Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17415 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17415 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5526/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
CHIOSSO
NOME
-intimato- sul controricorso incidentale proposto da COGNOME, elettivamente domiciliato in VALLO DELLA LUCANIA INDIRIZZO presso lo studio dell’avv ocato
COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente incidentale-
contro
AGENZIA
DELLE
ENTRATE
RISCOSSIONE
-intimato-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del PIEMONTE n. 577/2021 depositata il 19/07/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/04/2025
dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale del Piemonte ( hinc: CTR), con la sentenza n. 577/2021 depositata in data 19/07/2021 -accogliendo in parte sia l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate che l’appello incidentale proposto dal contribuente – in parziale riforma della sentenza n. 1485/2019 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Torino, ha dichiarato legittime le pretese fiscali relative agli importi a titolo di IRPEF, IRAP e IVA portate dalle cartelle oggetto del provvedimento impugnato, dichiarando l’intervenuta prescrizione dei crediti relativi a sanzioni e interessi.
Il giudizio scaturisce dall’impugnazione di un atto di intimazione avente per oggetto dei crediti tributari per IRPEF, IRAP e IVA per Euro 508.306,77, oltre a sanzioni e interessi (per Euro 433.506,51). La CTR, in via preliminare, ha ritenuto infondata l’eccezione di illegittimità della procura conferita dall’agente della riscossione a un avvocato del libero foro, richiamando sia l’art. 4 novies d.l. n. 34 del
2019, sia la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. U, 19/11/2019, n. 30008).
2.1. La CTR ha, poi, ritenuto fondato il primo motivo d’appello, ritenendo di non condividere la motivazione del giudice di prime cure, che aveva ritenuto inutilizzabile, ai fini probatori, la documentazione prodotta in copia dall’agente della riscossione, in ragione del disconoscimento da parte del contribuente e dell’inottemperanza all’ordine di esibizione degli originali. In senso contrario, il giudice di seconde cure ha evidenziato come il disconoscimento non possa essere generico, ma che sia, invece, necessaria l’indicazione degli aspetti di difformità della copia fotostatica rispetto all’originale (nella specie riconducibile all’avviso di ricevimento della notificazione a mezzo posta). Non è poi chiaro quale sia la norma sottesa alla rilevanza data dal giudice di primo grado all’inottemperanza all’ordine di esibizione. Nel caso di specie l’agente della riscossione ha provveduto alla produzione parziale degli originali, considerati dal giudice di prime cure che ha fatto una valutazione, in punto di difformità, delle copie fotostatiche. Trattandosi della medesima tipologia di atti era, quindi, possibile un accertamento di fatto sulle ragioni del disconoscimento.
2.3. La ritenuta efficacia delle copie fotostatiche porta a ritenere regolari le notificazioni delle cartelle presupposte nell’avviso di intimazione impugnato, risultando, parimenti, validi atti interruttivi della prescrizione del termine ordinario (decennale), trattandosi di tributi erariali (IRPEF, IRAP e IVA), le cui leggi istitutive non prevedono termini di prescrizione di diversa durata, senza che assuma rilievo la mancanza di un titolo risultante da sentenza passata in giudicato. Diversamente, il termine di prescrizione è da ritenere quinquennale per le sanzioni (art. 20 d.lgs. n. 472 del 1997) e per gli interessi (art. 2948, n. 4, c.c.).
2.4. La CTR ha, quindi, concluso per l’accoglimento parziale sia dell’appello incidentale proposto dall’agente della riscossione che di quello incidentale proposto dal contribuente.
Contro la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate Riscossione ( hinc: ADER) ha proposto ricorso in cassazione con due motivi.
Il contribuente ha resistito con controricorso, con il quale ha proposto ricorso incidentale.
In data 10/03/2025 si è costituito, per il contribuente, il nuovo difensore, che ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c. in data 29/03/2025.
…
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare occorre dichiarare la cessazione della materia del contendere in ordine alle cartelle indicate dalla parte ricorrente a pag. 6 del ricorso in cassazione, interessate, a decorrere dal 31/10/2021, dall’annullamento ex lege di cui all’art. 4 d.l. n. 119 del 2018, convertito con modificazioni dalla legge n. 136 del 2018 con riferimento alla cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA (relativamente alle partite di ruolo n. 01053985/2008 e n. 01053986/2008) e di cui all’art. 4, comma 4, d.l. n. 41 del 2021, convertito nella legge n. 69 del 2021. Si tratta, in particolare, delle cartelle di pagamento n. NUMERO_CARTA (relativamente alla partita di ruolo n. 0000100144/2005), n. NUMERO_CARTA (relativamente alla partita di ruolo n. 00158523/2006), n. NUMERO_CARTA (relativamente alla partita di ruolo n. 00183746/2006), n. NUMERO_CARTA (relativamente alla partita di ruolo n. 00112495/2007).
1.1. Ciò premesso, con il primo motivo di ricorso è stata denunciata , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la
violazione dell’art . 2946 c.c., la falsa applicazione degli artt. 20 e 24 d.lgs. n. 472 del 1997, in quanto la sentenza impugnata ha applicato alle sanzioni relative ai crediti per i tributi erariali il termine di prescrizione quinquennale, in luogo di quello ordinario decennale previsto per i tributi erariali.
1.2. Con tale motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha applicato alle sanzioni il termine quinquennale di prescrizione, rilevando che l’art. 20 d.lgs. n. 472 del 1997 si applica nella sola ipotesi in cui l’atto di contestazione o di irrogazione delle sanzioni non sia emesso contestualmente all’atto di recupero del tributo. In quest’ultima ipotesi, invece, trova applicazione l’art. 24 d.lgs. n. 472 del 1997, secondo cui per la riscossione della sanzione si applicano le disposizioni sulla riscossione dei tributi ai quali si riferisce la violazione, con la conseguenza che trova applicazione l’identico termine di prescrizione.
1.3. Il motivo è infondato. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno, infatti, precisato che il diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme tributarie, derivante da sentenza passata in giudicato, si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell’art. 2953 cod. civ., che disciplina specificamente ed in via generale la cosiddetta “actio iudicati”, mentre, se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile vale il termine di prescrizione di cinque anni, previsto dall’art. 20 del d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario (Cass., Sez. U, 10/12/2009, n. 25790 v, anche Cass., 08/03/2022, n. 7486).
Con il secondo motivo è stata denunciata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2946 c.c. e dell’art. 2948, n. 4, c.c., giacché la CTR ha applicato agli interessi da ritardato pagamento di tributi erariali il termine di prescrizione quinquennale, in luogo del termine ordinario decennale previsto per i tributi erariali ai quali accedono.
2.1 La parte ricorrente rileva che la previsione dell’art. 2948, n. 4, c.c. si applica solamente alle obbligazioni periodiche o di durata, caratterizzate dalla pluralità o periodicità delle prestazioni, mentre non è applicabile alle obbligazioni nelle quali la periodicità si riferisce esclusivamente alla presentazione di rendiconti, ma non al pagamento di debiti accertati e liquidati nei rendiconti medesimi, né alle prestazioni derivanti da un unico debito rateizzato in più versamenti periodici, per i quali trova applicazione l’ordinaria prescrizione decennale.
2.2. Il motivo è infondato, dovendo essere data continuità all’orientamento di questa Corte, secondo cui gli interessi relativi alle obbligazioni tributarie si pongono in rapporto di accessorietà rispetto a queste ultime unicamente nel momento genetico, atteso che, una volta sorta, l’obbligazione di interessi acquista una propria autonomia in virtù della sua progressiva maturazione, uniformandosi, pertanto, quanto alla prescrizione, al termine quinquennale previsto, in via generale, dall’art. 2948, n. 4, c.c., che prescinde sia dalla tipologia degli interessi sia dalla natura dell’obbligazione principale (Cass., 24/01/2023, n. 2095).
La parte controricorrente ha precisato nel controricorso di prendere atto dell’intervenuto annullamento ex lege previsto dall’ art. 4, d.l. n. 119 del 2018 della cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA nonché, in data 31.10.21, dell’intervenuto annullamento ex lege di cui al comma 4 del citato art. 4 del D.L.
41/2021, convertito nella legge n. 69/2021 delle cartelle di pagamento n. NUMERO_CARTA – 11020060040112520000 –NUMERO_CARTA –NUMERO_CARTA, con conseguente cessazione della materia del contendere ed estinzione dei crediti di cui alle summenzionate cartelle.
La parte controricorrente ha, poi, proposto ricorso incidentale: « Limitatamente alla pretesa creditoria (con esclusione delle somme dovute a titolo di sanzioni ed interessi già prescritte ed annullate) di cui alle cartelle di seguito indicate per intervenuto decorso del termine -quinquennale -di prescrizione: n. NUMERO_CARTA presunta notif. del 11/03/2006 totale € 22.168,17 (trib. + int. + sanz) solo sorta capitale € 9.530,00; n. 11020100026669492000 presunta notif. del 20/05/2010 € 11.046,18 (trib. + int. + sanz)solo sorta capitale € 4.790,00; n. 11020100064787162000 presunta notif. del 01/09/2010 totale 107.825,36 (di cui € 7.893,52 crediti INPS) solo sorta capitale € 46.087,00; n. 11020100104986719000 presunta notif. del 29/10/2011-€ 13.446,15 (trib. + int. + sanz) solo sorta capitale € 6.668,00; n. 11020110026158682000 presunta notif. del 11/11/2011 – 116.063,05 (trib. + int. + sanz di cui € 7.534,34 (INPS)) solo sorta capitale € 52.917,00; n. 1020110067335547000 presunta notifica del 30.08.2011 € 237,62 (tassa smaltimento rifiuti anno 2005+ int. + sanz.) solo sorta capitale € 120,00, per un totale complessivo (esclusi interessi e sanzioni già annullati) di € 120.112,00. »
Con il primo motivo di ricorso incidentale è stata denunciata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la v iolazione e/o falsa applicazione dell’art. 4 novies del d.l. n. 34 del 2019 e dell’art. 11, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto la CTR ha ritenuto
detta norma di interpretazione autentica applicabile anche ai giudizi tributari.
5.1. Ad avviso della parte ricorrente in via incidentale si applica al giudizio tributario l’art. 11, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, con la conseguenza che l’agente della riscossione può stare in giudizio solo tramite i propri funzionari. Ne deriva, quindi, l’inutilizzabilità delle difese affidate ad avvocati esterni, e ciò in quanto le norme che hanno ‘giustificato’ il non utilizzo di dipendenti o dell’Avvocatura di Stato sono espressamente dirette e limitate solo ed esclusivamente al processo civile.
5.2. Il motivo è inammissibile, ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., in quanto contrasta con la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte (peraltro richiamata nella stessa sentenza impugnata), secondo la quale ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio, l’Agenzia delle Entrate -Riscossione, impregiudicata la generale facoltà di avvalersi anche di propri dipendenti delegati davanti al tribunale ed al giudice di pace, si avvale: a) dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti come riservati ad essa dalla Convenzione intervenuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi dell’art. 43, comma 4, r.d. n. 1611 del 1933, di apposita motivata delibera da adottare in casi speciali e da sottoporre all’organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici; b) di avvocati del libero foro, senza bisogno di formalità, né della delibera prevista dall’art. 43, comma 4, r.d. cit. nel rispetto degli articoli 4 e 17 del d.lgs. n. 50 del 2016 e dei criteri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi dell’art. 1, comma 5 del d.l. 193 del 2016, conv. in l. n. 225 del 2016 – in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all’Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio. Quando la scelta tra il patrocinio dell’Avvocatura erariale
e quello di un avvocato del libero foro discende dalla riconduzione della fattispecie alle ipotesi previste dalla Convenzione tra l’Agenzia e l’Avvocatura dello Stato o di indisponibilità di questa ad assumere il patrocinio, la costituzione dell’Agenzia a mezzo dell’una o dell’altro postula necessariamente ed implicitamente la sussistenza del relativo presupposto di legge, senza bisogno di allegazione e di prova al riguardo, nemmeno nel giudizio di legittimità (Cass., Sez. U, 19/11/2019, n. 30008).
Con il secondo motivo di ricorso incidentale è stata denunciata l’ omessa e/o insufficiente motivazione sulla natura quinquennale del termine di prescrizione delle obbligazioni sottese l’intimazione di pagamento opposta (art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c.) -violazione art. 112 c.p.c. (art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c.) -violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2953 c.c. (art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c.).
6.1. La parte ricorrente (v. pag. 10-14 del controricorso contenente il ricorso incidentale, con riferimento al motivo n. 2 dell’atto di costituzione in appello ) ha rilevato che il collegio di secondo grado non ha motivato in alcun modo la scelta di ritenere decennale il termine di prescrizione per i tributi, dimostrando di non tenere minimamente conto del consolidato orientamento giurisprudenziale di merito e legittimità, né di motivare validamente a contrario . La ricorrente in via incidentale denuncia, quindi, sia che la CTR ha del tutto pretermesso di pronunciarsi sullo specifico motivo di appello incidentale, incorrendo nel vizio di omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c., in quanto l’omissione de qua risulta essere decisiva e necessita di una pronuncia espressa da parte del giudicante, sia la falsa applicazione e/o violazione dell’art. 2953 c.c.
6.2. Il motivo è infondato sotto il profilo della violazione dell’art. 112 c.p.c., dal momento che la CTR non ha omesso di pronunciarsi,
ma ha solo aderito a una soluzione non condivisa, rilevando che le leggi istitutive in materia di IRPEF, IRAP e IVA non prevedono termini di prescrizione di diversa durata, rispetto a quello decennale e che non assume rilievo, a tal fine, che il titolo non sia costituito da sentenza passata in giudicato.
Inoltre, è inammissibile, in quanto la CTR, nel decidere che ai tributi erariali si applica il termine di prescrizione decennale è conforme alla giurisprudenza di questa Corte (ex multis, Cass., 29/11/2023, n. 33213).
Con il terzo motivo di ricorso incidentale è stata denunciata la violazione dell’art. 2719 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
7.1. Con tale motivo di ricorso incidentale è stata censurata l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui il disconoscimento della documentazione prodotta in copia non può essere generico. Il ricorrente in via incidentale rileva, in particolare, di aver contestato l’inidoneità probatoria della documentazione esibita in copia e non la difformità e/o genuinità, secondo quanto stabilito ormai concordemente dalla giurisprudenza di legittimità. Difatti, Agenzia delle Entrate -Riscossione, sui cui gravava il relativo onere probatorio, con riferimento alle cartelle contestate ha depositato, all’atto della costituzione mere fotocopie, prive di una valida attestazione di conformità e formalmente disconosciute dal ricorrente nei modi e nei tempi di legge con motivo specifico già nell’atto introduttivo (All. 5 pag. 6 -7), ribadito formalmente alla prima udienza, e nella prima risposta successiva alla sua produzione, con espresso e puntuale richiamo nei verbali di udienza. Evidenzia, inoltre, di aver rilevato (All. 5 pag. 6-7) che, ai fini della prova della notifica della cartella – secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass. 23/01/2019, n. 1792; Cass., 28/02/2017 n. 5077) e in base all’ art.
26, comma 1, d.P.R. n. 602 del 1973) occorre, tanto nella relata che nell’avviso di ricevimento, l’indicazione del numero della cartella notificata e che tali documenti siano correttamente ‘autenticati’. Il r iscossore non può produrre ‘liberamente’ copie autentiche di avvisi di ricevimento delle raccomandate con le quali sono state spedite le cartelle, perché gli originali non sono stati da lui formati, né sono presso di lui custoditi. L’efficacia probatoria d ella copia fotografica (o fotostatica) -alla quale, come si è detto, è equiparata quella fotostatica -è dunque subordinata, alternativamente, all’attestazione di conformità all’originale da parte del pubblico ufficiale competente o all’assenza di espresso disconoscimento della parte contro cui essa è prodotta.
Di conseguenza, diversamente da quanto rilevato dalla CTR, il contribuente ha evidenziato in maniera specifica sia il contenuto mancante della documentazione esibita in copia sia la carenza sotto il profilo formale (All. 3 pag. 6-7), contestandola in modo chiaro ed inequivocabile, con espresso riferimento sia al contenuto -mancante – degli avvisi di ricevimento sia alla mancanza assoluta delle stesse notifiche (Cass., sez. III, ord. n. 8481 del 05/05/2020).
7.2. Il motivo di ricorso è infondato, dal momento che la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei criteri che governano l’interpretazione dell’art. 2719 c.c. secondo questa Corte. È stato, infatti, precisato che in tema di prova documentale il disconoscimento delle copie fotostatiche di scritture prodotte in giudizio, ai sensi dell’art. 2719 c.c., impone che, pur senza vincoli di forma, la contestazione della conformità delle stesse all’originale venga compiuta, a pena di inefficacia, mediante una dichiarazione che evidenzi in modo chiaro ed univoco sia il documento che si intende contestare, sia gli aspetti differenziali di quello prodotto rispetto all’originale, non essendo invece sufficienti né il ricorso a
clausole di stile né generiche asserzioni (Cass., 20/06/2019, n. 16557; Cass., 25/05/2021, n. 14279).
7.3. La parte ricorrente sovrappone, poi, i profili inerenti al disconoscimento della conformità all’originale delle copie prodotte dall’agente della riscossione (oggetto del presente motivo di ricorso incidentale che focalizza la violazione di legge in relazione all’art. 2719 c.c.), con quelli relativi ai requisiti degli avvisi di ricevimento e alla loro idoneità probatoria (rientrante, peraltro, in una valutazione di merito sottratta al sindacato di legittimità di questa Corte).
Con il quarto motivo di ricorso incidentale è stata denunciata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la v iolazione e falsa applicazione dell’art. 7 legge n. 212 del 2000, in combinato disposto con l’art. 23 d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 112 c.p.c.
8.1. Il motivo di ricorso è stato così illustrato dalla parte ricorrente in via incidentale: « Si censura la sentenza parzialmente impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per l’omessa pronuncia sul vizio di motivazione dell’atto nonché sulla sua indebita integrazione in sede processuale, ove per la prima volta, con atto successivo alla costituzione in giudizio Agenzia aveva evidenziato la regolarità della notifica. Strettamente collegato al secondo motivo, subordinato al primo, denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della l. n. 212 del 2000, in combinato disposto con l’art. 23 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 112 c.p.c. ed all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per aver posto a fondamento della decisione circostanze addotte solo in sede processuale non presenti all’atto della costituzione, ma esibite solo, tardivamente, su istanza dello stesso Collegio. »
8.2. Il motivo è inammissibile per carenza di specificità, non essendo precisato quale sia l’atto successivo alla costituzione in giudizio in cui l’agente della riscossione aveva evidenziato la regolarità della notifica e non essendo riportato neppure che cosa fosse stato puntualizzato. Peraltro, non è dato neppure comprendere, quale sia stata l’indebita integrazione della motivazione in ordine alla censura svolta dal contribuente in ordine alla regolarità della notificazione.
Con il quinto motivo di ricorso incidentale è stata denunciata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la v iolazione e/o falsa applicazione dell’art. 2948, co. n. 4, c.c. e dell’art. art. 20 d.lgs. n. 472 del 1997.
9.1. La parte ricorrente rileva che, secondo questa Corte, tutti i tributi, imposte e sanzioni devono essere considerati, in termini di prescrizione, in modo unitario. Se vi è una legge che prevede uno specifico termine di cinque anni di prescrizione per le sanzioni, allora tale termine deve valere anche per i tributi. ‘La ratio di questa interpretazione si fonda nel principio, anche esso ribadito in precedenti interventi di questa Corte (in ultimo Cass. n. 20955 del 2020), secondo cui il termine entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione principale tributaria e quello relativo a quella accessoria, ovvero la sanzione nel caso di specie, deve essere unitario’ (Cass. n. 14244/2021) .
9.2. Il motivo è infondato, in quanto il precedente di legittimità appena richiamato -ed evocato dalla parte ricorrente a fondamento del motivo di ricorso -riguarda il pagamento del diritto camerale, mentre nel caso di specie vengono in rilievo il pagame nto dell’IRPEF, dell’IRAP e dell’IVA, per i quali è pacifica l’applicazione, in assenza di diversa disposizione normativa, del termine ordinario di prescrizione
decennale previsto nell’art. 2946 c.c. (Cass., n. 33213 del 2023, cit. ; Cass., 26/06/2020, n. 12740).
10. Alla luce di quanto sin qui evidenziato, sia il ricorso principale che quello incidentale devono essere per il resto rigettati, disponendo, in ragion della soccombenza reciproca, la compensazione delle spese di lite.
…
P.Q.M.
dichiara cessazione materia contendere in ordine alle cartelle di pagamento n. NUMERO_CARTA (relativamente alle partite di ruolo n. 01053985/2008 e n. 01053986/2008), n. NUMERO_CARTA (relativamente alla partita di ruolo n. 0000100144/2005), n. NUMERO_CARTA (relativamente alla partita di ruolo n. 00158523/2006), n. NUMERO_CARTA (relativamente alla partita di ruolo n. 00183746/2006), n. NUMERO_CARTA (relativamente alla partita di ruolo n. 00112495/2007) e rigetta per il resto il ricorso principale e il ricorso incidentale;
compensa integralmente le spese processuali;
a i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di co ntributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 09/04/2025.