Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12346 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12346 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10773-2018 R.G. proposto da:
NOME COGNOME e COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi, giusta procura speciale a margine del ricorso, dall’avv. NOME COGNOME (pec: EMAIL;
– ricorrenti –
contro
AGENZIA DELLE RAGIONE_SOCIALE , già RAGIONE_SOCIALE in persona del Responsabile Contenzioso Piemonte, dott. NOME COGNOME per procura speciale per notar NOME COGNOME di Roma del 05/07/2017, rep. n. 42915, racc. n. 24413, rappresentata e
Oggetto:
TRIBUTI –
prescrizione
–
interessi
e sanzioni –
difesa, per procura speciale in calce al controricorso, dall’avv. NOME COGNOME (pec: EMAIL;
– controricorrente –
e nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (pec: EMAIL), presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1491/02/2017 della Commissione tributaria regionale del PIEMONTE, depositata in data 19/10/2017; udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 9
aprile 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
La controversia ha ad oggetto l’impugnazione di diverse intimazioni di pagamento emesse sulla base di cartelle di pagamento recanti iscrizione a ruolo per IVA dovuta per gli anni di imposta 1995 e 1996, notificate a NOME COGNOME e NOME COGNOME e da questi mai impugnate. La CTP (ora Corte di giustizia tributaria di primo grado) di Cuneo, riuniti i separati ricorsi proposti dai predetti contribuenti, li accoglieva sul presupposto della mancata esibizione delle cartelle di pagamento con conseguente difetto di prova della loro esistenza e della loro notifica. L’appello proposto dall’agente della riscossione veniva accolto dalla CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) del Piemonte che riteneva regolarmente notificate le cartelle di pagamento presupposte, avendo il COGNOME sottoscritto gli avvisi di ricevimento, senza aver disconosciuto la propria sottoscrizione o proposto querela di falso. La CTR sosteneva, inoltre, che nella specie si applicava il termine decennale di prescrizione e che lo stesso non era decorso per essere stato interrotto dalla notifica delle cartelle di pagamento.
Avverso tale statuizione i contribuenti propongono ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui replicano le intimate.
In data 04/10/2024 i ricorrenti hanno depositato istanza di sollecita fissazione dell’udienza e dichiarazione di elezione di nuovo domicilio a seguito della cancellazione dall’albo del codifensore avv. NOME COGNOME
I ricorrenti e l’agente della riscossione hanno successivamente depositato memoria.
Considerato che:
Con il primo mezzo di cassazione i ricorrenti deducono, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la «Violazione e falsa applicazione dell’art. 26 DPR 602/703 e della norma ex art. 2946 c.c. in relazione all’art. 2984 n. 4 c.c.».
1.1. Sostengono che i tributi in questione sono soggetti alla prescrizione quinquennale ex art. 2948 n. 4 cod. civ. in luogo di quella ordinaria decennale ex art. 2946 cod. civ.
Con il secondo motivo di ricorso viene dedotta ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la «Violazione e falsa applicazione della norma ex art. 2946 c.c. in relazione all’art. 2984 n.4 c.c.».
2.1. I ricorrenti affermano che anche gli interessi sugli importi dei tributi sono soggetti alla prescrizione quinquennale ai sensi dell’articolo 2984 n. 4 e non a quella ordinaria decennale prevista dall’articolo 2946 c.c.
Con il terzo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano ai sensi dell’art. 360 comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la «Violazione e falsa applicazione di legge della norma di cui all’art. 2946 c.c. in relazione all’art. 29 comma 3 D.lgs. 472/1997» per avere la sentenza della CTR assoggettato al termine prescrizionale ordinario le sanzioni sugli importi dei tributi, soggette, invece, alla prescrizione quinquennale ai sensi dell’articolo 29 , comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997.
3.1. In tema di prescrizione di tributi le Sezioni unite di questa Corte, nella sentenza n. 23397 del 2016 (seguita da numerose pronunce delle Sezioni semplici, tra cui Cass. n. 9906, n. 11800 e n. 12200 del 2018, Cass. n. 33213/2023, n. 8297/2020, n. 16232/2020, n. 25716/2020, n. 4385/2025), hanno affermato che «Il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti – in ogni modo denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo».
3.2. Secondo il citato orientamento giurisprudenziale, quindi, la mancata impugnazione degli atti impositivi/esecutivi rende irretrattabili i crediti d’imposta, senza incidere sul relativo termine prescrizionale, che è quello ordinario decennale salvo che non sia per essi espressamente previsto ex lege un termine inferiore; ne consegue che nel caso di specie la CTR ha correttamente interpretato tale principio ritenendo soggetto a prescrizione quinquennale i crediti erariali che nella specie attenevano all’I VA, il cui termine prescrizionale è chiaramente decennale, ad
eccezione delle sanzioni e degli interessi che, invece, si prescrivono in cinque anni (Cass. n. 12740 del 2020, in motivazione; Cass. n. 7486 del 2022, non massimata).
3.3. Si è ribadito in numerose pronunce di questa Corte che « con riferimento alle imposte Irpef, Ires, Irap ed Iva, il diritto alla riscossione dei tributi erariali, in mancanza di un’espressa disposizione di legge in senso contrario, si prescrive nel termine ordinario di dieci anni e non nel più breve termine quinquennale, non costituendo detti crediti erariali prestazioni periodiche, ma dovendo la sussistenza dei relativi presupposti valutarsi in relazione a ciascun anno d’imposta (cfr. Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11555 del 11/05/2018; Sez. 6-5, Ordinanza n. 32308 del 11/12/2019; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 10547 del 15/04/2019; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 12740 del 26/06/2020; Sez. U, Sentenza n. 8500 del 25/03/2021; Cass. n. 20638/2021; Cass., sez. 6-5, n. 8713 del 2022).
3.4. Quanto alle sanzioni e agli interessi, premesso che l’art. 20, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997 stabilisce espressamente e molto chiaramente che « il diritto alla riscossione della sanzione irrogata si prescrive nel termine di cinque anni » e che, a sua volta, l’art. 2948, primo comma, n. 4, cod. civ. prevede altrettanto espressamente e chiaramente che « si prescrivono in cinque anni: gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi », questa Corte ha più volte ribadito che «il diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme tributarie, derivante da sentenza passata in giudicato, si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell’art. 2953 c.c., che disciplina specificamente ed in via generale la cosiddetta “actio iudicati”, mentre, se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile», come nel caso di specie, «vale il termine di prescrizione di cinque anni,
previsto dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 20, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario», ma, ovviamente, nell’ipotesi di esistenza del giudicato (cfr. Cass., Sez. U., n. 25790 del 2009; conf. Cass. n. 5837 del 2011; Cass. n. 5577 del 2019, nonché Cass. n. 10549 del 2019, citata dalla ricorrente). In materia di interessi dovuti per il ritardo nell’e sazione dei tributi è stato, altresì, precisato che il relativo credito, integrando un’obbligazione autonoma rispetto al debito principale e suscettibile di autonome vicende, rimane sottoposto al proprio termine di prescrizione quinquennale fissato dall’art. 2948, primo comma, n. 4, cod. civ. (Cass. n. 30901 del 2019; Cass. n. 14049 del 2006; v. anche Cass. n. 12740 del 2020, con riferimento al termine quinquennale di prescrizione sia delle sanzioni che degli interessi).
3.5. Da quanto detto discende l’accoglimento del secondo e terzo motivo di ricorso con rigetto del primo, essendo incontestato che il credito di cui alle cartelle di pagamento sottese alle intimazioni impugnate era relativo all’IVA .
Con il quarto motivo di ricorso i ricorrenti deducono ai sensi dell’art. 360 comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la «Violazione e falsa applicazione della norma dell’articolo 25 del D.P.R. n. 602/197 in relazione all’articolo 1, comma 5 ter, che ha modificato il citato articolo 25», deducendo la tardività della notificazione del ruolo ad opera del concessionario della riscossione in quanto effettuata oltre il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione.
4.1. Il motivo va dichiarato inammissibile innanzitutto per novità della questione dedotta, che non risulta trattata nella sentenza impugnata, come eccepito anche dall’agente della riscossione, rilevandosi al riguardo che i ricorrenti non hanno trascritto nel ricorso le parti degli atti del giudizio di merito da cui risultava la proposizione di tale domanda, che non hanno
neppure adeguatamente localizzato, omettendo anche di allegare tali atti al ricorso (cfr. Cass. n. 1435/2013; n. 27568/2017; n. 16347/2018; v. anche Cass., Sez. U, n. 8950/2022). Inoltre, la definitività delle cartelle sottese alle intimazioni di pagamento, in quanto regolarmente notificate, come affermato dalla CTR con statuizione sul punto definitiva -per come si dirà esaminando il successivo motivo di ricorso-, preclude la prospettazione della questione in sede di impugnazione dell’atto successivo . Invero, per costante orientamento di questa Corte (da ultimo, Cass., Sez. 5, 5 agosto 2024, n. 22108), «in tema di contenzioso tributario, qualsiasi eccezione relativa a un atto impositivo divenuto definitivo, come quella di prescrizione del credito fiscale maturato precedentemente alla notifica di tale atto, è assolutamente preclusa, secondo il fermo principio della non impugnabilità se non per vizi propri di un atto successivo ad altro divenuto definitivo perché rimasto incontestato (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 29 luglio 2011, n. 16641; Cass., Sez. 5^, 10 aprile 2013, n. 8704; Cass., Sez. 5^, 7 febbraio 2020, n. 3005; Cass., Sez. 5^, 29 novembre 2021, n. 37259; Cass., Sez. 6^-5, 28 aprile 2022, n. 13260; Cass., Sez. 5^, 13 dicembre 2023, n. 34902)».
Con il quinto motivo di ricorso viene dedotta ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la «Violazione e falsa applicazione degli artt. 26 d.P.R. n. 602 del 1973, 2697 e 2718 c.c.».
5.1. I ricorrenti sostengono che « la prova dell’avvenuta notificazione delle cartelle avrebbe indefettibilmente richiesto l’esibizione in originale di ciascuna delle medesime cartelle, con relativa relata di notifica, e/o quantomeno l’esibizione delle copie integrali degli avvisi di ricevi mento e non di stralci di copie degli avvisi medesimi corretti e manomessi dal notificante».
5.2. Il motivo è inammissibile sia perché in contrasto con l’accertamento in fatto compiuto al riguardo dai giudici di appello, non adeguatamente contestato con la deduzione del vizio di cui all’art. 360,
primo comma, n. 5, cod. proc. civ., sia per difetto di specificità, non avendo i ricorrenti riprodotto il contenuto della documentazione depositata in giudizio dall’agente della riscossione a dimostrazione della regolarità della notifica delle cartelle di pagamento prodromiche alle intimazioni impugnate. Documenti che i ricorrenti nemmeno allegano al ricorso né li localizzano tra gli atti dei giudizi di merito , il cui esame diretto, nell’ipotesi come quella in esame, di deduzione di un error in iudicando , è precluso a questa Corte (arg. da Cass. n. 35014/2022; Cass. n. 18472/2016).
5.3. Quanto alla mancata produzione in giudizio da parte dell’agente della riscossione degli originali delle cartelle di pagamento, soccorre il noto e consolidato principio giurisprudenziale secondo cui «Nell’ipotesi in cui il destinatario della cartella esattoriale ne contesti la notifica, l’agente della riscossione può dimostrarla producendo copia della stessa, senza che abbia l’onere di depositarne né l’originale (e ciò anche in caso di disconoscimento, in quanto lo stesso non produce gli effetti di cui all’art. 215, comma 2, c.p.c. e potendo quindi il giudice avvalersi di altri mezzi di prova, comprese le presunzioni), né la copia integrale, non essendovi alcuna norma che lo imponga o che ne sanzioni l’omissione con la nullità della stessa o della sua notifica» (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25292 del 11/10/2018, Rv. 650980 -01; in termini, Cass. n. 21533/2017; n. 20769/2021; n. 17841/2023).
6. Conclusivamente, quindi, vanno accolti il secondo e terzo motivo di ricorso, rigettati gli altri, e la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese processuali del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo e terzo motivo di ricorso, rigettati gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di
giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 09/04/2025