Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7802 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7802 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LA COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27767/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che lo rappresenta e difende; -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. LIVORNO n. 214/2019 depositata il 14/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/10/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
L’Ufficio doganale di Firenze aveva proceduto con atto n. 17692 del 20.9.2010 alla rettifica di una serie di dichiarazioni doganali, relative a importazioni di lampade fluorescenti effettuate tra il 2007 e 2008 dalla società RAGIONE_SOCIALE, avendo accertato, a seguito RAGIONE_SOCIALE risultanze di investigazione dell’OLAF, la provenienza dalla Cina RAGIONE_SOCIALE lampadine dichiarate di origine tunisina con conseguente sottoposizione a dazio antidumping.
Impugnato quest’atto di rettifica, il relativo giudizio veniva definito con il suo annullamento da parte della Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Toscana che accoglieva l’eccezione di incompetenza dell’ufficio emittente.
Successivamente, l’Ufficio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Livorno emetteva altro atto di rettifica, notificato l’11.4.2016, in relazione a singole dichiarazioni d’importazione, tra quelle oggetto della precedente rettifica annullata, presentate presso la Dogana di Livorno.
RAGIONE_SOCIALE impugnava quest’atto e la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Livorno accoglieva il ricorso, osservando che non era stata data prova sufficiente del fatto che le importazioni fossero state effettuate da società cinesi e non dalla società tunisina.
Il gravame erariale è stato accolto dalla CTR Toscana, che ha rigettato invece l’appello incidentale della società sull’ eccepita prescrizione.
Nel merito, la CTR h a osservato che l’accertamento si fondava sulle indagini dell’OLAF, dalle quali era emersi che tutta la merce proveniva dalla Cina e subiva in Tunisia un modesto assemblaggio, quando non un semplice nuovo imballaggio, e che, quanto al prodotto proveniente dalla Cina e dalla produttrice RAGIONE_SOCIALE, cui veniva applicato un dazio sensibilmente più basso rispetto agli altri produttori, era risultato che questa aveva esportato quantità superiori alle sue capacità produttive (40 milioni di pezzi contro 15 milioni), che la stessa RAGIONE_SOCIALE, dietro un
corrispettivo del 10%, forniva agli altri produttori documentazione attestante che la merce era di sua produzione, che negli anni in questione la società appellata aveva pagato la merce a società diverse dalla RAGIONE_SOCIALE; inoltre, la RAGIONE_SOCIALE ha rilevato che la documentazione prodotta non costituiva certificazione d’origine , rilevante ai fini doganali, ma proveniva dall’RAGIONE_SOCIALE, attestava soltanto l’autenticità del timbro apposto dalla RAGIONE_SOCIALE nella dichiarazione ed era irrilevante a dimostrare che la merce era stata prodotta da quest’ultima .
Il ricorso è affidato a quattro motivi.
Ha resistito con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., violazione dell’art. 112 c.p.c., e omessa pronunzia con riferimento all’eccezione di nullità per difetto di motivazione dell’avviso di rettifica dell’accertamento.
1.1. Il motivo è infondato perché ricorre un rigetto implicito della questione. Ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione (Cass. n. 2151 del 2021; Cass. n. 24953 del 2020). Il Giudice, invero, non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione RAGIONE_SOCIALE parti, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132, n. 4, c.p.c., che esponga, in maniera concisa, gli elementi posti a fondamento della sua decisione, e dovendo
ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’ iter argomentativo seguito. Ne consegue che il vizio di omessa pronuncia – configurabile allorché risulti completamente omesso il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto – non ricorre nel caso in cui, seppure manchi una specifica argomentazione, la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti il rigetto (Cass. n. 12652 del 2020); ne consegue, ancora, che la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività (Cass. n. 12131 del 2023).
Con il secondo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., si deduce omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in quanto la notitia criminis era stata trasmessa alla Procura della Repubblica di Livorno in data 16.11.2010 quando era già decorso il termine di prescrizione triennale previsto dall’art. 84 d.P.R. n. 43/1973 come modificato dall’art. 29 comma 1 l. n. 428/1990, dalla dichiarazione di importazione n. NUMERO_DOCUMENTO del 22.10.2007.
Con il terzo motivo deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 84 d.P.R. n. 43/1973 e art. 11 d.lgs. n. 374/1990, art. 221 reg. CE n. 2913/1992, con riferimento alla medesima circostanza di cui al precedente motivo.
Il secondo e il terzo si possono esaminare congiuntamente attenendo alle medesime questioni; respinta l’eccezione di inammissibilità sollevata dall’RAGIONE_SOCIALE con riguardo al secondo motivo in quanto nuovo, perché la circostanza omessa faceva comunque parte RAGIONE_SOCIALE questioni sulla prescrizione oggetto di discussione, deve affermarsi la fondatezza dei due motivi che vanno, quindi, accolti.
4.1. In tema di dazi doganali, secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, l’azione di recupero a posteriori dei dazi all’importazione o all’esportazione può essere avviata dopo la scadenza del termine di tre anni dalla data di genesi dell’obbligazione tributaria quando la sua mancata determinazione sia avvenuta a causa di un fatto-reato (a prescindere dall’esito, di condanna o assolutorio, del relativo giudizio), come previsto d all’art. 221 par.4 del CDC , purché la notitia criminis , costituente il primo atto esterno prefigurante il nodo di commistione tra fatto reato e presupposto di imposta, destinato ad essere sciolto all’esito del giudizio penale, sia trasmessa nel corso del termine di prescrizione e non dopo la sua scadenza (Cass. n. 4639 del 2020; Cass n. 8322 del 2013; Cass. n. 14016 del 2012). Soltanto in questo caso il termine di prescrizione comincerà a decorrere dalla data in cui il decreto o la sentenza pronunziati in sede penale sono divenuti irrevocabili (Cass. n. 21377 del 2006).
4.2. Questa soluzione non è in contrasto con il diritto unionale, che non disciplina la materia RAGIONE_SOCIALE cause di interruzione o sospensione del termine di prescrizione qui esaminato (v. Cass. n. 26018 del 2013; v. anche Corte giust. 17 giugno 2010, C-75/09, Agra), ed è confermata dalla Corte costituzionale (v. Corte Cost. n. 247 del 2011), secondo cui la necessità che la notitia criminis intervenga nel triennio vale a rendere il precetto RAGIONE_SOCIALE compatibile con il quadro dei principi costituzionali della certezza dei rapporti giuridici e della ragionevolezza, correlati alla necessità
di impedire l’indeterminabile ed indefinita possibilità che l’amministrazione possa realizzare la pretesa impositiva ritardando a sua discrezione il momento dal quale fare decorrere la sospensione del termine di prescrizione in presenza di condotte penalmente perseguibili.
4.3. La CTR ha correttamente riportato il principio giurisprudenziale – al fine di respingere la questione sollevata dall’appellante incidentale , il quale aveva sostenuto che l’accertamento della responsabilità penale costituisse presupposto della deroga di cui all’art. 221 par. 4 cit. – ma non ha verificato se l’amministrazione avesse dato prova della trasmissione della notizia di reato entro tre anni dalla formazione RAGIONE_SOCIALE relative bollette doganali; in questo caso, secondo quanto riportato in ricorso per autosufficienza, le bollette doganali risalgono al periodo intercorrente tra il 22 ottobre 2007 e il 21 luglio 2008 mentre dalla sentenza di non luogo a procedere del GUP di Livorno 22.1.2013, allegata al ricorso di primo grado, risulta che la notizia di reato venne trasmessa il 16.11.2010.
Con il quarto motivo deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 2729 c.c., dell’art. 9 par. 2 del Reg. CE n. 1073/1999, non avendo la CTR valutato gli elementi probatori secondo prudente apprezzamento né sulla base di presunzioni gravi precise e concordanti.
5.1. Il motivo è inammissibile in quanto tende in realtà a rimettere in discussione l’accertamento in fat to. La critica, infatti, si svolge sul piano della valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie e sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge mira, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito che è incensurabile nel giudizio di legittimità se correttamente motivata (Cass., Sez. Un., n. 34476 del 2019).
5.2. Va tenuto presente che, i n tema di valutazione RAGIONE_SOCIALE prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione RAGIONE_SOCIALE predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, bensì un errore di valutazione dei fatti, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360, 1° comma, n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012 (per tutte, Cass. n. 23940 del 2017; Cass. n. 3572 del 2021).
5.3. D’altro canto, il controllo sul ragionamento presuntivo svolto da giudice di merito sfugge al concetto di violazione o falsa applicazione quando si concreta: a) in un’attività diretta ad evidenziare soltanto che le circostanze fattuali, in relazione alle quali il ragionamento presuntivo è stato enunciato, avrebbero dovuto essere ricostruite in altro modo (sicché il giudice di merito è partito in definitiva da un presupposto fattuale erroneo), b) nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica semplicemente diversa da quella che si dice applicata dal giudice di merito, senza spiegare e dimostrare perché quella da costui applicata abbia esorbitato dai paradigmi dell’art. 2729, comma 1, risolvendosi la critica in questi casi in un diverso apprezzamento della ricostruzione della quaestio facti , e, in definitiva, nella prospettazione di una diversa ricostruzione della stessa quaestio cosicché e ci si pone su un terreno che non è quello del n. 3 dell’art. 360 c.p.c. (Cass. sez. un. n. 1785 del 2018).
5.4. La ricorrente contesta la forza indiziaria dei singoli elementi evidenziati in sentenza che costituirebbero mere illazioni, inidonee ad escludere il ruolo di intermediarie RAGIONE_SOCIALE società che avevano ricevuto i pagamenti e a dimostrare che le merci oggetto
RAGIONE_SOCIALE importazioni non rientravano tra quelle effettivamente prodotti dalla RAGIONE_SOCIALE. Questo argomentare, da un lato, si svolge in termini assai carenti di autosufficienza (in particolare, laddove si contesta genericamente il rilievo probatorio RAGIONE_SOCIALE investigazioni dell’OLAF senza riportarne puntualmente il contenuto) e, dall’altro, devia dal modello “atomistico-analitico”, che caratterizza il ragionamento presuntivo, fondato sul rigoroso esame di ciascun singolo fatto indiziante e sulla successiva valutazione congiunta, complessiva e globale, degli stessi, da compiersi alla luce dei principi di coerenza logica, compatibilità inferenziale e concordanza (Cass. n. 18327 del 2023), limitandosi ad esaminare i singoli elementi senza considerare complessivamente il quadro indiziario e finendo in questo modo per offrire una propria ricostruzione dei fatti, semplicemente diversa da quella in sentenza, che non inficia l’accertamento svolto dal giudice di merito .
Conclusivamente, accolto il secondo e terzo motivo di ricorso, rigettati gli altri, la sentenza va cassata di conseguenza e la causa va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo e terzo motivo di ricorso, rigettati gli altri, cassa di conseguenza la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 18/10/2023.