Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27278 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5   Num. 27278  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/10/2025
Oggetto: Cartella di pagamento Avviso di intimazione – Notifica –  Prescrizione  ICI  e  contributi RAGIONE_SOCIALE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8521/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale a margine del ricorso,  dall’AVV_NOTAIO,  elettivamente  domiciliata  presso  lo studio del difensore in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente e controricorrente incidentale -contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura in calce al controricorso,  dall’AVV_NOTAIO,  elettivamente  domiciliata  in Roma alla INDIRIZZO presso lo RAGIONE_SOCIALE;
-controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 5156/05/2017, depositata in data 12 settembre 2017;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 settembre 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
La società RAGIONE_SOCIALE impugnava innanzi alla Commissione  tributaria  provinciale  di Roma  sei  intimazioni  di pagamento, deducendo vizi relativi alla notifica sia RAGIONE_SOCIALE intimazioni sia  RAGIONE_SOCIALE  sottese  sei  cartelle  di  pagamento.  Eccepiva,  poi,  la decadenza/prescrizione/inesigibilità RAGIONE_SOCIALE pretese creditorie: tre cartelle erano relative a crediti di ADE, due a crediti della RAGIONE_SOCIALE ed una a crediti del Comune di Forano.
RAGIONE_SOCIALE si costituiva depositando la documentazione comprovante la notifica degli atti impugnati.
La CTP rigettava il ricorso.
La contribuente proponeva gravame innanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio, che confermava la decisione della CTP in punto di validità RAGIONE_SOCIALE notifiche RAGIONE_SOCIALE cartelle di pagamento, eseguite con la procedura della irreperibilità assoluta ex art. 60, primo comma, lett. e) d.P.R. n. 600/1973. Riformava, invece, la sentenza gravata con riferimento alla cartella n. NUMERO_CARTA, relativa ad un credito ICI, notificata il 27 maggio 2008, atteso che l’intimazione di pagamento era stata notificata il 16 luglio 2013, ovvero oltre il termine quinquennale di prescrizione. In relazione a tutti gli altri crediti, invece, la prescrizione (decennale) non era maturata al momento della notifica RAGIONE_SOCIALE relative intimazioni.
Avverso la decisione della Commissione tributaria regionale la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a cinque motivi.
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso,  spiegando  ricorso  incidentale  fondato  su  un  unico motivo.
La ricorrente principale ha depositato controricorso.
È stata fissata l’adunanza camerale per il 23/09/2025.
Considerato che:
 Con  il  primo  motivo  di  ricorso  principale  la  contribuente lamenta la «violazione e falsa applicazione dell’art. 25 DPR 602/1973
. Decadenza del diritto per le cartelle di pagamento n. 97.2005.215762486 000 (Tributi RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE anno 2001) -doc. 11  –  e  n.  97.2006.121525165  000  (Tributi  RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE anno 2002) -doc. 8 – . – Riferimento art. 360 cpc comma 1 n. 3».
La notifica RAGIONE_SOCIALE due cartelle sarebbe, invero, avvenuta il 28 maggio 2008, ovvero oltre il termine previsto (31 dicembre 2007) dall’art. 25 cit.; di qui, la decadenza del concessionario dal diritto di procedere alla riscossione.
Il  motivo è inammissibile, perché introduce un profilo nuovo (ovvero l’asserita violazione dell’art. 25 del d.P.R. n. 602/1973), non oggetto  del  ricorso  introduttivo  di  primo  grado;  per  espressa ammissione  dell’odierna  ricorrente  (v.  pagg.  3  e  4  del  ricorso), decadenza e prescrizione erano state eccepite, in relazione a dette cartelle, come effetto della ritenuta nullità della notifica RAGIONE_SOCIALE stesse.
Invece, la censura oggetto del motivo di ricorso (della quale, nella sostanza, la ricorrente lamenta una omessa pronuncia) attiene alla  decadenza  dell’agente  della  riscossione  dalla  possibilità  di procedere alla notifica della cartella per effetto dell’art . 25 d.P.R. n. 602/1973. Ma tale censura non era oggetto del ricorso originario, né invero la ricorrente si cura di indicare in quale segmento processuale del giudizio (in primo o in secondo grado) essa sia stata proposta.
Con il secondo motivo la società lamenta la «violazione e falsa applicazione dell’art. 2948 comma 1 n. 4 c.c. – Riferimento art. 360 cpc comma 1 n. 3».
La notifica RAGIONE_SOCIALE due cartelle relative ai tributi CCIIA anno 2001 sarebbe, invero, avvenuta il 28 maggio 2008, ovvero oltre il termine di prescrizione previsto dall’art. 2948 comma 1, n. 4, cod. civ. (pari a 5  anni,  decorrente  dall’omesso  versamento);  inoltre,  sarebbe decorso anche il termine di prescrizione quinquennale (del diritto alla riscossione) dalla data di notifica della cartella (28 maggio 2008) alla data di notifica dell’intimazione di pagamento (1 6 luglio 2013).
2.1. Il motivo è in parte inammissibile ed in parte fondato; è inammissibile perché introduce un profilo nuovo (ovvero l’asserita
violazione  dell’art. 2948  cod.  civ.  per  essere  maturato  il  termine quinquennale  di  prescrizione  dalla  data  dell’omesso  versamento ), non oggetto del ricorso introduttivo di primo grado; per espressa ammissione  dell’odierna  ricorrente  (v.  pagg.  3  e  4  del  ricorso), decadenza e prescrizione erano state eccepite, in relazione a dette cartelle, come effetto della ritenuta nullità della notifica RAGIONE_SOCIALE stesse.
Invece, la censura oggetto del motivo di ricorso (della quale, nella sostanza, la ricorrente lamenta una omessa pronuncia) attiene alla prescrizione del diritto dell’agente della riscossione dalla possibilità di procedere alla notifica della cartella per effetto dell’art. 2948 cod. civ.. Ma tale censura non era oggetto del ricorso originario, né  invero  la  ricorrente  si  cura  di  indicare  in  quale  segmento processuale del giudizio (in primo o in secondo grado) essa sia stata proposta.
2.2. Invece,  sotto  l’altro  aspetto  (ovvero  la  decorrenza  del termine di 5 anni alla data della notifica dell’intimazione di pagamento) il motivo è fondato.
2.2.1. La questione rimessa al Collegio attiene all’individuazione del termine di prescrizione entro il quale la RAGIONE_SOCIALE deve agire al fine di ottenere la liquidazione dei diritti camerali (istituiti dall’art. 18, della l. n. 580 del 1993 a carico RAGIONE_SOCIALE imprese  iscritte  nei  relativi  registri)  i  quali  hanno  la  funzione  di garantire il finanziamento di tali organismi.
2.2.2.  Nella  specie  la  Commissione  Tributaria  Regionale  ha sostenuto, in realtà con una affermazione tautologica, che il diritto a riscuotere il tributo camerale  è  soggetto  all’ordinario  termine decennale di prescrizione di cui all’art. 2946 c.c..
2.2.3. Come affermato da questa Corte (cfr. Cass. 16/02/2021, n. 14244), in via preliminare va ribadita la natura di tributo del diritto  camerale  ad  opera  dell’art.  13  della  legge Finanziaria per il 2003 (legge n. 289 del 2002); l’art. 13, comma 3, (Definizione  dei  tributi  locali)  stabilisce,  infatti,  che  «ai  fini  RAGIONE_SOCIALE disposizioni  del  presente  articolo,  si  intendono  tributi  propri  RAGIONE_SOCIALE
regioni, RAGIONE_SOCIALE province e dei comuni i tributi la cui titolarità giuridica ed il cui gettito siano integralmente attribuiti ai predetti enti, con esclusione RAGIONE_SOCIALE compartecipazioni ed addizionali a tributi erariali, nonché RAGIONE_SOCIALE mere attribuzioni ad enti territoriali del gettito, totale o parziale, di tributi erariali»; con il successivo art. 5quater, comma 1, d.l. n. 282 del 2002 (introdotto in sede di conversione dalla legge n. 27 del 2003), l’art. 13, della legge n. 289 del 2002 è stato esteso anche alle RAGIONE_SOCIALE, con riferimento al diritto annuale, demandando ad un successivo decreto del RAGIONE_SOCIALE le modalità di attuazione.
2.2.4. Così individuata la natura del diritto camerale, esso è disciplinato dall’art. 18 della l. n. 580 del 1993 (Riordinamento RAGIONE_SOCIALE camere di RAGIONE_SOCIALE, industria, artigianato e agricoltura) il quale prevede che esso, finalizzato al finanziamento ordinario RAGIONE_SOCIALE camere RAGIONE_SOCIALE sia versato con cadenza annuale. Il diritto camerale è, dunque assimilabile a quei tributi aventi cadenza periodica, ogni anno o in termini più brevi, configurandosi alla stregua di un’obbligazione periodica o di durata, per la quale trova applicazione l’art. 2948 n. 4 c.c., il quale prevede la prescrizione quinquennale.
2.2.5. Tali tributi non richiedono, quanto alla sussistenza dei relativi presupposti, una valutazione autonoma per ogni anno di imposta, assumendo all’uopo, oltre alla suindicata periodicità, il versamento annuale in un’unica soluzione e il fatto che il presupposto per il sorgere dell’obbligo di pagamento la mera iscrizione dell’impresa nel registro RAGIONE_SOCIALE imprese; quest’ultima, infatti, non è oggetto di riesame periodico, essendo onere dell’impresa, per non pagare più il diritto camerale, quello di richiedere la cancellazione dall’albo presso la RAGIONE_SOCIALE ed essendo prevista la cancellazione d’ufficio, ai sensi del d.P.R. n. 247 del 2004, solo in presenza di precisi presupposti e comunque sempre con efficacia decorrente dalla data di avvio del procedimento di cancellazione.
2.2.6. Tali conclusioni trovano fondamento nell’univoco indirizzo di questa Corte (cfr. Cass. 23/02/2010, n. 4283, Cass. 10/12/2014, n. 26013) poi ribadito dalle Sezioni Unite (Cass. 17/11/2016, n. 23397) le quali hanno affermato che «il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti -in ogni modo denominati- di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti RAGIONE_SOCIALE Regioni, RAGIONE_SOCIALE Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché RAGIONE_SOCIALE sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via».
2.2.7. L’applicabilità del termine di prescrizione quinquennale al credito derivante dal diritto camerale si fonda, infine, sulla previsione del corrispondente termine fissato, in via generale, per l’irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni dall’art. 20, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997 e, con specifico riferimento a quelle dovute per omesso versamento dei diritti camerali, dall’art. 10 del D.M. n. 54 del 2005, secondo cui «l’atto di irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni deve essere notificato a pena di decadenza entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione. 2. Il diritto alla riscossione della sanzione si prescrive nel termine di cinque anni a decorrere dalla data della notificazione dell’atto d’irrogazione. L’impugnazione del provvedimento di irrogazione interrompe la prescrizione».
2.2.8.  Questa  Corte,  con  l’ordinanza  n.  1997  del  2018, riprendendo il  principio  di  cui  alla  sentenza  RAGIONE_SOCIALE  Sezioni  Unite  n. 23397 del 2016, ha, poi, precisato che la prescrizione quinquennale
trova piena operatività con riguardo a tutti gli atti, in qualsiasi modo denominati, di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva, inclusi dunque anche i crediti relativi ad entrate tributarie dello  Stato  nonché  le  sanzioni  amministrative  per  le  violazioni  di norme tributarie.
La ratio di questa interpretazione si fonda nel principio, anche esso ribadito in precedenti interventi di questa Corte (ad es. Cass. 01/10/2020, n. 20955), secondo cui il termine entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione principale tributaria e quello relativo a quella accessoria, ovvero la sanzione nel caso di specie, deve essere unitario. Sarebbe, infatti, anomalo nell’ambito della stessa materia dei diritti camerali, prevedere termini quinquennali per le sanzioni e termini decennali per i diritti camerali dalla cui violazione conseguono le sanzioni (da ultimo, Cass. 21/07/2022, n. 22897).
2.2.9. Nella specie, quindi, erroneamente la CTR ha ritenuto non maturata la prescrizione del diritto alla riscossione, dopo aver individuato il relativo termine in anni 10. La sentenza gravata va, in parte qua , cassata, essendo invece decorso (dal 28 maggio 2008 al 17  luglio  2013)  il  diverso  (ed  inferiore)  termine  di  prescrizione quinquennale.
Con il terzo motivo la società lamenta, con riferimento a due cart elle di pagamento (una relativa ai tributi RAGIONE_SOCIALE, l’altra ad IRPEF) la «violazione e falsa applicazione di norme di legge. (art. 26 del DPR 602/1973 , art. 60 comma 1 lettera e) del DPR 600/1973 -art. 115 cpc -art. 2697 c.c. ) omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione. -Riferimento art. 360 cpc comma 1 n. 3 e n. 5».
In  particolare,  la  CTR  avrebbe  omesso  ‘completamente  di pronunciarsi sul punto specifico, limitandosi a definire legittime le notifiche  fatte  a  mani  da  altri  soggetti  persone  fisiche  (e  quindi diverse da quelle a mezzo posta) dove nelle relate di la societ a’ RAGIONE_SOCIALE veniva indicata come societa’ ‘ irreperibile assoluta ‘. Notifiche
queste ultime diverse da quelle postali e relative ad altre cartelle di pagamento. Quindi ultronee rispetto a quelle in contestazione’ (pag. 11 del ricorso).
3.1.  Il  motivo,  da  ritenere  assorbito  con  riferimento  alla cartella n. 097200601211525064000 (relativo a RAGIONE_SOCIALE) per effetto dell’accoglimento del secondo motivo, è inammissibile per plurime ragioni, ciascuna idonea a fondarne la relativa declaratoria.
3.1.1. Sotto un primo profilo, va evidenziato che il motivo sovrappone inestricabilmente nell’esposizione il vizio di violazione di legge e l’omesso esame di fatti decisivi; integra, in altri termini, un motivo cd. coacervato, senza possibilità di distinguere i vari vizi sostanzialmente denunciati, anche in contrasto logico tra loro, che danno luogo ad una sostanziale mescolanza e sovrapposizione di censure, con l’inammissibile prospettazione della medesima questione sotto profili incompatibili (Cass. 23/10/2018, n. 26874; Cass. 23/09/2011, n. 19443; Cass. 11/04/2008, n. 9470), non risultando specificamente separati la trattazione RAGIONE_SOCIALE doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione RAGIONE_SOCIALE norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass, 11/04/2018, n. 8915; Cass. 23/04/2013, n. 9793) o a pretesi vizi processuali.
3.1.2.  Il  motivo  è,  altresì,  inammissibile  sotto  il  profilo  del paventato omesso esame di fatti decisivi ai fini della decisione.
L’art. 360, comma primo, cod. proc. civ., nella formulazione introdotta  dal  legislatore  nel  2012  (d.l.  83/2012)  ed  applicabile ratione  temporis ,  prevede,  per  quanto  qui  rilevi,  che  le  sentenze emesse in grado di appello possono essere impugnate con ricorso per cassazione:
…5) per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti .
Nonostante la ratio della riforma fosse chiara, ovvero, da un lato,  evitare  l’abuso  dei  ricorsi  basati  sul  vizio  di  motivazione, dall’altro, limitare il sindacato sul fatto in Cassazione, la formulazione
della  norma,  molto  criticata  in  dottrina,  ha  generato  numerose questioni interpretative e questa Corte è stata chiamata a delimitare l’ambito di applicazione del motivo de quo .
In termini generali, si è affermato che è denunciabile, ex art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella « mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico », nella « motivazione apparente », nel « contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili » e nella « motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile », esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. Sez. U. 07/04/2014 n. 8053, Cass. Sez. U. 21/12/2022 n. 37406, Cass. 08/05/2019, n. 12111).
Al di fuori di queste ipotesi, quindi, è censurabile ai sensi del n. 5) soltanto l’omesso esame di un fatto storico controverso , che sia stato oggetto di discussione e che sia decisivo ; di contro, non è più consentito impugnare la sentenza per criticare la sufficienza del discorso argomentativo a giustificazione della decisione adottata sulla base degli elementi fattuali acquisiti e ritenuti dal giudice di merito determinanti ovvero scartati in quanto non pertinenti o recessivi (Cass. 31/01/2017, n. 2474).
Per fatto decisivo deve intendersi innanzitutto un fatto (inteso nella sua accezione storico-fenomenica e, quindi, non un punto o un profilo giuridico) principale o secondario, che sia processualmente esistente, in quanto allegato in sede di merito dalle parti ed oggetto di discussione tra le parti, che risulti dal testo della sentenza o dagli atti  processuali e se preso in considerazione avrebbe determinato una decisione diversa (Cass. 13/04/2017, n. 9637).
Pertanto, non costituiscono ‘fatti’ suscettibili di fondare il vizio ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., le argomentazioni o
deduzioni difensive, il cui omesso esame non è dunque censurabile in Cassazione ai sensi del n. 5 dell’art. 360 (Cass. 13/04/2021, n. 9637), né costituiscono ‘fatti storici’ le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque  apprezzato, né le mere ipotesi alternative (Cass. 31/03/2022, n. 10525).
Pacifica, poi, l’applicabilità della norma al processo tributario (così Sez. U. n. 8053/2014 cit.), questa Corte, in tema di contenzioso tributario, ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale non si censuri l’omesso esame di un fatto decisivo ma si evidenzi solo un’insufficiente motivazione per non avere la CTR considerato tutte le circostanze della fattispecie dedotta in giudizio (Cass. 28/6/2016 n. 13366, in materia di idoneità RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese da un terzo a fondare la prova, da parte della contribuente, di fatture per operazioni inesistenti).
Infine, il vizio in esame non è denunciabile qualora le sentenze di merito siano fondate sulle medesime ragioni di fatto (cd. doppia conforme), incombendo al ricorrente in cassazione l’onere di allegare che, di contro, le due decisioni si fondino su ragioni diverse.
3.1.3. Nella specie, a fronte di due decisioni di merito dello stesso  tenore  (rigetto  del  ricorso  della  società)  e  fondate  sul medesimo accertamento in fatto, la contribuente non ha minimamente precisato, al fine di rendere ammissibile il motivo in parte qua , una eventuale diversità RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto poste a base RAGIONE_SOCIALE medesime; di qui l’inammissibilità del motivo.
Con il quarto motivo la contribuente denuncia la «violazione e falsa applicazione di norme di legge ( – art. 26 del DPR 602/1973 e 60 del DPR 600/1973 – art. 137 cpc – art. 115 cpc -art. 2697 c.c.) omesso  esame  circa  un  fatto  decisivo  per  il  giudizio  oggetto  di discussione -Riferimento art. 360 cpc comma 1 n. 3 e n. 5».
In  particolare,  la  CTR  avrebbe  omesso  ‘completamente  di pronunciarsi  sul  punto  specifico ‘  relativo  alla  mancanza  di  qualità
degli  agenti  notificatori  che  avevano  proceduto  alla  notifica  di  3 cartelle (una relativa ai tributi RAGIONE_SOCIALE, due relative ad IRPEF).
4.1.  Il  motivo,  da  ritenere  assorbito  con  riferimento  alla cartella n. NUMERO_CARTA (relativo a RAGIONE_SOCIALE) per effetto dell’accoglimento del secondo motivo, è fondato, previa riqualificazione  del  medesimo.  Invero,  alla  luce  del  contenuto sostanziale  della  doglianza,  la  ricorrente  lamenta  la  violazione  di legge (art. 112 cod. proc. civ.) per l’omessa pronuncia, da parte della CTR, sull’eccezione del difetto di qu alifica in capo ai messi notificatori RAGIONE_SOCIALE cartelle di pagamento.
Orbene, osserva la Corte che è mancata qualsiasi decisione della CTR sul motivo di ricorso, proposto sin dal primo grado di lite.
La sentenza va cassata anche in parte qua .
Con il quinto motivo la contribuente lamenta la «violazione e falsa applicazione dell’art. 2948 comma 1 n. 4 c.c. . Riferimento art. 360 cpc comma 1 n. 3» con riferimento a quattro intimazioni di pagamento, due relative ai contributi della RAGIONE_SOCIALE (per gli anni 2001 e 2002), due relative a crediti di ADE (per gli anni 2001 e 2002). Deduce che erroneamente la CTR non avrebbe dichiarato la prescrizione (quinquennale) degli interessi, prescrizione maturata il 28.5.2013, ovvero al quinto anno dalla notifica RAGIONE_SOCIALE cartelle di pagamento, mentre le intimazioni sono state notificate solo il 16 luglio 2013.
5.1. Il motivo, da ritenere assorbito con riferimento alle due intimazioni  di  pagamento  relative  ai  contributi  RAGIONE_SOCIALE  per  effetto dell’accoglimento del secondo motivo, è fondato con riferimento alle due intimazioni relative ai crediti di ADE, non avendo la CTR accolto la  doglianza  della  contribuente  relativamente  alla  decorrenza  del termine prescrizionale degli interessi.
Come costantemente affermato da questa Corte « a differenza RAGIONE_SOCIALE sanzioni relative a violazioni tributarie, che si nutrono di una disciplina speciale in ambito tributario, la prescrizione degli interessi è regolata  da una norma di diritto comune quale l’art. 2948, n.
4, cod. civ., secondo cui l’obbligazione relativa agli interessi riveste natura autonoma  rispetto al debito principale e soggiace al generalizzato  termine  di  prescrizione  quinquennale  fissato  dalla suddetta disposizione » (Cass. 24/01/2023, n. 2044; conf., ex multis , Cass.  14/09/2022,  n.  27055,  Cass.  28/04/2022,  n.  13258,  Cass. 08/03/2022, n. 7486, Cass. 03/10/2021, n. 31283, Cass. 15/10/2020, n. 22351, Cass. 10/07/2020, n. 20955, Cass. 27/11/2019, n. 30901).
Né sussistono elementi tali da condurre ad una rivisitazione di questo orientamento granitico in materia.
Come  opportunamente e diffusamente evidenziato nella sentenza n. 3044/2023 di questa Corte:
-la norma di cui all’art. 2948, n. 4, cod. civ., prevede che si prescrivono in cinque anni «gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve  pagarsi  periodicamente  ad  anno  o  in  termini  più  brevi».  La norma relativa alla prescrizione degli interessi è, pertanto, norma speciale rispetto alla prescrizione della sorte capitale e si applica a tutte le categorie di interessi;
-rilevante appare, in proposito, la circostanza che la norma non distingue, in linea di principio, il regime della prescrizione in ragione della  natura  o  della  fonte  degli  interessi. Il  codice  civile  conosce diverse categorie di interessi (corrispettivi, moratori e compensativi),  per  cui  appare  ancor  più  significativa  la  disciplina unitaria della prescrizione dell’obbligazione di interessi ;
-la generalizzata applicazione della disciplina della prescrizione quinquennale agli interessi risponde, poi, ad una più risalente ragione storica (e di più antica codificazione), ovvero sganciare la riscossione dell’obbligazione «accessoria» degli interessi da quella del capitale ; nonostante si tratti di due obbligazioni pecuniarie (quella di interessi scaturente da quella per capitale), il legislatore ha inteso liberare il debitore da quella avente ad oggetto gli interessi in termini più rapidi rispetto a ll’obbligazione principale, differenziando il periodo di esigibilità dell’obbligazione accessoria e
dando maggiore tutela al debitore attraverso l’introduzione di una disciplina prescrizionale più breve di quella ordinaria ;
-il carattere dell’accessorietà dell’obbligazione degli interessi attiene solo all’aspetto genetico (sorgendo essa unitamente all’obbligazione principale); una volta sorta, l’obbligazione di interessi vive di vita propria in virtù della progressiva maturazione degli interessi; man mano che maturano, gli interessi vanno a costituire una obbligazione autonoma e rimangono indipendenti dall’obbligazione principale dalla quale sono sorti, per cui possono essere suscettibili di autonome vicende rispetto all’obbli gazione tributaria configurata a carico del contribuente ;
-la conclusione che si trae è che la disciplina della prescrizione, che attiene alla fase in cui gli interessi, in quanto già sorti separati dal capitale, vengono a maturazione, deve necessariamente essere risolta in base al principio dell’autonomia, con la conseguenza che il termine prescrizionale è quello quinquennale stabilito dall’art. 2948, n. 4, cod. civ. il quale prescinde sia dalla tipologia degli interessi, sia dalla natura dell’obbligazione principale .
Anche in parte qua la sentenza gravata va, quindi, cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, perché provveda a nuovo esame, ovvero allo scomputo dal quantum dovuto (ed indicato nelle due intimazioni di  pagamento  nn. NUMERO_CARTA  e  NUMERO_CARTA)  degli  interessi per i quali è maturata, alla data del 16 luglio 2013, la prescrizione.
6. Con l’unico motivo di ricorso incidentale l’RAGIONE_SOCIALE lamenta la «violazione e falsa applicazione degli artt. 2946, 2948 e 2953 c.c. degli artt. 19 e 20 del dlgs. n. 46 del 1999 (in relazione all’art. 360, I comma, n. 3, cpc.)» per avere la CTR erroneamente dichiarato la prescrizione del credito (ICI) portato da una RAGIONE_SOCIALE intimazioni di pagamento impugnate, per essere, alla data della notifica dell’intimazione (17 luglio 2013), decorso il termine di 5 anni dalla data di notifica della cartella (27 maggio 2008). Sostiene che ai sensi degli artt. 19 e 20 del d.lgs. n. 46/1999 il diritto alla riscossione dei
crediti iscritti a ruolo e/o affidati dagli enti impositori all’ente della riscossione si prescrive in 10 anni.
6.1. Il motivo è infondato.
La  decisione  della  CTR  è,  sul  punto,  conforme  alla  pacifica giurisprudenza di questa Corte in tema di prescrizione del diritto alla riscossione dell’ICI:
-l’imposta comunale sugli immobili (ICI) soggiace alla prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948, n. 4, c.c., configurandosi alla stregua di un’obbligazione periodica o di durata e non rientrando nel novero RAGIONE_SOCIALE prestazioni unitarie, per le quali rileva una pluralità di termini successivi per un adempimento che strutturalmente rimane eseguibile anche “uno actu”, con correlata applicabilità dell’ordinaria prescrizione decennale ex art. 2946 c.c. (Cass. 3 luglio 2020, n. 13683);
-il  diritto  alla  riscossione  di  un’imposta  azionato  mediante emissione e notifica di cartella di pagamento non opposto è soggetto a  prescrizione  quinquennale,  non  essendovi,  in  tale  ipotesi,  un accertamento giurisdizionale che conduca all’applicazione del termine decennale dell'”actio iudicati”, di cui all’art. 2953 c.c. (Cass. 29/11/2017, n. 28576, citata dalla stessa RAGIONE_SOCIALE);
-in caso di notifica di cartella esattoriale non fondata su una sentenza passata in giudicato, il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria relativa alle sanzioni è quello quinquennale, così come previsto dall’art.20, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997 (Cass. 8 marzo 2022, n.7486).
In definitiva, il ricorso incidentale va rigettato. In accoglimento del secondo, del quarto e del quinto motivo del ricorso principale, la sentenza gravata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lazio, in diversa composizione,  perché  proceda  a  nuovo  esame  in  relazione  alle censure accolte alla luce dei principi sopra esposti, ed alla liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
Rilevato che risulta soccombente  l’RAGIONE_SOCIALE,  ammessa  alla  prenotazione  a  debito  del  contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 228 del 2012 (Cass. 29/01/2016, n. 1778).
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo, il quarto ed il quinto motivo del ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, perché, in diversa composizione  e  nel  rispetto  dei  principi  esposti,  proceda  a  nuovo giudizio,  provvedendo  anche  a  regolare  le  spese  del  giudizio  di legittimità  tra  le  parti;  dichiara  inammissibili  gli  altri  motivi  del ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale.
Così  deciso  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  del  23  settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME