;
1.1 con il primo motivo, si denuncia nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata per violazione degli artt. 1, comma 2, 36, comma 4, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 118 disp. att. cod. proc. civ. e 132 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per essere stato deciso l’appello principale dal giudice di secondo grado con motivazione meramente apparente, là dove si è ritenuto che «le somme pretese con il provvedimento impugnato nel presente procedimento devono ritenersi senz’altro dovute essendo esse riconducibili alle somme divenute definitive per essere ancorate ed ascrivibili a provvedimenti giudiziali non più impugnabili, rispetto ai quali, nel formulare la propria pretesa l’Ufficio risulta aver agito ed aver provveduto in termini procedimentali in modo tempestivo»;
1.2 con il secondo motivo, si denuncia violazione degli artt. 112 e 324 cod. proc. civ., 2909 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per essere stato disatteso dal giudice di secondo grado il giudicato formatosi sulla sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Firenze il 17 novembre 2010, n. 115/16/2010, che aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso proposto dai contribuenti
per l’impugnazione di un ‘ abnorme ‘ avviso di liquidazione, in quanto non annoverato tra gli atti impugnabili, dopo la sentenza depositata dalla Sezione Tributaria di questa Corte il 5 ottobre 2007, n. 20850, per il recupero dell’imposta sulle successioni e dei relativi accessori, rispetto al quale -a loro dire – occorreva procedere alla sola iscrizione a ruolo ex art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602;
1.3 con il terzo motivo, si denuncia violazione ed errata interpretazione degli artt. 41, comma 2, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, 78 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, e 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che l’amministrazione finanziaria non fosse decaduta dal potere di riscuotere l’imposta sulle successioni con i relativi accessori, essendo stata notificata la cartella di pagamento oltre la scadenza del 31 dicembre 2009, cioè dopo il secondo anno successivo alla definitività del primo avviso di liquidazione;
1.4 con il quarto motivo, si denuncia violazione degli artt. 112 e 324 cod. proc. civ., 2909 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per essere stato disatteso dal giudice di secondo grado il giudicato formatosi sulle sentenze depositate dalla Commissione tributaria provinciale di Firenze il 23 marzo 2000, n. 108/01/2000, e dalla Commissione tributaria RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Toscana il 15 ottobre 2001, n. 84/08/2001, che aveva ridimensionato l’ammontare dell’imposta sulle successioni per effetto dell’ammissione di ulteriori passività;
1.5 con il quinto motivo, si denuncia violazione dell’art. 20 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente
ritenuto dal giudice di secondo grado che i contribuenti dovessero corrispondere anche la sanzione amministrativa per il ritardato pagamento dell’imposta principale sulle successioni , non tenendo conto che l’amministrazione finanziaria era ormai decaduta dalla potestà RAGIONE_SOCIALE relativa riscossione;
1.6 con il sesto motivo, si denuncia violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per essere stato omesso dal giudice di secondo grado di pronunziarsi sulla richiesta di condanna ex art. 96 cod. proc. civ.;
il primo motivo è infondato;
2.1 come è noto, l’art. 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, sulla falsariga dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. (nel testo modificato dall’art. 45, comma 17, RAGIONE_SOCIALE legge 18 giugno 2009, n. 69), dispone che la sentenza: «(…) deve contenere: (…) 4) la concisa esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto RAGIONE_SOCIALE decisione; (…)»;
2.2 per costante giurisprudenza, invero, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 aprile 2020, n. 8427; Cass., Sez. 6^-5, 15 aprile 2021, n. 9975; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2022, n. 37344; Cass., Sez. 5^, 18 aprile 2023, n. 10354);
2.3 peraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di ‘ motivazione apparente ‘, allorquando la motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi,
materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del ‘ minimo costituzionale ‘ richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., Sez. 6^-5, 24 febbraio 2022, n. 6184; Cass., Sez. 5^, 18 aprile 2023, n. 10354);
2.4 nella specie, tuttavia, non si può ritenere che la sentenza impugnata sia insufficiente ed incoerente sul piano RAGIONE_SOCIALE logica giuridica, contenendo un ‘adeguata illustrazione RAGIONE_SOCIALE ragioni sottese al rigetto d ell’appello principale (al di là RAGIONE_SOCIALE loro fondatezza o meno in punto di diritto) in relazione all’emanazione RAGIONE_SOCIALE cartella di pagamento dopo il passaggio in giudicato di una sentenza del giudice tributario sulla riscossione RAGIONE_SOCIALE pretesa impositiva;
2.5 in definitiva, la ratio decidendi -nella parte relativa all’accoglimento dell’appello principale -è strettamente ancorata alla riconosciuta definitività RAGIONE_SOCIALE pretesa impositiva, per effetto RAGIONE_SOCIALE formazione del giudicato esterno sull’atto prodromico alla cartella di pagamento, tanto bastando a soddisfare il requisito del minimum costituzionale ai fini RAGIONE_SOCIALE congruenza motivazionale RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata e ad escludere il rilievo di un’omessa pronunzia sui motivi di appello;
il secondo motivo ed il terzo motivo -la cui stretta ed intima connessione consiglia la trattazione congiunta -sono infondati;
3.1 secondo la prospettazione dei ricorrenti, la sentenza impugnata si pone in contrasto col giudicato formatosi sulla
sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Firenze il 17 novembre 2010, n. 115/16/2010, che aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso proposto dai contribuenti per l’impugnazione dell’ avviso di liquidazione n. 72874 del 2 dicembre 2009, avendone accertato l” abnormità ‘ per la sua estraneità alla tipologia degli atti impugnabili, sul presupposto che la riscossione dell’imposta sulle successioni poteva essere intrapresa dall’amministrazione finanziaria soltanto mediante l’iscrizione a ruolo ex art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (sulla base RAGIONE_SOCIALE cartella di pagamento emanata ex art. 41 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346);
3.2 la tesi difensiva si pone in sintonia con un risalente arresto di questa Corte, a tenore del quale (in relazione alla disciplina vigente ratione temporis ): «In tema di accertamento e riscossione dei tributi erariali indiretti ed a seguito RAGIONE_SOCIALE modifica del sistema di riscossione coattiva introdotto con il d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, il disposto dell’art. 17, terzo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 – secondo cui le imposte, le maggiori imposte e le ritenute alla fonte liquidate in base agli accertamenti degli Uffici devono essere iscritte in ruoli forniti e consegnati all’Intendenza di finanza (attualmente RAGIONE_SOCIALE), a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo – si applica anche alle imposte diverse da quelle sul reddito e, quindi, anche all’imposta di successione» (in termini: Cass., Sez. 5^, 26 ottobre 2011, n. 22204);
3.3 t uttavia, non si può che dare continuità all’orientamento successivo RAGIONE_SOCIALE giurisprudenza di legittimità (a partire da: Cass., Sez. 5^, 4 febbraio 2015, n. 1974 -da ultime, vedansi: Cass., Sez. 5^, 6 novembre 2020, n. 24892; Cass., Sez. 5^,
27 dicembre 2022, n. 37844; Cass., Sez. 5^, 28 dicembre 2022, n. 37955), secondo cui la norma citata si deve considerare avente un’applicazione limitata alle imposte dirette -secondo la triade di ipotesi in essa contemplate: a) dell’attività liquidatoria ex art. 36bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600; b) del controllo formale RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni ex art. 36ter del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600; c) dell’accertamento d’ufficio divenuto definitivo; nonché, in base all’esplicito riferimento contenuto nel l’art. 23 del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, così come modificato dal l’art. 1, comma 5ter , lett. b, n. 1, del d.l. 17 giugno 2005, n. 106, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 156, alle omologhe situazioni afferenti l’IVA – il cui controllo cartolare, stante l’art. 54 -bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, è sostanzialmente analogo; la norma non può, invece, reputarsi applicabile alle imposte indirette, in quanto è stato abrogato l’unico riferimento che ciò consentiva di affermare per l’innanzi, vale a dire il titolo III del d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, a cui rinvia(va) – per quanto di interesse ai fini dell’odierno ricorso -l’art. 41, comma 3, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346;
3.4 onde spiegare la conclusione appena evidenziata è necessario dar conto dell’evoluzione che ha interessato, a far data dall’anno 1988, il sistema RAGIONE_SOCIALE riscossione; e occorre, in tal senso, prendere le mosse dal l’art. 17, comma 3, del d.P.R. 29 settembre 18973, n. 602 (nel testo previgente), sottolineando che l’estensione di tale disposizione alle imposte diverse da quelle sul reddito era stata prevista, appunto, dal d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43;
3.5 secondo l’art. 17, comma 3, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, le imposte, le maggiori imposte e le ritenute alla fonte liquidate in base agli accertamenti degli uffici dovevano essere
iscritte in ruoli formati e consegnati all’intendenza di finanza (ora, alla RAGIONE_SOCIALE staccata RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE), a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui l’accertamento fosse divenuto definitivo; nello specifico, tale norma si applicava all’imposta sulle successioni in base al richiamo effettuato dal l’art. 41 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, alle disposizioni del titolo III del d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43; sopravvenuto l’art. 23 del d.P.R. 26 febbraio 1999, n. 46, nell’ambito del generale riordino RAGIONE_SOCIALE disciplina RAGIONE_SOCIALE riscossione mediante ruolo, l’applicabilità RAGIONE_SOCIALE decadenza stabilita dal l’art. 17 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (come a su a volta modificato dall’art. 6 del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46) è stata limitata alle sole imposte sui redditi e all’IVA (con effetto dal l’ 1 luglio 1999) (Cass., Sez. 5^, 8 luglio 2004, n. 12587; Cass., Sez. 5^, 28 ottobre 2010, n. 22065); giova precisare che non è in contrasto con tale constatazione il principio di diritto enunciato da altro arresto, inteso a riaffermare, in epoca recente, l’estensione all’imposta sulle successioni RAGIONE_SOCIALE decadenza ex art. 17, comma 3, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (in termini: Cass., Sez. 5^, 26 ottobre 2011, n. 22204), dal momento che in quell’arresto non è indicata l’epoca di insorgenza RAGIONE_SOCIALE fattispecie in rapporto alla sopravvenienza normativa appena citata; sicché è ben possibile arguire che la fattispecie era, anche in quel caso, anteriore al mese di luglio dell’anno 1999; 3.6 sta di fatto che, nel dianzi riferito quadro d’insieme, al termine stabilito nella norma era correlata la disciplina del termine di rilevanza esterna, pur considerato perentorio, di notifica RAGIONE_SOCIALE cartelle susseguenti (art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602), prolungato, nella formulazione successiva alla novella del 1999, fino all’«ultimo giorno del
quarto mese successivo a quello di consegna del ruolo» (Cass., Sez. 5^, 15 gennaio 2007, n. 667) e, in seguito, soppresso dal l’art. 1, comma 1, lett. b, del d.lgs. 27 aprile 2001, n. 193; in esito alla detta soppressione, l’art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, non contemplando (più) un termine di decadenza per la notifica RAGIONE_SOCIALE cartella esattoriale, è stato dichiarato incostituzionale (Corte Cost., 15 luglio 2005, n. 280) «nella parte in cui non prevede un termine, fissato a pena di decadenza, entro il quale il concessionario deve notificare al contribuente la cartella di pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte liquidate ai sensi del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis»; come base di tale pronuncia è stato assunto un principio di portata generale, più volte del resto enunciato (Corte Cost., 11 aprile 2003, n. 107; Corte Cost., 19 novembre 2004, n. 352), secondo cui sarebbe irragionevole mantenere inalterato un procedimento congegnato in modo «da lasciare il contribuente troppo a lungo esposto alla pretesa del fisco per l’assenza di un termine perentorio entro il quale dovesse avvenire la notifica RAGIONE_SOCIALE cartella di pagamento»; lo stesso giudice RAGIONE_SOCIALE leggi aveva, difatti, ribadito «che è conforme a Costituzione, e va dall’interprete ricercata, soltanto una ricostruzione del sistema che non lasci il contribuente esposto, senza limiti temporali, all’azione esecutiva del fisco» (Corte Cost., 19 novembre 2004, n. 352); e anche questa affermazione è apparsa associabile a un principio di portata generale; l’esigenza, pur costituzionalmente inderogabile, di rinvenire, ai sensi del l’art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, un termine decadenziale andava soddisfatta, secondo la Corte Costituzionale, nei casi in cui l’imposta, per diretta coniugazione normativa, non consentisse l’adozione del procedimento liquidatorio altrimenti che a mezzo RAGIONE_SOCIALE cartella;
ne è conseguito l’invito al legislatore di fissare tale termine al più presto possibile; di conseguenza, il legislatore è intervenuto con l’art. 1, comma 5ter , lett. a, nn. 1 e 2, del d.l. 17 giugno 2005, n. 106, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 156, da un lato sopprimendo l’art. 17 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e dall’altro modificando l’art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, segnatamente prevedendo, quanto alla lett. c (ritenuta nella odierna fattispecie dai ricorrenti), che la notifica RAGIONE_SOCIALE cartella di pagamento deve avvenire, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre «del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, per le somme dovute in base agli accertamenti dell’ufficio»;
3.7 a valle di un simile articolato percorso, è abbastanza chiaro che l’ambito applicativo del citato art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, rimane demarcato dai limiti normativi dianzi detti; donde riguarda le fattispecie afferenti le sole imposte dirette nei limiti: a) dell’attività liquidatoria ex art. 36bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600; b) del controllo formale RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni ex art. 36ter del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600; c) dell’accertamento d’ufficio divenuto definitivo, con estensione all’IVA ex art. 23 del d.lgs. 26 febbraio 1999; n. 46;
3.8 trattandosi, invece, nel caso concreto, di cartella di pagamento per imposta sulle successioni notificata nell’anno 2011, a fronte di avviso di liquidazione a sua volta notificato ne ll’anno 1999, che era divenuto definitivo con il passaggio in giudicato RAGIONE_SOCIALE sentenza depositata dalla Commissione tributaria RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Toscana il 15 ottobre 2001, n. 84/08 2001, dopo il rigetto del ricorso per cassazione dei contribuenti con la sentenza depositata dalla Sezione Tributaria di questa
Corte il 5 ottobre 2007, n. 20850, è logico dedurne che non si poneva affatto il problema RAGIONE_SOCIALE decadenza presidiata dalla norma; non si poneva perché l’assunto era disancorato dal supporto normativo e perché non soccorreva neppure la ratio RAGIONE_SOCIALE dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Corte Cost., 15 luglio 2005, n. 280), delineata all’essere la cartella di pagamento diversamente declinabile come mezzo per l’esplicazione del procedimento liquidatorio dell’imposta, anziché come (semplice) mezzo di esazione (Cass., Sez. 5^, 4 febbraio 2015, n. 1974);
3.9 su tali premesse, questa Corte ha affermato che l’imposta sulle successioni è suscettibile di essere liquidata, dopo la presentazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazione, mediante lo specifico atto a ciò funzionale (l’avviso di liquidazione); pertanto, viene a mancare il presupposto -viceversa caratterizzante gli accertamenti RAGIONE_SOCIALE imposte dirette e dell’IVA – cui associare la funzione del rispetto di un termine decadenziale per la notifica RAGIONE_SOCIALE cartella di pagamento; quanto all’imposta sulle successioni, al limite contenutistico del dettato normativo si accompagna la non pertinenza RAGIONE_SOCIALE ratio RAGIONE_SOCIALE declaratoria di incostituzionalità appena detta, poiché, per l’imposta sulle successioni, è la stessa attività di liquidazione ad andar soggetta a termini di decadenza (art. 27 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346; ne consegue che il contribuente non resta assoggettato all’azione amministrativa per un tempo indeterminato, o comunque, se corrispondente a quello ordinario di prescrizione, per un tempo eccessivo; il contribuente resta in tal caso soggetto alla sola azione di riscossione, per la quale rileva il termine di prescrizione ordinario (art. 41, comma 2, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346); il che, peraltro, è ovvio ed è pienamente conforme al
sistema, posto che, dopo la liquidazione, non viene in questione altro che il credito da riscuotere; non ha, dunque, alcun senso discorrere di pretese liquidatorie, quanto piuttosto – e unicamente – del diritto di credito, che appunto si prescrive in dieci anni (Cass., Sez. 5^, 4 febbraio 2015, n. 1974; Cass., Sez. 5^, 21 giugno 2016, n. 12754);
3.10 per cui, dopo che l’atto impositivo è divenuto definitivo (in sede amministrativa o giudiziaria), l’atto riscossivo deve essere emanato (come è accaduto nel caso di specie) nel termine di prescrizione decennale, il cui dies a quo viene a coincidere, rispettivamente, con la scadenza del termine per la proposizione dell’impugnazione dinanzi al giudice tributario ovvero con la scadenza del termine per la proposizione dell’impugnazione RAGIONE_SOCIALE sentenza resa dal giudice tributario o con la pubblicazione del provvedimento reso dalla Cassazione a chiusura RAGIONE_SOCIALE controversia (rigetto o accoglimento con cassazione senza rinvio) sulla sentenza resa dal giudice tributario (Cass., Sez. 6^-5, 5 maggio 2020, n. 8454);
3.11 ne discende che la sentenza impugnata si è uniformata ai principi enunciati, senza infrangere alcun giudicato tra le medesime parti , ritenendo che l’amministrazione finanziaria avesse tempestivamente agito per la riscossione dell’imposta sulle successioni (e dei relativi accessori) nei confronti dei contribuenti; peraltro, la natura meramente processuale del giudicato invocato dai ricorrenti ne limitava l’efficacia all’interno del relativo procedimento e ne escludeva l’incidenza sul rapporto tributario sostanziale;
il quarto motivo è inammissibile;
4.1 Per costante giurisprudenza di questa Corte, nel giudizio di legittimità, il principio RAGIONE_SOCIALE rilevabilità del giudicato esterno deve essere coordinato con l’onere di autosufficienza del
ricorso, per cui la parte ricorrente che deduca il suddetto giudicato deve, a pena d’inammissibilità del ricorso, riprodurre in quest’ultimo il testo RAGIONE_SOCIALE sentenza che si assume essere passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il riassunto sintetico RAGIONE_SOCIALE stessa, né la mera riproduzione di stralci o del solo dispositivo (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 11 febbraio 2015, n. 2617; Cass., Sez. 2^, 23 giugno 2017, n. 15737; Cass., Sez. 1^, 31 maggio 2018, n. 13988; Cass., Sez. 5^, 30 dicembre 2019, n. 34590; Cass., Sez. 5^, 9 novembre 2021, n. 32810; Cass., Sez. 6^-5, 22 dicembre 2021, n. 41178; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2022, n. 8359; Cass., Sez. 5^, 13 maggio 2022, n. 15327; Cass., Sez. 5^, 30 marzo 2023,n. 9032; Cass., Sez. 5^, 29 gennaio 2024, n. 2717);
4.2 nella specie, il mezzo è carente di autosufficienza, non essendo stato trascritto né richiamato in modo specifico il contenuto integrale RAGIONE_SOCIALE sentenze passate in giudicato, per cui il collegio non è messo in grado di valutare la portata RAGIONE_SOCIALE doglianze prospettate in sede di legittimità, anche in ragione dell’omessa produzione (in questa sede RAGIONE_SOCIALE sentenza richiamata)
4.3 ad ogni modo, va rilevato che la cartella di pagamento in contestazione è stata emanata dall’amministrazione finanziaria per la riscossione dell’imposta sulle successioni in dipendenza dell’ originario avviso di liquidazione (anno 1999), rispetto alla cui impugnazione si era formato il giudicato con il rigetto del ricorso per cassazione avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Toscana il 15 ottobre 2001, n. 84/08/2001, per effetto RAGIONE_SOCIALE sentenza depositata dalla Sezione Tributaria di questa Corte il 5 ottobre 2007, n. 20850, dopo che la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Firenze il 17 novembre 2010, n.
115/16/2010, anch’essa passata in giudicato, aveva dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione proposta avverso il successivo avviso di liquidazione (anno 2009); per cui, i contribuenti non possono riproporre in questa sede questioni attinenti al merito RAGIONE_SOCIALE pretesa impositiva;
5. il quinto motivo è infondato;
5.1 invero, essendosi esclusa a monte la decadenza dell’amministrazione finanziaria dal potere di riscuotere l’imposta principale sulle successioni mediante cartella di pagamento, dopo il passaggio in giudicato RAGIONE_SOCIALE sentenza del giudice tributario che ha confermato l’avviso di liquidazione, nessun impedimento osta alla contestuale irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzione amministrativa (« sopratassa ») per il ritardo nel pagamento ex art. 52 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346;
5.2 difatti, è pacifico che il diritto alla riscossione RAGIONE_SOCIALE sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme tributarie, derivante da sentenza passata in giudicato, si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell’art. 2953 cod. civ., che disciplina specificamente ed in via generale la cosiddetta actio iudicati , mentre, se la definitività RAGIONE_SOCIALE sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile vale il termine di prescrizione di cinque anni, previsto dall’art. 20 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario (Cass., Sez. Un., 10 dicembre 2009, n. 25790; Cass., Sez. 5^, 7 aprile 2017, n. 9076; Cass., Sez. 5^, 11 luglio 2022, n. 21810; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2023, n. 14252);
da ultimo, anche il sesto motivo è inammissibile;
6.1 la censura attinge la sentenza impugnata per l’omessa pronunzia del giudice di appello sulla domanda proposta dai contribuenti per la condanna dell’amministrazione finanziaria ex art. 96 cod. proc. civ.;
6.2 anzitutto, la pronunzia sulla c.d. ‘ responsabilità aggravata ‘ presuppone che la parte istante sia stata vittoriosa nel merito, come si desume dalla formulazione dell’art. 96, primo comma, cod. proc. civ., a tenore del quale: «Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d’ufficio, nella sentenza»; in tal senso, è pacifico che non possa aversi condanna a tale titolo RAGIONE_SOCIALE parte totalmente o parzialmente vittoriosa; pertanto, nella specie, il rigetto dell’appello proposto in via principale dai contribuenti comportava l’implicito assorbimento (per carente presupposto) dell’accessoria domanda ex art. 96 cod. proc. civ., rendendo superflua un’espressa pronunzia sul punto; per cui, trattandosi di assorbimento ‘ in senso improprio ‘ ( configurabile, per l’appunto, quando la decisione di una questione esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre), non si può ravvisare la sussistenza del vizio di omessa pronuncia (Cass., Sez. Lav., 26 gennaio 2016, n. 1360; Cass., Sez. 6^-1, 3 febbraio 2020, n. 2334; Cass., Sez. 6^-3, 2 luglio 2021, n. 18832; Cass., Sez. 5^, 16 novembre 2021, n. 34494; Cass., Sez. 5^, 6 ottobre 2022, n. 29068);
6.3 aggiungasi, in ogni caso, che la sentenza con la quale il giudice del merito compensi fra le parti le spese giudiziali (come, nella specie) contiene una implicita esclusione dei presupposti richiesti per la condanna RAGIONE_SOCIALE parte soccombente per responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ.
e, quindi, non è censurabile per omessa pronuncia sull’istanza di risarcimento di quei danni (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 marzo 2000, n. 3876; Cass., Sez. 2^, 19 settembre 2011, n. 19097; Cass., Sez. 6^-Lav., 25 maggio 2015, n. 10779; Cass., Sez. 5^, 25 novembre 2022, n. 34888);
in conclusione, alla stregua RAGIONE_SOCIALE suesposte argomentazioni, valutandosi l ‘ infondatezza del primo motivo, del secondo motivo, del terzo motivo e del quinto motivo, nonché l’inammissibilità del quarto motivo e del sesto motivo, il ricorso deve essere rigettato.
le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo;
a i sensi dell’ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti, in solido tra loro, alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese giudiziali in favore RAGIONE_SOCIALE controricorrente, liquidandole nella misura di € 6.500,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito; dà atto dell’obbligo, a carico del ricorrente, di pagare l’ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 26 marzo